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Dichiarazione finale della VIII conferenza mondiale delle religioni per la pace

Tratto da "La domenica della nonviolenza", n. 91 del 17 settembre 2006




Dichiarazione finale della VIII conferenza mondiale
delle religioni per la pace:
affrontare la violenza e progredire in una sicurezza condivisa


Kyoto il 26-29 agosto 2006

Preambolo

Rappresentando tutte le maggiori tradizioni religiose e ogni regione del mondo, più di ottocento leaders religiosi provenienti da più di cento paesi siamo convenuti a Kyoto, in Giappone, per l'ottava assemblea mondiale della Conferenza mondiale delle religioni per la pace, per riflettere sul tema "affrontare la violenza e progredire in una sicurezza condivisa".
Noi, i delegati all'assemblea, proveniamo dalla rete mondiale di gruppi e consigli di Religioni per la pace, a livello locale, nazionale, regionale e internazionale, così come dalla rete dei gruppi di giovani e di donne credenti. Noi riconosciamo e lavoriamo a partire dai contributi e dalle dichiarazioni significative dei giovani e delle donne nelle loro rispettive assemblee (che hanno preceduto e preparato l'assemblea mondiale - ndt). La prima assemblea mondiale di Religioni per la pace che si riunì a Kyoto nel 1970, ed ogni successiva assemblea, affermarono quei principi religiosi profondamente sostenuti e largamente condivisi che ancora ispirano la nostra odierna ricerca per la pace con la giustizia. Condividiamo la convinzione dell'unità fondamentale della famiglia umana, e l'eguaglianza e la dignità di tutti gli esseri umani. Affermiamo la sacralità della persona singola e l'importanza della sua libertà di coscienza. Siamo impegnati con i valori etici e con i giudizi morali comunemente condivisi dalle nostre tradizioni religiose. Sosteniamo il valore della vita che si manifesta nella comunità umana e in tutta la creazione. Riconosciamo l'importanza dell'ambiente per conservare la vita per la famiglia umana. Ci rendiamo conto che il potere dell'uomo non è nè autosufficiente nè assoluto, e che lo spirito di amore, compassione, altruismo disinteressato, e la forza della sincerità interiore hanno alla fine maggior potere del pregiudizio, odio, inimicizia o violenza. Incontrandoci in Giappone, presso il popolo che ha sperimentato gli orrori degli attacchi nucleari, ci impegnamo a continuare a lottare per un disarmo nucleare globale e contro la proliferazione degli armamenti.
La prima assemblea di Religioni per la pace dichiarò: "Come uomini e donne di fede, confessiamo in umiltà e penitenza che abbiamo spesso tradito i nostri ideali religiosi e il nostro impegno per la pace. Non è la religione che è venuta meno alla causa della pace, ma il popolo dei credenti. Questo tradimento della religione può e deve essere corretto". È cruciale oggi incidere profondamente nei nostri cuori questa riflessione dei nostri venerati predecessori.
Oggi viviamo in un mondo travagliato da molte forme di violenza, sia diretta che strutturale. Conflitti violenti all'interno degli stati e al di qua e al di là dei loro confini, determinati da agenti statali e non statali, uccidono vite e distruggono comunità. Essi causano vittime più fra i civili che fra i militari e il loro impatto più dirompente è sulle popolazioni più vulnerabili.
Le comunità religiose in particolare sono chiamate a svolgere un compito essenziale nell'identificare e nell'affrontare la violenza in tutte le sue forme e manifestazioni. Le religioni mondiali hanno esperienza di abusi da parte di coloro che cercano di strumentalizzare la religione per i loro scopi. Nei conflitti violenti in corso nel mondo, la religione è stata usata come una giustificazione o una scusa per la violenza. Dobbiamo riconoscere con molto rammarico che in verità alcuni gruppi all'interno delle nostre comunità religiose hanno cercato di impiegare la violenza.
Dobbiamo rifiutare tutto ciò e impegnare di nuovo le religioni nel cammino della pace. Le comunità religiose e i loro leaders debbono opporsi, esprimersi contro, e intraprendere azioni contro l'uso deviato della religione.
Le minacce diversificate e interconnesse sperimentate attualmente da innumerevoli membri della famiglia umana interpellano ad una comprensione molto più ampia della violenza nel mondo. Le comunità religiose mondiali debbono svolgere un ruolo centrale associandosi le une con le altre e insieme con i diversi settori della società, per prevenire e fermare le guerre, denunciare le ingiustizie, combattere la povertà, e proteggere la terra.
Il tempo per fare questo è ora; e il nostro segreto per affrontare la violenza è la cooperazione basata sul rispetto e l'accettazione reciproca.

