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Il 25 luglio 1943 a Massa-Carrara, una riflessione ed alcune notizie di cronaca

(Intervento di Massimo Michelucci alla commemorazione del 70° del 25 luglio 2013 a Fosdinovo, Museo della Resistenza)

Il 25 luglio 1943 cade il fascismo, finisce un regime, che non è una patria, perché è uno stato imposto con la forza. Vittorio Foa ha ben spiegato che quando si dice ai cittadini cosa non fare siamo in un stato autoritario, quando gli si impone cosa fare si tratta di una dittatura, quando si arriva a suggerire ed in pratica ad obbligare cosa pensare siamo nel totalitarismo. È indubbio che il fascismo impose ai giovani attraverso le scuole, e le organizzazioni sociali che erano obbligatorie, cosa pensare. Tra i concetti che inculcò vi fu quello di una patria retorica e pomposa, ed anche guerrafondaia, fatta di libro e moschetto e di parate. Ciò tra l’altro è causa di una certa avversione ai concetti di patria e nazione che hanno attraversato soprattutto le posizioni politiche di sinistra dal dopoguerra in poi, abbandonandoli di fatto alla destra. Ancora Foa spiegò che questo fu un grave errore perché patria e nazione rinviano comunque all’identità che è un valore fondante, insito nell’animo di tutti gli uomini.

La fine del Fascismo col 25 luglio provocò un moto di gioia spontaneo che attraversò tutto il paese. Fu certo legato al convincimento che finisse anche la guerra che era stata vissuta come un grande dramma da tutta la popolazione civile. Comunque proprio la reazione della gente il 25 luglio in me rafforza il convincimento che il famoso consenso al fascismo non fosse stato una cosa reale, anche se tutti a controprova portano le grandi manifestazioni di massa, i milioni di adesioni al regime, etc.. Ma io penso che fosse un consenso basato sulla assenza di alternative, e sempre mi chiedo ma che tipo di consenso è quello imposto che non ha scelte? Forse questa idea mi viene dall’aver studiato la storia minuta, quotidiana dell’epoca fascista. Dove le opposizioni politiche erano state eliminate. Dove la vita civile era irreggimentata dall’apparato e si viveva in un clima di paura fatta di delazione, e calunnia. Dove un partito aveva occupato lo stato (maestro in ciò eccezionale di tanta storia successiva, ma a paragone certo minore). Un piccolo esempio tra i tanti di quell’epoca del famoso consenso. Un giovane di 17 anni fu redarguito dal padre per la sua svogliatezza, succede dappertutto, succede ancora oggi. Ebbene quel giovane se ne andò alla sezione del fascio, e denunciò che il padre aveva in casa sputato al ritratto del Duce. Ed il padre, anche perché segnato come socialista, fu condannato a due anni di confino, non una cosetta da poco! Queste erano le divisioni che il regime portava fin dentro le famiglie.

Dopo il 25 luglio venne l’8 settembre, che ne fu la conseguenza, forse l’atto finale anche per la Monarchia che fu infatti sconfitta nel referendum, anche proprio a causa di ciò. Per tale data qualcuno ha parlato di fine della patria, io credo al contrario ne sia stato l’inizio, certo di una patria nuova. Ma questa volta non sono solo a crederlo, la pensano e la pensavano come me anche Foa, Gallo, Arfé, Vassalli e tanti altri. Mi si dirà che ho dei riferimenti vecchi, io lo ammetto e aggiungo: perché di loro mi fido. Come ancora mi fido dei Costituenti che ritengo la classe politica migliore che il nostro paese abbia mai avuto, perché fecero il loro dovere e poi tutti (o quasi) si misero diligentemente da parte, cosa che purtroppo non è mai più avvenuta, tra i politici.

