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"E basta con queste carceri! I problemi sono altri"

L’impudenza  e il cinismo politici sfaldano la società e distruggono anche la solidarietà umana
di Mario Pancera

Molti hanno già sentito  queste frasi:« E basta con i problemi delle carceri. I delinquenti lasciamoli dentro. Ci sono degli assassini liberi per le strade…» e via di questo passo. Si ascoltano sui mezzi pubblici, nei crocchi sulle piazze. Il disagio sociale nel paese è talmente alto che ci si dimentica dell’uomo. Alla tv, spesso così ne parlano leghisti e non leghisti, settentrionali e meridionali: pensiamo piuttosto che manca il lavoro, ci sono migliaia di famiglie che combattono con la fame, paesi ancora semidistrutti da terremoti e alluvioni, tasse che colpiscono i poveri, i ricchi se la cavano sempre, che futuro abbiamo? È vero. Nella palude politica ed economica italiana è tutto vero. Chi segue, di quando in quando, i casi dei carcerati non sa che dire: nei primi giorni del 2014 si sono uccisi due detenuti italiani quarantenni, un morto un giorno sì e due no, uno a Roma e uno a Ivrea. E un terzo è morto di malattia dietro le  sbarre a Verona.

Parlo dei«suicidi», così schedati ufficialmente, perché la parola è terribile per più motivi. Può suicidarsi in caserma un giovane denunciato per furto di una bicicletta? Un paraplegico in carrozzella può andarsi ad impiccare al tubo del gas al soffitto? Un altro può impiccarsi senza che i suoi tre compagni di cella se ne accorgano? E uno infilare la testa nel cappio di un laccio da scarpe ? (ma una volta i lacci non erano tra i primi oggetti ad essere sequestrati agli incarcerandi?) E un altro impiccarsi proprio negli istanti del cambio di guardia? E un altro ancora suicidarsi con il cranio rotto e poi fasciato e con ecchimosi in tutto il corpo?

Che cosa dire e che cosa fare se non si è politici? Denunciare i casi, finché si troverà, anche in questa Kakania che è diventata l’Italia, qualcuno che dia un vero contributo per risolverli. Un contributo «vero», non chiacchiere che si disperdono nei corridoi delle pubbliche istituzioni. I giornalisti possono solo segnalare, dare le notizie per stimolare, attraverso l’opinione pubblica, chi ha il potere di «fare». Che cosa di più?

Non si può dire che il 2014 sia partito bene. Prendo questi dati dall’attentissimo bollettino di «Ristretti orizzonti» di Padova. Ma se può essere un piccolo, microscopico, motivo di sollievo c’è il fatto che nel 2013 i «suicidi» (sempre tra virgolette) sono stati soltanto 49, nel 2012 erano stati 60, nel 2011 e nel 2010 furono 66 e addirittura 72 nel 2009.  Abbiamo dunque un calo tendenziale di carcerati morti per suicidio in Italia. Anche se l’anno, per così dire, meno triste è stato il 2007 con “appena” 45  detenuti dichiarati suicidi. Facciamo i conti: uno ogni otto giorni. L’anno scorso, invece, uno ogni sette giorni e mezzo.

E per concludere?

Non so proprio. Penso a Abdelaziz che risulta suicida a 21 anni, a ferragosto, a Padova: tempo di festa, ventun anni! E a Francesco la cui morte a 22 anni, in giugno, a Monza, risulta «da accertare»: tempo d’esami studenteschi, ventidue anni! Una volta si diceva, l’alba della vita. Proviamo insieme a concludere, amici lettori.

Mario Pancera