Affrontare la violenza

Oggi genocidi, repressioni patrocinate dagli stati, terrorismo, e altre forme di abusi dei diritti umani violano il diritto internazionale, colpiscono civili innocenti, e minacciano la sicurezza di molte comunità.
Leggi statali che restringono i diritti umani e le libertà civili costituiscono anch'esse una forma di violenza. Malattie legate ai conflitti, carestie, deportazioni e catastrofi ambientali costituiscono serie minacce alla vita. La violenza contro donne e bambini, compresi stupri, gravidanze forzate, riduzioni in schiavitù, lavori forzati, prostituzione, impiego di bambini soldati, e varie forme di sfruttamento, sono diventati una tattica di guerra in molti conflitti.
La minaccia fisica diretta costituisce la definizione più corrente della violenza, ma la realtà delle minacce alla sopravvivenza umana croniche, diversificate e interconnesse, sperimentate da milioni di persone esigono una più ampia comprensione della violenza nel mondo. Le ingiustizie economiche che riducono a una estrema povertà e alla fame uccidono cinquantamila persone ogni giorno. Malattie che potrebbero essere prevenute e curate ne uccidono milioni. Venticinque milioni di persone sono già morte a causa dell'Aids, mentre circa altri quaranta milioni vivono con Hiv e Aids, e l'impatto nelle nostre comunità è devastante. Molte Corporations, specialmente a livello multinazionale, decidono i loro interessi affaristici senza curarsi dei valori che promuovono uno sviluppo sostenibile. Il degrado ambientale e la diminuzione delle risorse minacciano la capacità del nostro pianeta di consentire la sopravvivenza della vita.
I poveri, i privi di potere, e le popolazioni più vulnerabili soffrono in maniera sproporzionata le conseguenze della violenza in tutte le sue forme, che vanno dai conflitti armati alla povertà estrema al degrado ambientale.
Disgraziatamente, la religione svolge un ruolo significativo in alcuni dei conflitti irrisolti più violenti che esistono nel mondo. La religione viene così distorta dagli estremisti, e molto spesso anche dai politici e dai media. Gli estremisti usano la religione per incitare alla violenza e all'odio e per promuovere conflitti settari, contrari alle nostre credenze più profondamente comprese. I credenti delle diverse religioni hanno bisogno di riconoscere le ragioni per cui le religioni vengono deviate, per esempio attraverso la manipolazione e l'abuso dei loro principi essenziali.
I politici spesso sfruttano e manipolano le divergenze settarie per servire i loro scopi, coinvolgendo spesso la religione nelle dispute sociali, economiche e politiche. I media contribuiscono anch'essi a fare delle religioni il capro espiatorio nelle situazioni di conflitto attraverso presentazioni prive di qualsiasi rispetto. Essi inoltre troppo facilmente identificano le parti in conflitto secondo etichette religiose e presentano le religioni come una sorgente di conflitto senza fare riferimento alla diversità all'interno delle tradizioni religiose ed alle molte vie attraverso le quali le comunità religiose affrontano la violenza e lavorano per la pace.


Una risposta multireligiosa

Come persone credenti portiamo la responsabilità di affrontare efficacemente la violenza all'interno delle nostre stesse comunità ogniqualvolta la religione è strumentalizzata come giustificazione o scusa per la violenza. Le comunità religiose hanno bisogno di esprimere la loro opposizione ovunque la fede e i suoi sacri principi sono distorti al servizio della violenza. Esse devono prendere le misure appropriate per esercitare la propria autorità morale per opporsi ai tentativi di abusare della religione. Vi sono imperativi religiosi ed etici per una cooperazione multireligiosa nel resistere e rifiutare la violenza, nel prevenirla quando possibile, così come nel promuovere riconciliazione e guarigione.
Le nostre tradizioni religiose ci richiedono di prenderci cura gli uni degli altri e di trattare i problemi che devono affrontare gli altri come se fossero i nostri. La violenza contro qualsiasi individuo è un attacco contro tutti e deve sollecitare la nostra preoccupazione. Le comunità religiose sanno che esse sono specialmente invitate a stare dalla parte del più vulnerabile, inclusi i poveri, gli emarginati, i privi di qualsiasi difesa. Le nostre tradizioni religiose riconoscono la vulnerabilità e la precarietà della vita umana. La vulnerabilità di ogni persona ci deve rendere capaci di riconoscere la necessità di rispondere alla vulnerabilità di tutte le persone.
Vi sono anche fondamenti pratici per la cooperazione. Nessun gruppo è immune dalla violenza o dalle sue conseguenze. Guerra, povertà, malattie e distruzioni dell'ambiente hanno conseguenze dirette o indirette in ciascuno di noi. Individui e comunità si illudono se credono di poter essere al sicuro mentre altri soffrono. Le mura non possono mai essere abbastanza alte per isolarci dalle conseguenze dei bisogni autentici e della vulnerabilità degli altri. Nessuna nazione può essere al sicuro quando altri popoli sono minacciati. Noi non siamo più protetti di quanto lo siano i più vulnerabili fra di noi.
Gli sforzi delle singole comunità religiose sono resi di gran lunga più efficaci se si realizza una cooperazione multireligiosa. Le comunità religiose che lavorano insieme possono essere agenti molto efficaci nel prevenire la violenza prima ch'essa erompa, nel trasformare i conflitti, nel mediare fra i gruppi armati in mezzo ai conflitti, fino al condurre le loro comunità a ricostruire società dilaniate dalla guerra.
Le comunità religiose sono chiamate non solo a rifiutare la guerra e l'occupazione straniera, la violenza settaria, la proliferazione delle armi, la violazione dei diritti umani, ma anche a identificare e affrontare le radici ultime dell'ingiustizia, le disuguaglianze economiche, i fallimenti dei governi, gli ostacoli allo sviluppo, le esclusioni sociali, gli abusi ambientali.