Ma anche in questo mi convince un esempio pratico legato alla nostra zona, proprio l’8 settembre un reparto di alpini di stanza in provincia, in assenza di ordini come tutti i reparti dell’esercito italiano, si assestò sulla Foce, tra Massa e Carrara e si oppose con le armi ai tedeschi. A loro si affiancarono dei giovani partigiani della zona. Ci furono morti e feriti, poi gli Alpini si dispersero, provvedendo a nascondere le armi in montagna, armi che poi furono utilizzate dalle formazioni partigiane. Soldati e giovani si ribellarono a quelli che comunque erano soldati stranieri che occupavano il nostro paese. Questa unità contro l’occupante fu il legame forte dei CLN, che al di là delle divisioni politiche, rappresentò la grande forza della Resistenza. Nei giovani soprattutto, al di là della personale maturazione politica, così come il 25 luglio, operò prima di tutto un rigetto istintivo e quindi spontaneo verso il fascismo che significava guerra, così divennero renitenti e si diressero in montagna.

E per quanto attiene ai fascisti è significativo ricordare che i rapporti periodici dei comandi territoriali militari tedeschi della toscana (quindi una fonte non sospetta) riferiscono della poca simpatie che ebbero tra la popolazione delle province i soldati della RSI, ma per quanto riguarda la Provincia di Apuania, riferiscono addirittura di un atteggiamento antagonista.

Direi in ogni caso sia stato consenso vero o consenso falso, il 25 luglio ne segnò la fine.

Veniamo alla cronaca di quei giorni in provincia.

A Massa a fine luglio pochi fatti, forse per la presenza ed il rigore imposto dalle autorità. Un soldato in servizio di ordine pubblico difese un caporione fascista che era stato aggredito, e sparò ferendo alcune persone. Per le strade volarono qualche schiaffi a fascisti che erano stati particolarmente odiosi, ci fu eccitazione, ma non successe niente di grave. Tre giovani spaccarono l’insegna littoria alla sede del fascio, furono condotti in Questura, e il Questore in persona li prese a schiaffi.

Si può annotare la Continuità dello Stato, prefetto rimase Aurelio Ponte, Questore Giuseppe Antoci, significativamente il 29 luglio a Carrara il segretario del Fascio cittadino consegnò le chiavi della Casa del Fascio al Commissario Prefettizio.

A Carrara la manifestazione del 27 luglio 1943 fu il fatto più importante di quei giorni in provincia, fu organizzata da Giuseppe Pagano e Alessandro Brucellaria “Memo”.

Sull’azione di Pagano esistono i rapporti di polizia, che sottolineano soprattutto come Pagano partecipasse ai fatti in divisa:

27.7.1943 - Questore Apuania a Capo Polizia Roma

nr.08194. ore 18,30 oggi in Apuania Carrara Tenente colonnello in divisa PG fu Antonio nato a Parenzo 1896, addetto Istituto sperimentale Marina capeggiava dimostrazioni giovani incitando dimostranti togliere a fascisti distintivo. Pronto intervento funzionario et forza pubblica scioglievano dimostranti procedendo fermo suddetto ufficiale et altre dodici persone. Ordine pubblico ristabilito. F.to Antoci

27.7.1943 - Dal Comando Presidio militare Comando XV brigata costiera PI

ore 18,30 di oggi in Apuania Carrara un centinaio circa di giovani prevalenza studenti percorrevano strade principali inneggiando Italia et Governo e strappando targa fascio femminile, targa regime d'Italia et qualche distintivo fascisti. Presente at col Pagano Giuseppe in divisa addetto Ist. Sperim. Regia Marina in Carrara partecipava strappo qualche distintivo at intervento arma truppa e agenti di PS dimostranti vennero sciolti poco dopo senza ulteriori incidenti at proceduto fermo dodici giovani e predetto ufficiale. Firmato il colonnello Solia

27.7.1943- Ufficio PS Carrara

n. 1275. Oggi ore 11,14 si è formata in questa via Roma manifestazione antifascista capeggiata da ten col complm in divisa PG… predetto ufficiale incitava a togliervi distintivo fascista. Intervenuto il sottoscritto con agenti… manifestazione sciolta. Sono stati fermati oltre il predetto uff.: Dazzi Leandro nt. Avenza 22.1.1905, Morra Oberdan nt Carrara 24.4.1921. Firmato Il Commiss. Capo PS Cellulare

