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Salvataggi in mare, ASGI: il codice di condotta è un atto pericoloso che mina l'efficacia delle attività di soccorso. Il Governo italiano riveda la sua linea politica

ASGI sul codice di condotta : non è un atto avente valore di legge, ma solo una proposta di accordo, dove il necessario coinvolgimento paritario delle parti è clamorosamente mancato. Non sarà legittima alcuna reazione del Governo nei confronti delle ONG non firmatarie se non nei casi e nei limiti già sanciti dalle norme nazionali e internazionali .

L'ASGI esprime grave sconcerto per le modalità di conduzione e di conclusione della vicenda relativa al cosiddetto codice di condotta per le ONG che effettuano i salvataggi in mare.
L'Associazione  evidenzia innanzitutto come diverse "disposizioni", contenute nel cosiddetto codice di condotta, pongano serie problematiche giuridiche relativamente al rispetto del diritto internazionale del mare, apparendo in contrasto sia con l'obbligo di garantire lo sbarco in un porto sicuro alle persone salvate, sia più in generale con gli obblighi derivanti dal diritto internazionale in materia di asilo, come sottolineato nell' analisi più generale già resa nota nei giorni scorsi dall’associazione.

L'ASGI richiama con forza l'attenzione del mondo politico e dei mezzi di informazione sui seguenti aspetti, rimasti largamente sottaciuti nel dibattito pubblico:

1) Parte rilevante delle proposte contenute nel cosiddetto codice di condotta appaiono del tutto superflue poiché si limitano a ribadire positive prassi operative già attuate da tempo da parte delle ONG che operano nel soccorso, dalla Guardia Costiera e dalle altre istituzioni pubbliche coinvolte.

Se si fosse voluto ulteriormente rinforzare dette prassi operative, allo scopo di migliorarle, sarebbe stato necessario attivare un effettivo confronto con le associazioni umanitarie. Confronto che invece è mancato. Anzi, le stesse ONG, che pure meritoriamente suppliscono in larga parte alle carenze del sistema pubblico dei soccorsi, sono state oggetto di un'incredibile campagna di discredito.

2) Il cosiddetto codice di condotta è stato presentato ai mezzi di informazione come una sorta di atto normativo, seppure alquanto atipico, tramite il quale il Governo intende disciplinare l’attività del soccorso in mare, in corso da anni sotto il coordinamento delle autorità legittimamente preposte, che però oggi viene presentata come se fosse avvenuta finora in modo del tutto disordinato e improprio.

Il punto nodale della questione risulta invece che il cosiddetto codice di condotta non è un atto avente valore di legge, né una disposizione regolamentare, emanata in attuazione di una norma primaria.Per di più si rivolge ad una pluralità di soggetti non gerarchicamente collegati con la pubblica amministrazione. Si tratta in sostanza, di una proposta di accordo, che, come tale, necessita quel coinvolgimento paritario delle parti che invece è clamorosamente mancato.

La mancata sottoscrizione, perciò, non può avere alcuna conseguenza giuridica: non sarà legittima alcuna reazione del governo nei confronti delle ONG non firmatarie se non nei casi e nei limiti già sanciti dalle norme nazionali e internazionali  .

3) Al di là della adesione o meno al cosiddetto codice di condotta, le organizzazioni operanti nel soccorso in mare dei migranti sono obbligate al primario ed esclusivo rispetto delle norme internazionali, di quelle di diritto interno e agli eventuali atti regolamentari di attuazione delle normative stesse.

Occorre evidenziare che in buona parte le motivazioni addotte dalle ONG per rifiutare la sottoscrizione della proposta di codice risultano ampiamente ragionevoli e condivisibili; in particolare il rifiuto della richiesta di non effettuare trasbordi da una nave all'altra (anche quando ciò è necessario per salvare vite umane durante la concreta operazione di soccorso) è del tutto doveroso e pienamente conforme agli obblighi imposti dalle norme sul soccorso. Parimenti la contestata opposizione alla richiesta di consentire sempre e in ogni caso la presenza a bordo del personale di polizia è del tutto comprensibile e giustificabile proprio in quanto l'attività di soccorso umanitario deve potersi svolgere in condizioni di piena autonomia, non essendo per nulla in contrasto con il vincolo della piena collaborazione, attiva ed indiscussa da anni, con le autorità investigative per l'individuazione dei trafficanti.

4) E' eticamente inaccettabile che il Ministero dell'Interno, abbia oscuramente prospettato gravi conseguenze nei confronti di quelle organizzazioni, tra le quali figura MSF, Premio Nobel per la Pace, che non hanno sottoscritto il cosiddetto codice di condotta.

5) Va ricordato che è illegittimo e può costituire grave violazione di legge anche penale impedire l'accesso ai porti da parte di una imbarcazione che trasporta persone soccorse in mare che hanno bisogno di supporto immediato legato alle esigenze primarie per la sopravvivenza e/o la tutela del diritto all'integrità psico-fisica.

L'ASGI rinnova il proprio profondo apprezzamento per l'operato eccezionale delle ONG e della Guardia Costiera italiana nel condurre le operazioni di salvataggio in mare e invita fermamente il Governo italiano a rivedere in maniera profonda l'attuale linea politica, tanto inconsistente sul piano della legittimità, quanto pericolosa nel creare smarrimento nell'opinione pubblica e nel minare l'efficacia delle attività di soccorso.

 

1 agosto 2017

 

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