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Emergenza abitativa nomadi presso cimitero del Mirteto

Solo la capacità di discutere nel merito delle questioni, sulla base di dati reali e non di illazioni, può rendere una città vivibile per tutti e la comunità che la abita davvero umana. Nella vicenda dell’ipotesi del Comune di attrezzare un’area pubblica alle Jare per dare una sistemazione ad alcune famiglie con bambini, da più di due anni collocate nel parcheggio di Mirteto in un'area gelida e inadatta, la sostanza del problema è semplice.

Da un lato c'è il compito dell'amministrazione comunale di non lasciare sole, per quanto possibile, le persone in situazioni di disagio, soprattutto in presenza di minori. Dall'altro c'è il dovere di una città matura di affrontare con razionalità i disagi sociali con cui è chiamata a misurarsi.

Per questo secondo aspetto, poniamo alcune banali domande: noi persone che viviamo a Massa riteniamo o no che questi bambini, queste donne e questi uomini siano anch’essi persone? Siamo o no consapevoli che il nostro bisogno di 'sicurezza' non implica il condannare il prossimo alla marginalità in cui è nato o in cui si è ritrovato? Pesa o no sulle nostre coscienze il dubbio di ritrovarci fiancheggiatori di discriminazione e razzismo?

Pensiamo che la maggioranza di noi sia in grado di rispondere 'sì' a queste domande. Invece la città ha mostrato, o ha lasciato silente che qualcuno mostrasse a nome di tutti, un volto ostile e spietato.

Dimenticando così che la sua stessa storia di sofferenza e un presente denso di difficoltà, amarezze ed ingiustizie (dalla disoccupazione ai licenziamenti alle nuove povertà) le insegnano quanto sia vitale saper ragionare in termini di diritti, solidarietà e accoglienza.

Per il primo punto, siamo consapevoli dei limiti in cui incorre l'azione pubblica: l'alloggio popolare dovrebbe essere un diritto per chiunque ne abbia bisogno ma molte domande restano senza risposta. In questo caso, si poteva dare una risposta all'emergenza consentendo alle famiglie di continuare ad abitare le loro rouolotte ma in un contesto logistico migliore, più dignitoso e funzionale anche e soprattutto ai diritti dei bambini.

Pensiamo che l'amministrazione abbia sbagliato: le emergenze sociali e la difficoltà nel trovare ad esse soluzioni devono essere condivise con i cittadini, unico modo per far crescere una coscienza civica e per far emergere la disponibilità ad accettare scelte che la disinformazione rende facile preda di mistificazioni.

Pensiamo che la città abbia sbagliato: ha permesso che la polemica cancellasse dalla discussione pubblica il dato di fatto che davanti a tutti noi ci sono esseri umani, persone in carne e sangue, con la loro dignità, i loro vissuti, la loro vulnerabilità. Abbiamo letto su facebook frasi irripetibili sul 'poligono di tiro' che si sarebbe aperto alle Jare; abbiamo visto menzogne usate per alimentare angosce e sospetti. Tutto per tirare fuori la parte peggiore di ciascuno, le debolezze e il cinismo, usate per colpire un essere umano non per ciò che ha davvero fatto ma per ciò che è: minoranza, diverso, povero o straniero.

Non accettiamo di essere rappresentati da linguaggi e metodi che ci riportano alle umiliazioni, agli stenti e alle sofferenze che noi stessi abbiamo sofferto a causa di chi di quei linguaggi e di quei metodi aveva fatto Governo. La dignità e il coraggio con cui, ci raccontano, è stata compiuta quella “difficile opera di ricostruzione morale e materiale” della nostra comunità ci insegnano, anzi ci impongono di tracciare un confine netto tra la consapevolezza di quanto siano complesso dare risposte alle emergenze sociali e la semplificazione barbara che riduce i problemi sociali a problemi di ordine pubblico.

All'amministrazione comunale chiediamo capacità di coinvolgimento e di dialogo soprattutto su temi, come questo, che più facilmente di altri scatenano gli istinti e le velleità peggiori di chi più alza la voce. A noi stessi, abitanti di questa comunità, chiediamo uno scatto d'orgoglio che sempre e comunque ci renda capaci di pensare e agire umanamente.

La Rete di associazioni e gruppi informali “Tutta un'altra città”

 

Tutta un'altra città

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