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Profeti delle acque apuane

Tal Talete di Mileto, un paesino dell’Anatolia (i Romani la chiamarono poi Asia Minore e oggi fa parte della Turchia) che si affaccia sul Mediterraneo davanti alla mitica Grecia, riteneva che l’acqua fosse il principio di tutte le cose. Per quanto ho studiato posso dire che sulla asserzione, in quel paesino ed in altri della stessa zona, si sviluppò una questione infinita tra veri e propri tifosi, tipo quella che attanaglia nella nostra epoca i pro e i contro la Juventus.

Infatti altri pensatori erano per il fuoco, o la terra o l’aria. Il dibattitto portò come al solito scontro di opinioni e anche guerre, non mi ricordo bene se anche quella di Troia. Alla fine tutti concordarono che comunque al principio ci fosse un elemento naturale. Di Talete non sono rimasti scritti, ma penso che scrisse perché la scrittura era stata appena inventata e tutti ne approfittavano. Poi il grande Aristotele ne ha riferito spiegando che il ragionamento di Talete a favore dell’acqua fu semplicissimo. Lui infatti osservò che ogni cosa ed ogni essere, compreso l’uomo, nasceva da un seme, e che il seme cresceva nell’umido, che equivaleva a dire acqua, che era quindi la linfa che dava la vita.

Eraclito di Efeso, altro paesino della zona, convinto, proprio dall’osservare l’acqua, che tutto scorre, sviluppò il dibattito e scrisse: “Dalla terra nasce l’acqua, dall’acqua nasce l’anima”, un notevole approfondimento dell’intera questione perché, in sintesi, si passò dall’essere all’essenza.

Il pensiero greco, con le sue scuole, dagli ameni paesini turchi emigrò nei secoli ad Atene, è poi in Italia (le emigrazioni rappresentano davvero una faccenda eterna, che nasce con l’uomo!). Sono storicamente appurati centri di studi ad Agrigento, a Crotone, ed a Elea, poi le tracce documentarie scompaiono. Io presumo di averle ritrovate, dopo tanti secoli, a Forno, un paesino al centro delle Apuane, nato guarda caso vicino a delle sorgenti d’acqua. Esiste, infatti, in paese una fontana sulla quale è incisa la frase sopra riportata di Eraclito, che i fornesi pronunciano Eraclìto, con l’accento cosiddetto latino sulla ì, ma questa è un’altra diatriba che non voglio innescare, convinto come sono che i fornesi abbiano sempre ragione. La Fontana fu costruita verso il 1892, e fu la prima fonte pubblica del paese, prima di allora avevano bevuto l’acqua del fiume, oppure quella delle piccole sorgenti a ridosso dell’abitato. Poi la costruzione della Filanda intorbidò fiume e sorgenti, ci furono proteste ambientaliste ante litteram e si ottenne così la prima fonte controllata dall’ufficiale sanitario. Al di là di questo fatto storico in sé importante perché segnale di una coscienza ambientalista dei primordi, la domanda più importante è: “Come possibile che la frase di Eraclìto sia finita scolpita sulla fontana di Forno?”

Orbene, vicino a Forno sta la sorgente del Frigido che è la più grande di tutta la Toscana, tanto importante che i Medici volevano utilizzarla per servire di acqua potabile i loro possedimenti in Versilia, se non anche direttamente Firenze, e ciò nel 1500! Non solo a Firenze conoscevano la potenza della sorgente della Polla, ma avevano anche cognizione esatta della posizione di tutte le sorgenti esistenti sulle Apuane, e ciò risulta dalle mappe dell’epoca che ancora sono conservate all’Archivio di Stato Nazionale di Firenze, perché le fonti (intese in ogni senso, anche come fonti del sapere) erano e sono di estrema importanza per gli uomini, ed anche per gli animali, dato che l’allevamento era una economia allora importantissima. Io che tali mappe le ho viste posso affermare che nel 1500 avevano più conoscenze tecnico-geologiche sulle nostre acque di quelle che esistono oggi.

L’importanza dell’acqua è tornata molto di moda con la recente scoperta che ne esisterebbero tracce anche su Marte, proprio in ragione del fatto, spiegato già dai Greci, che dall’acqua sgorga la vita, e che quindi tale vita, simile alla nostra, potrebbe rivelarsi esistente anche lassù, e/o comunque possibile.

Altri grandi studiosi, di tutto il mondo e non più solo greci, consapevoli dell’importanza enorme dell’acqua per la vita del mondo, ed a questo punto (dopo Marte) anche dell’universo, prefigurano che in futuro ci saranno guerre per il controllo dell’acqua e delle acque, alla stessa maniera per cui nella nostra epoca ci sono per il controllo del petrolio, ma forse ancora più terribili perché l’acqua è bene essenziale, addirittura principio della vita!

E noi?

Intendo che facciamo noi, come civiltà contemporanea, di fronte alla immane questione della salvaguardia delle acque (che sembra un dilemma e comandamento biblico) che sono oggi non custodite e non più bene comune come lo erano un tempo?.

Ci preoccupiamo?

Intendo anche noi che del Frigido siamo figli? e che lo vediamo aggredito, inquinato?

Niente, pressoché niente.

Al più glissiamo, soprassediamo, non avvertendo l’urgenza, che è invece immanente.

Per questo ho salutato con gioia l’azione critica svolta dai giovani narcisi che, nella fotografia allegata, emergono dalle acque spumeggianti del Frigido, però e purtroppo bianche, meglio opache, non cioè più chiare e trasparenti, e soprattutto non più certo potabili, alle sorgenti, perché ormai sciupate dalla marmettola che invade il labirinto carsico che le acque scorrono prima di sgorgare all’aperto.

Il loro gesto non è un divertimento, ma una vera e propria sacrosanta denuncia.

E la denuncia è una cosa sacra (che attiene alla libertà ed alla democrazia, quella dei greci!), che si pone il solo giusto obiettivo di far capire il pericolo, cosciente che dietro un effetto ci sta una causa, e quindi una responsabilità.

Ai detrattori di tale denuncia, forse preoccupati delle conseguenze e delle punizioni, anche divine, mi permetto di segnalare che non vedono al di là di loro stessi, e purtroppo nemmeno pensano ai loro figli, perché il problema vero che la denuncia evidenzia è appunto il pericolo della guerra, di tutte le guerre. E la soluzione sta non tanto e non solo nel condannare i responsabili, ma nel rifiutare le guerre per sempre, e nell’adoperarsi di conseguenza, pensando prima ai problemi, molto prima!

I giovani eroi li ho chiamati con ironia narcisi per i loro costumi adamitici, ma anche nella convinzione che un po’ di narcisismo non fa mai male, soprattutto quando è accompagnato da una sana dose di autocritica, che nel caso è ben comprovata dalle loro stesse risa.

Per tutto quanto sopra e per il loro gesto (che è stato invece e purtroppo anche polemicamente criticato) ai miei occhi essi hanno acquisito la valenza di veri e propri “profeti delle acque apuane” (anche se io in verità sarei più per i nomadi).

Ma il mio, si badi, non è un atto di fede, perché potrebbero essere anche i profeti di un nuovo dio, tanto io non li ascolterei, né li seguirei, se non si fossero dimostrati anche capaci di ridere e sorridere di sé, e quindi sicuramente miei amici, qualifica ben superiore ai profeti, ed anche ai nomadi!