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La storia dei muri non conosce la parola fine

La storia dei muri non conosce la parola fine, non insegna. Passa il tempo, ma le motivazioni per cui si elevano muri, da Berlino a Calais, non cambiano, rimangono sempre le stesse: vietare la libera circolazione delle persone.

Nel mondo i muri sorti per contrastare l’immigrazione sono quarantasei. Ieri Berlino, oggi Ungheria, Macedonia, Ceuta e Melilla, Bulgaria e Turchia. Ora Gran Bretagna e Francia. Due Paesi quanto mai simbolo di un sogno europeo che si infrange.

Quattro metri di altezza per due chilometri di lunghezza e un unico fine: blindare la “giungla”. Questo il nome scelto per la mega tendopoli sorta a Calais (Nord della Francia), sgomberata in parte lo scorso marzo e già tornata quasi a doppiare il numero di allora.

Si parla di circa diecimila persone accampate, provenienti per lo più da Africa e Medio Oriente. Circondate da un recinto di rete (come le bestie), che per il tratto che costeggia l’autostrada sarà sostituito da un muro di cemento armato.

Oltre due milioni di euro (si stima 2,7 milioni) per respingere, cifra inclusa in un pacchetto più ampio, che ammonta a 20,2 milioni stanziati da Londra per rafforzare le strutture anti-migranti. Londra, e la sua Brexit dettata (anche) dal voler respingere da sola, dal non voler sentir parlare di quote d’accoglienza.

Continuano le politiche cieche che palesano, ancora una volta, la fragilità dell’Europa (la Francia, lo ricordiamo, è Paese fondante), l’incapacità di dar vita a una politica unica, la miopia di chi spera di difendere prima di tutto sé stesso, senza rendersi conto che nessuno si salva da solo, e il conto della mancata accoglienza sarà quanto mai salato, domani.

Domani che non è lontano, che è un oggi prossimo, un oggi che non ha imparato nulla dalla recente visita a Ventotene, nulla del grande disegno di una federazione europea, tanto sognata da Spinelli e compagni.


Fonte: ComboniFem - Newsletter Suore Comboniane