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San Valentino, le rose e ... l'Africa

Mancano pochi giorni a San Valentino, una delle tante feste commerciali che, facendo leva sui sentimenti, arricchiscono il mercato. Pochi giorni fa, nella mail redazionale, è arrivata la segnalazione di Adriano Marzi, scrittore e fotogiornalista, che ci segnala una pagina del suo bellissimo sito in cui denuncia come la produzione delle rose sia diventata massiccia in Etiopia. E come una rosa su 4, tra quelle che molti italiani compreranno per festeggiare la propria persona amata (secondo i dati Coldiretti, un italiano su tre…), arrivi dall’Africa.

Già nel febbraio del 2008, sul sito di Combonifem, scrivemmo come gli oltre 50mila lavoratori impegnati in Etiopia nella coltivazione delle rose, per lo più lavoratrici a dire il vero (il 70%), lavorasse in condizioni di schiavitù, dentro serre roventi, in cui la temperatura può arrivare sino a 35 gradi e dove si respira un’aria malsana, causata da un massiccio uso di pesticidi e fertilizzanti.

La stessa cosa accade in Kenya, considerato il maggior produttore di rose per i Paesi europei, dove migliaia di donne e di uomini (anche qui le prime più numerose dei secondi, il 75%) lavorano 16 ore al giorno per tre euro. Situazione risaputa, le multinazionali del settore sono state denunciate più volte per violazione dei diritti sindacali, sfruttamento e assenza di misure che proteggano la salute di chi lavora in queste serre a ritmi massacranti per poco più di 60 euro al mese.

Ma, nonostante il passare degli anni, le “spine” delle rose africane rimangono intatte, non arrivano a pungere l’Europa del diritto. Forse il primo passo potremmo farlo noi, decidendo di acquistare piante e fiori locali, di questa stagione, da produttori e vivai della zona e magari riunirci in una campagna che richieda all’Europa una maggiore attenzione alle “spine” dei diritti di donne e uomini africani.

Fonte: ComboniFem - Newsletter Suore Comboniane