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Disobbedienza e diritti: quel pugno chiuso alzato in un guanto nero |
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Scritto da Gianni Mura |
Martedì 06 Ottobre 2015 07:27 |
Bisogna sforzarsi di non guardare i due a testa bassa, il pugno chiuso alzato in un guanto nero, calze nere e niente scarpe, sul podio. Bisogna concentrarsi sull’atleta di sinistra, bianco, lo sguardo dritto, le braccia lungo i fianchi. Bisogna ricordare alcune cose, di quel 1968 perennemente associato al Maggio francese. Il 16 marzo il massacro di My Lai, il 4 aprile l’assassinio di Martin L. King, il 5 giugno tocca a Bob Kennedy. Aggiungiamoci il Biafra, i carri armati sovietici sulla primavera di Praga, la strage di piazza delle Tre Culture poco prima che cominci l’Olimpiade messicana. Bisogna anche avere un’idea sull’età dei tre sul podio. Tutti nati nel mese di giugno. Smith nel Texas, settimo di undici figli. Ha 24 anni. Suo padre raccoglie cotone. Norman è il più anziano, ha 26 anni, suo padre è macellaio, famiglia molto credente e vicina all’Esercito della salvezza. Carlos ha 23 anni, è figlio di un calzolaio, nato e cresciuto ad Harlem. Appena giù dal podio la loro carriera sarà finita, bruciata, e la vita un inferno. Ma loro non lo sanno e, se lo sanno, non gliene importa. Nel sottopassaggio che va dagli spogliatoi al podio Norman assiste ai preparativi dei due americani. Tutto è fortemente simbolico, dalla mancanza di scarpe (indica la povertà) alla collanina di piccole pietre che Carlos mette al collo (ogni pietra è un nero che si batteva per i diritti ed è stato linciato). I due americani furono subito espulsi dai Giochi e, in patria, minacciati di morte, spiati dall’Fbi, boicottati nella ricerca dei posti di lavoro. Norman non fu espulso, ma l’Australia gliela fece pagare salata. "Io penso che tutti gli uomini nascano con gli stessi diritti", disse lui in quei giorni. Era una verità e insieme uno scandalo, "la politica che entra nello sport" (già, perché nel 1936 a Berlino cos’era se non un immenso spot per Hitler?). Peter Norman è lo sprinter migliore che l‘Australia abbia mai avuto: il suo 20"06 di Messico ’68 gli avrebbe consentito di vincere l’oro a Sydney nel 2000, detto di sfuggita. La federazione australiana non lo convocò per Monaco 1972, anche se aveva superato tredici volte il limite di qualificazione dei 200 e cinque volte quello dei 100. Smith e Carlos non avevano mai più rivisto Norman, ognuno la sua vita, i suoi problemi. Ho raccontato questa storia perché da qualche parte ci dev’essere uno spazio, non necessariamente uno stadio, dove l’etica incontra l’epica, e si stringono la mano, forse s’abbracciano (....). L’epica, vai a sapere se deriva da epos o da epo, ma questi sono affari dell’etica (...). Non l’ho raccontata per dire che il mondo è piccolo, ma per dire che il cuore è grande. L’ho raccontata perché in quel posto, da qualche parte, Norman sta organizzando una corsa sui 200 (...). Gianni Mura |