Sicurezza partecipata

Le convinzioni morali ed etiche delle nostre diverse tradizioni religiose offrono un fondamento morale per affrontare la violenza nelle sue diverse forme e per suggerirci una visione di sicurezza condivisa e partecipata.
Le nozioni di sicurezza esistenti si confrontano in maniera inadeguata alla violenza nelle sue diverse forme. La sicurezza nazionale non necessariamente assicura la pace; di fatto, spesso essa promuove la violenza e fomenta l'insicurezza. I conflitti armati si instaurano fra gli stati, ma sempre di più all'interno degli stati e fra attori non statali. Una sicurezza veramente umana riconosce la solidarietà della famiglia umana affrontando la sicurezza dalla prospettiva dei diritti e dei bisogni umani. Definire la sicurezza umana in questi termini non consente tuttavia di indicare in maniera adeguata come queste necessità devono essere affrontate e chi è responsabile di assicurarle.
Un concetto meglio sviluppato di sicurezza partecipata chiarisce come bisogna affrontare questo bisogno di sicurezza, e quali sono gli agenti, gli strumenti, e le relazioni necessarie per garantirli. Ancora più importante, la sicurezza partecipata illumina la responsabilità collettiva di tutti nell'affrontare questa comune necessità di sicurezza.
Una sicurezza partecipata richiede che tutti i settori della società riconoscano la nostra comune vulnerabilità e la nostra comune responsabilità nel realizzarla. Viene intrapresa collettivamente da una molteplicità di garanti che riconoscono che ogni settore della società deve affrontare la violenza se desideriamo che ciò sia fatto efficacemente.
Favorisce forme di governo partecipative e democratiche. Governi, organizzazioni internazionali, società civile e comunità religiose devono tutti coinvolgersi nel realizzare una sicurezza partecipata. Una efficace sicurezza partecipata getta dei ponti al di là delle frontiere geografiche, nazionali, etniche e religiose. Essa chiama a raccolta la responsabilità dell'uomo, la sua competenza, la sua capacità dovunque essa esiste.
Una sicurezza partecipata efficace, a tutti i livelli di comunità, risponde alle esigenze della sicurezza nazionale; riconosce e protegge dalle minacce dirette e croniche alla sicurezza fisica individuale; e difende i poveri, i senza potere e i più vulnerabili. Essa asseconda gli sforzi dei governi e corregge le disparità e le ineguaglianze della globalizzazione. Una sicurezza partecipata sostiene le comunità religiose e i leader religiosi nei loro sforzi di opporsi all'abuso della religione per scopi violenti e nel costruire istituzioni per la collaborazione fra i governi, i diversi componenti della società civile e le comunità religiose. Un impegno per una sicurezza partecipata abilita e sostiene le reti multireligiose, come la rete mondiale di Religioni per la pace, nei suoi sforzi per trasformare i conflitti, costruire la pace, lottare per la giustizia, e promuovere uno sviluppo sostenibile.


