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Che non sia (stato) un Natale ipocrita e ingiusto

Anche quest’anno siamo giunti al Natale. Da diverse settimane siamo immersi, tra luci, regali, addobbi e orpelli vari nell’atmosfera della festa.

Una festa che anche quest’anno, come sempre più negli ultimi, lascerà fuori moltissime famiglie.

Sarà un Natale carico di dolore nelle oltre mille famiglie che nel 2015 hanno visto un loro familiare morire sul posto di lavoro.

Sarà un Natale triste e mesto nelle migliaia di famiglie che la speculazione finanziaria ed industriale e le ingiustizie criminali e disumane hanno lasciato senza un lavoro, strappando ogni speranza anche per il 2016.

In queste settimane le cronache sono state interessate dalle temperature “fuori stagione”, da un caldo primaverile ben lontano dal solito “tempo di Natale”. Perché Natale tradizionalmente è accompagnato dalla neve, dal freddo e dal gelo, mentre noi estasiati guardiamo fuori dalle finestre delle nostre case. Per moltissimi, che forse il Natale neanche ricordano cosa sia, neve, freddo e gelo possono significare la morte. Nella frenesia dello shopping, nel luccicare degli addobbi stradali non ci si accorge, si tralasciano e in alcuni casi anche calpestano, fratelli e sorelle che vivono ai margini, al limitar delle strade. Persone che le ingiustizie della vita, questo Sistema che arricchisce sempre più i ricchi e lascia gli impoveriti, gli ultimi e gli emarginati fuori via dalla società, costringendi agli stenti, alla fame e alla miseria.

Mentre ci prepariamo al cenone natalizio ricordiamo che esistono anche loro.

Così come esistono gli anziani, spesso lasciati soli e abbandonati in ospedali e ‘ospizi’ vari perché disturbano la festa. E’ Natale questo?

E il lusso delle nostre tavole, l’immensa mole di cibo che finirà nella spazzatura, ci venga a nausea. Una nausea che ci sconvolga lo stomaco, al solo pensiero che per milioni di persone, nei sotterranei della storia, la spazzatura è l’unica fonte di sostentamento. Si alzano la mattina e non sanno se la fame e la miseria permetterà loro di giungere a sera.

Maria e Giuseppe rifiutati da tutti gli alberghi, e poche settimane dopo la nascita di Gesù costretti a fuggire clandestinamente in Egitto, ci facciano sentire il cuore duro come macigno nel momento in cui le nostre coscienze non vengono smosse dal fratello rifiutato, da coloro che chiedono dignità e vita e bussando non trovano porte aperte ma muri invalicabili, violenze, soprusi, ingiustizie, crudeltà.

Il coraggio di Giuseppe, che accetta in casa Maria senza spaventarsi di cosa sarebbe potuto accadere, ci faccia sentire fino in fondo il peso dell’ipocrisia, del perbenismo, della condanna moralistica e arrogante con la quale vengono segnate persone e vite.

Il sorriso del bambino nella culla ci stringa il cuore, perché molti bambini non sorrideranno la notte di Natale. Ci salga una vergogna immensa mentre doniamo giocattoli ai bambini delle nostre famiglie e dei nostri amici, se non ci siamo domandati (e nulla abbiamo fatto di conseguenza) la provenienza di quegli oggetti. Che, per far divertire alcuni bambini, possono essere lacrime e sangue dello sfruttamento di migliaia di loro coetanei.

Le tenere braccia del Bambino non ci facciano mai, mai e poi mai dimenticare che molte mani strigono un fucile o si tendono verso la loro Madre in cerca di un cibo che non avranno mai. Braccia che saranno crocifisse, nella morte di quel bambino. Mentre nelle nostre calde ed accoglienti case si festeggerà il Natale, in migliaia di fredde celle qualcuno conterà le ore, i giorni, le settimane con angoscia, in attesa dell’ultimo giorno.

Il presepe in plastica e legno non sostituisca la realtà della vita.

La culla del Bambinello non sostituisca le culle vere.

E allora, vi auguro che non sia (stato) un Natale vuoto e cieco, ipocrita e ingiusto, carico solo di apparenza.

 

Alessio Di Florio