• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Lettera aperta dei lavoratori dal confino NCA

Decidiamo di raccontare la nostra storia perché quello che sta accadendo a noi lavoratori NCA è veramente paradossale. Dopo aver trascorso gli ultimi due anni in cassa integrazione, per molti di noi praticamente ininterrotta, vedendo l'attività lavorativa in cantiere svolta da altri lavoratori, per lo più ditte appaltatrici, dopo esserci sentiti pubblicamente definire fannulloni da licenziare e dopo essere stati licenziati e sanzionati con assurdi pretesti e motivazioni ,oggi viviamo una situazione che la nostra dignità di lavoratori ci impone di denunciare pubblicamente.

Il 31 Dicembre finalmente siamo stati chiamati a rientrare in cantiere come sancito dall'accordo Ministeriale. Rientriamo in quello che dovrebbe essere il nostro luogo di lavoro, dove oltre che a guadagnare il nostro salario e il pane per le nostre famiglie, credevamo di tornare a svolgere quelle attività lavorative capaci di non farci sentire un peso per la società e per un Paese in forte crisi come l'Italia.

Credevamo insomma ,che pur con le difficoltà che hanno contraddistinto questi due anni di gestione di NCA da parte della nuova proprietà, tornati al lavoro ,avremmo potuto ricostruire quella dignità che in molti casi é stata calpestata. La realtà che abbiamo trovato invece si è manifestata in modo diverso con la nostra incomprensibile esclusione dai settori produttivi di NCA.

Ci siamo ritrovati confinati in una mensa che per molti anni è stata la sede delle nostre assemblee e teatro delle nostre lotte per il lavoro e la dignità; si confinati come reclusi, a far nulla per otto ore al giorno, con orari differenziati dai nostri colleghi che attualmente stanno lavorando, in modo da non poterci incontrare e confrontare neanche al momento della timbratura; costretti a guardare il cantiere attraverso una grata, come carcerati.

Per noi questo è intollerabile, umiliante e non siamo disposti a tacere questa situazione solo perché retribuiti, la nostra dignità sta nel lavoro che svolgiamo qualsiasi esso sia, non siamo un pacco da tenere in giacenza siamo prima di tutto uomini e donne e vogliamo essere pagati per svolgere il nostro lavoro.

Detto ciò ci permettiamo inoltre di avanzare alcune considerazioni: come può un azienda seria, consapevole di dover riassorbire tutto il personale dopo un percorso di due anni non avere organizzato un piano di rientr? Che futuro può avere un'azienda che paga 45 dei suoi 105 dipendenti per stare chiusi in mensa senza far nulla? Che imprenditore può permettersi di gestire in questo modo un cantiere che secondo gli accordi del 2012 doveva essere rilanciato e diventare un polo produttivo d'eccellenza della nautica?


Fonte: CGIL - Paolo Gozzani