Religioni per la pace

Religioni per la pace è diventata a livello mondiale una voce e un agente multireligioso importante per la pace.
Guidata dal rispetto per le diversità religiose, la rete mondiale di Religioni per la pace promuove la collaborazione multireligiosa incanalando le energie delle comunità religiose verso la trasformazione dei conflitti, la costruzione della pace, e promuovendo uno sviluppo sostenibile.
Noi, delegati dell'VIII assembla mondiale di Religioni per la pace siamo fermamente uniti nel nostro impegno a prevenire e ad affrontare la violenza in tutte le sue forme e siamo fiduciosi nella capacità della cooperazione multireligiosa di promuovere una visione comune per una sicurezza partecipata. Siamo determinati a mobilitare le nostre comunità religiose nel lavorare insieme e collaborando con tutti i settori della società civile per fermare la guerra, lottare per costruire comunità più giuste, promuovere l'educazione alla giustizia e alla pace, eliminare la povertà e far progredire uno sviluppo sostenibile in vista del bene delle future generazioni.


Un appello multireligioso all'azione

Come leaders religiosi, ci impegnamo a promuovere una sicurezza partecipata attraverso un appoggio pubblico, l'educazione, e altre forme di azione multireligiosa, e a far conoscere questa Dichiarazione di Kyoto all'interno delle nostre comunità religiose.
Facciamo appello a tutti i settori della società, pubblico e privato, secolare e religioso, perché si possa lavorare insieme per portare a pienezza questa sicurezza condivisa per tutta la famiglia umana.
Specificamente, la Conferenza mondiale delle religioni per la pace fa appello:
  1. Alle comunità religiose perché: - resistano e affrontino ogni strumentalizzazione della religione per scopi violenti; - diventino educatori efficaci, avvocati e attori per la trasformazione dei conflitti, la promozione della giustizia, la costruzione della pace e di uno sviluppo sostenibile; - traggano dalle loro diverse tradizioni spirituali un aiuto a educare i loro membri a un coinvolgimento responsabile nel promuovere una sicurezza partecipata; - sviluppino l'educazione alla pace a tutti i livelli; - rendano responsabili i governi per gli impegni che prendono nell'interesse dei loro popoli; - si colleghino a livello locale, nazionale, regionale e mondiale per promuovere la collaborazione multireligiosa tra le grandi religioni mondiali; - si associno ai governi, alle organizzazioni internazionali e agli altri settori della società per affrontare la violenza e promuovere una idea nuova di sicurezza partecipata.
  2. Alla rete mondiale di Religioni per la pace a: - sviluppare una cooperazione multireligiosa di alto livello intorno alla soluzione di una sicurezza partecipata; - costruire, strutturare, e collegare consigli interreligiosi a livello locale, nazionale e regionale; - rafforzare la rete mondiale di Religioni per la pace come una piattaforma per la collaborazione per promuovere questa sicurezza partecipata; - promuovere l'impegno per agire per un maggior potere alle donne e per i diritti umani delle donne all'interno delle sue strutture a tutti i livelli; - comprendere la posizione centrale delle donne credenti e situare le preoccupazioni di genere al centro dell'agenda per una sicurezza partecipata; - mantenere i giovani credenti e le loro preoccupazioni al centro dell'agenda e promuovere il loro pieno coinvolgimento nella promozione di una sicurezza partecipata; - sostenere e collaborare con la Commissione per la costruzione della pace delle Nazioni Unite; - patrocinare le pratiche che promuovono uno sviluppo sostenibile e la protezione dell'ambiente; - collaborare con tutti i settori della società, soprattutto nella lotta contro Hiv e Aids.
  3. A governi, organizzazioni internazionali, e al settore del lavoro e degli affari a: - sostenere gli sforzi dei leaders religiosi per contrastare la violenza dentro e al di fuori delle loro comunità, e includere questo impegno nel modo più appropriato nei negoziati politici relativi a situazioni di conflitto; - creare una partnerships con le comunità religiose per realizzare le "mete di sviluppo del Millennio" [il programma dell'Onu per lo sviluppo umano così denominato - ndr] al fine di sradicare la miseria e la fame, combattere le malattie, e promuovere uno sviluppo sostenibile; - orientare gli sviluppi della scienza e della tecnologia verso propositi pacifici e per eliminare la povertà e sviluppare progressi sostenibili; - cercare aiuto nelle strutture religiose per la loro capacità di raggiungere un gran numero di persone e per la loro capacità di provocare cambiamenti.

Chiediamo a tutte le persone di buona volontà di sostenere e collaborare con le comunità religiose così come noi lavoriamo per una sicurezza condivisa per tutti.
Questi impegni e l'appello all'azione che ne consegue esprimono le nostre convinzioni di fede più profondamente radicate e ampiamente conidvise.

Kyoto, Giappone, 29 agosto 2006