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Non retorica ma impegni di cambiamento

Settimana di fine novembre densa di appuntamenti importanti e significativi: il 25 la Giornata contro la violenza alle donne e il 29 la Giornata internazionale per i diritti del popolo palestinese.

Appuntamenti che, in questo momento assumono un significato sempre più drammatico, ma che rischiano di rimanere retorici, se non diventano l'occasione per ripensare scelte politiche e culturali che veramente vadano ad incidere profondamente nelle relazioni tra i generi e tra i popoli.

Mentre provo a scrivere queste frasi poco sensate mi accorgo del profondo significato delle parole dell'amica Ilaria, a cui avevo chiesto di scrivere, insieme a Monica, un articolo sulla violenza di genere: dopo essersi presa una settimana ti tempo, mi ha confessato di non sentirsela, perché si avvertiva la sensazione di trovarsi a scrivere le solite cose banali.

Grazie Ilaria, non perché non hai scritto l'articolo insieme a Monica, ma perché, con le tue parole, richiami tutti noi, in particolare noi a maschi, alla necessità di assumere consapevolezza, responsabilità e di mettere in atto scelte concrete dinanzi alla violenza di genere.

Basta con le parole astratte e retoriche, sono necessari impegni concreti che vadano a destrutturare quell'insieme di maschere dentro alle quali noi “maschi” ci rifugiamo, incapaci di sciogliere quei nodi che trattengono emozioni, debolezze, lacrime: maschere che diventano cultura sulla quale abbiamo modellato il sistema sociale e l'agire politico.

La stessa retorica e la stessa ipocrisia che spesso sentiamo riecheggiare quando si parla dei diritti del popolo palestinese, anche in questi giorni nei quali assistiamo nuovamente ad una escalation della violenza bellica e aggressiva di Israele.

L'ipocrisia di chi mette sullo stesso piano la violenza dei palestinesi e quella di Israele, l'ipocrisia di chi tollera l'aggressività bellica di un paese che, dalla sua fondazione, ha sempre avuto un atteggiamento ostile e di superiorità nei confronti di tutti i popoli vicini, l'ipocrisia di un occidente incapace di imporre sanzioni ad Israele quando pratica la più spietata delle politiche di apartheid dell'occidente e mette in atto azioni belliche finalizzate alla soppressione di un popolo, arrivando a giustificare anche l'assedio di Gaza.

Un'azione nonviolenta è quella che sa distinguere il carnefice dalla vittima, cercandoi di modificare i rapporti, senza negare le responsabilità, collocandosi quindi in un'ottica di non neutralità, per ripristinare posizioni di equilibrio.

Dinanzi a tutto ciò è necessario accostarsi a queste due giornate cercando di liberarci dei tanti fardelli e delle tante ipocrisie che ci portiamo addosso, facendo si che diventino l'occasione per ripensare, sia a livello personale che collettivo, l'impegno e la lotta per politiche di cambiamento radicale e per una relazione diversa tra i generi e tra i popoli.

 

Gino Buratti

 

Pubblicato nel Notiziario Settimanale del 23 novembre 2012