È utile ricordare la figura di Giuseppe Pagano. Nato a Parenzo, 20.08.1896, fu grande architetto razionalista (sua l’Università Bocconi), direttore di Casabella rivista importante di architettura. Fascista della prima ora, nel 1943 maturò il suo pensiero critico verso il regime, fu poi tra i primi organizzatori della Resistenza Apuana, con Menconi, Don Rosini, Bondielli. Menconi più attento all’azione clandestina non sopportava il suo abbigliamento vistoso e i suoi modi. Forse a causa di quelli, nel novembre 1943 in occasione di un sopralluogo alla Caserma di Santa Chiara di Massa, dove si dovevano recuperare armi, Pagano fu arrestato, su un suo blocchetto furono trovati i nomi dei resistenti, così finirono in carcere Isoppi e Bondielli. Pagano fu mandato al carcere di Brescia, da dove fuggì, ma poi fu imprigionato ed addirittura torturato dalla Banda Koch, finì a Mathausen, sottocampo di Melk, dove morì nell’aprile 1945.

In Lunigiana la notizia della caduta del Fascismo si diffuse nella tarda serata del 25 luglio, si registrò gioia ma nessuna manifestazione, quindi senza alcun turbamento dell’ordine pubblico. Pattuglie di marinai e alpini furono mobilitati a presidiare gli stabilimenti di produzione bellica esistenti, ma senza problemi. In generale nella Lunigiana interna, ferma all’attività contadina, si interpretarono i fatti come fine della guerra

Ad Aulla nelle frazioni di Quercia e altre gruppi di ragazzi nella notte del 25 cantarono canzoni di derisione al fascismo, alcune fucilate sparate in aria dai militari di un presidio, fecero rientrare tutti nelle case.

A Pontremoli la tarda sera del 25 gruppi di persone uscirono nelle piazze a commentare le notizie, a mezzogiorno del 26 suonò il Campanone, e la banda cittadina l’inno di Mameli. Nel pomeriggio vie e piazze si riempirono di cittadini esultanti. Nella piazza principale, un oratore improvvisato salì sopra un tavolo e fece un discorso sui disastri causati dal fascismo e sul significato della caduta del Regime. Era Antonio Cabrelli, appena rientrato dal Confino, in seguito artefice principale del caso Facio.

Nelle vicine Sarzana e La Spezia si registrarono numerose persone nelle piazze, e riunioni, e comizi sotto l’indicazione “viva l’Italia, viva Badoglio, viva la pace, no ai tedeschi”, attivi soprattutto i comunisti con Paolino Ranieri e Anelito Barontini. Nelle fabbriche ci furono fermate dal lavoro.

Con il 25 luglio rientrarono gli antifascisti dal confino, e dalla prigionia politica, con la provincia apuana che aveva dato un notevole contributo alle Commissioni Provinciali per il Confino, ed al Tribunale Speciale. Il più importante fu Gino Menconi comunista, che arrivò a casa a fine agosto, con le indicazioni consuete di sorveglianza, nel senso che proprio non era cambiato niente. Menconi fu tra gli organizzatori della prima fase della Resistenza. Anche Gino Lucetti fu liberato dagli alleati, ad agosto, a settembre però morì sotto un bombardamento tedesco a Ischia. Ma non sono da dimenticare gli altri meno conosciuti. In un movimento resistenziale che fu costituito di giovani impreparati, di renitenti alla leva che nulla sapevano delle ideologie, chi arrivò dal confino o dalle carceri divenne una avanguardia, avendo frequentato una buona università della politica. Ancora un piccolo esempio finale. NF di Massa fu liberato nell’agosto 1943, dopo 22 anni di carcere. Era stato nel 1921 un ardito del popolo, comunista ed anarchico. Quando fu imprigionato era un giovane semplice, non acculturato, ma in carcere trovò insegnanti capaci, tra l’altro a Pianosa con Pertini intavolò discussioni giornaliere su Stalin e Trosckj e sui limiti della rivoluzione russa. Da libero, immediatamente, nel settembre 1943, seppe bene cosa fare e pensò alla lotta di resistenza creando una sua formazione partigiana a cui aderirono in tanti, e che era considerata ingovernabile sia dai cattolici, sia dai comunisti. NF non era certo un intellettuale ma era però un passo avanti a tutti, e forse come ardito del resto avanti lo era già nel 1921.