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Un canto stupendo di fede e di pace

Omelia del cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, durante la celebrazione dei funerali di Padre Davide Maria Turoldo nella chiesa di S.Carlo al Corso in Milano l’8 febbraio 1992

Padre David, tu ci hai tanto profondamente insegnato a stimare il silenzio, in particolare il silenzio di Gesù: tu ci hai detto, stupendoci, che la vita di Gesù è stata avvolta più dal silenzio che dalla parola; tu ci hai esortato, di fronte al dolore di Maria per la morte del suo Figlio, a cantarlo nel silenzio:

Nessun profani il dolore e la morte :

non altro vi è di più caro nel mondo

che saper piangere il pianto dell’uomo,

essere chiesa così, del silenzio ! “

E il nostro, oggi, è anzitutto il tempo del silenzio, dell’affetto, della preghiera per te e con te, mentre siamo qui a rappresentare le innumerevoli folle di coloro che tu hai amato e che ti hanno tanto amato.

Un silenzio anche necessario perché risuonino soltanto le parole vere, quelle dei vangeli. Non a caso la liturgia ambrosiana, nella messa esequiale di un vescovo, di un presbitero e di un diacono fa leggere tre brani evangelici.

Nella prima lettura, la passione di nostro signore Gesù Cristo secondo Luca, dove ci viene raccontata la preparazione della vittima di Pasqua. E tutta la tua vita, caro padre David, è stata una preparazione alla Pasqua. In questo testo evangelico ti riconosci soprattutto in quella parola forte rivolta da Gesù ai suoi che discutevano su chi potesse essere il più grande:” I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo “(Lc 22, 25-26).

Tu hai sempre voluto farti vicino ai più piccoli, dare loro voce, metterti al loro posto, piangere, gridare, protestare per loro, amarli con tutto te stesso. Dunque ti riconosci in queste solenni parole di Gesù, che vengono lette di fronte alla morte: “ Io sto in mezzo a voi come colui che serve”(Lc25, 27 ). La tua vocazione ha voluto essere di servita e di servizio all’intero popolo di Dio, che oggi testimonia con affetto di avere avuto in te un servo fedele.

Nella seconda lettura, è stata proclamata una pagina del vangelo secondo Matteo, anch’essa per te: “ Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra” (Mt 27, 45 ). Buio che tu hai vissuto, hai cantato, nel quale sei penetrato lasciandoti macerare dalla notte. Forse per questo tante persone che erano nella prova, nella notte, nel buio, si sono sentite capite e confortate dalla tua capacità di essere pellegrino nella valle oscura, di non nascondere la sofferenza, i timori, le angosce, di vivere questa situazione dolorosa con e per tutti, con un sentimento di compassione profonda e universale, che non escludeva nessuno.

Sappiamo bene quale e quanta risonanza hanno avuto nella tua vita e nella tua poesia le parole di Gesù: “Elì, Elì, Iemà sabàctani?”, “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? “ (Mt 27, 46 ) !

Tu, padre David, hai sentito il silenzio di Dio, l’abbandono dell’uomo, l’urlo della disperazione presente in ciascuno di noi; e ci hai condotto per queste foreste oscure, con mano amica, tremante, perché tu stesso tremavi e temevi, ma con una fede incrollabile, che non sempre abbiamo saputo capire e valutare. Questa fede si è rivelata, nella tua ultima malattia, in tutta la sua forza, si è rivelata potente come le montagne della tua terra natia, terra dura, tenace. Ci hai insegnato e detto tanto, accompagnandoci nelle nostre notti e nelle nostre paure, e l’hai detto con affetto, con tenerezza, con dolcezza, con tutte le forme dell’amicizia umana che tu sentivi con indicibile profondità. E tanti di noi si sono riconosciuti in te.

Il terzo brano evangelico, che è stato proclamato in questa eucaristia, è quello della resurrezione. Dopo il vangelo della notte, il vangelo della pace : “ Gesù si fermò in mezzo a loro e disse : Pace a voi ! “ (Gv20, 19) . Tutta la tua opera poetica ha diffuso nel mondo un grande senso di pace.

Ti dicevo qualche tempo fa, consegnandoti un premio, che forse molti non hanno letto e non leggeranno le tante tue poesie e tuttavia un’immensa porzione del popolo di Dio ha cantato e canterà i tuoi salmi, trovando in questo canto la pace. E tu mi interrompesti dicendo: “Ecco ciò che mi piace, ciò di cui godo, ciò che mi fa contento!“.

“Pace a voi!“, ripete Gesù: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi“ (Gv 20,20).

Fa’, padre David, che noi sappiamo trarre dalla tua vita il senso della pace nelle tenebre, nell’oscurità, nello stesso dubbio e nell’angoscia: fa’ che la parola di Gesù, diffusa dai tuoi canti in tutto il mondo, sia colta come il tuo vero messaggio.

E’ difficile definirti, pur se qualcuno l’ha tentato: poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini.

A me pare che ciascuna di tali definizioni ti sia stretta, perché la tua individualità era prepotente e imprevedibile. Ma certamente la parola che tu ci vuoi lasciare è la stessa di Gesù quando, fermo in mezzo ai suoi discepoli, mostrò loro le mani e il costato, a significare quanto aveva dovuto pagare per renderli partecipi della sua pace. E tu hai sofferto molto per diffondere nel tuo canto, nei tuoi salmi, in tutta la chiesa, questo messaggio di pace!

Vorrei concludere ricordando una caratteristica fondamentale, distintiva della tua esistenza: l’affetto a Maria, il canto a Maria madre di Gesù, contemplata soprattutto nel mistero dei suoi dolori. Cantare a Maria lo sentivi come tua vocazione non solo di frate servita, ma pure come tua vocazione di cristiano. Lasciami allora ripetere almeno una tua parola carica di amore :

O Madre, nulla pur noi ti chiediamo:

quanto è possibile appena di credere,

e star con te sotto il legno in silenzio:

sola risposta al mistero del mondo”.

[Segnalato da: Angelo Levati]