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Eugenio Melandri. Una vita per la Pace, la solidarietà, la giustizia e gli ultimi tra gli ultimi |
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Scritto da Alessio Di Florio |
Venerdì 01 Novembre 2019 16:33 |
La commozione è volata sul web molto prima ancora che uscisse la notizia. E già questo moto spontaneo, questa commozione che ha fatto irruzione in una domenica d’Ottobre, è testimonianza verace. E’ morto Eugenio Melandri, una vita impegnato nell’attivismo pacifista, nella solidarietà, nella Chiesa degli ultimi. Un impegno politico svolto con totale dedizione e passione dal Parlamento Europeo all’assessorato (dal 2008 al 2010) a Genzano. Dove fu fortemente voluto da Armando La Fortezza. Scomparso sei anni fa nello stesso giorno, a cui è accomunato nello slancio generoso, nell’impegno totale e totalizzante. Nella lunga storia di Eugenio, dall’obiezione di coscienza alla solidarietà internazionalista, un momento fondamentale fu la fondazione di Senzaconfine. La prima associazione nel quale al pietismo e all’assistenzialismo, si sostituì una solidarietà, vera, concreta. Un impegno con, in cui le vittime, gli indeboliti, gli impoveriti, gli sfruttati diventavano protagonisti. In cui i migranti per la prima volta presero la parola, poterono affrontare le incombenze quotidiane e diventare soggetto politico. Era la fine degli Anni Ottanta, ma erano avanti anche all’attualità. Un’associazione autenticamente antirazzista e solidale, dove i migranti non sono oggetto di lucro e su cui calare il pietismo dei ricchi (o di chi si vuol arricchire) ma persone con cui costruire reti solidali, politica, conquistare diritti e costruire socialità, nella quale dopo la morte di Dino il testimone può straordinariamente raccolto da Alessia Montuori e oggi presieduta da Simonetta Crisci. Sono considerazioni oggi considerate banali e ovvie, forse persino superate visto l’atomizzarsi e la frantumazione di un tessuto di attivismo e impegno sociale e politico nei tempi dell’individualismo e dell’egoismo assurti a sistema, ma che precedettero i tempi. Un’associazione che Eugenio Melandri fondò e animò per tantissimi anni insieme a Dino Frisullo. Oltre che fondatore e primo presidente di Senzaconfine Eugenio è stato direttore di Missione Oggi e di Solidarietà Internazionale (un nome che è tutto un programma di vita, scrigno prezioso oggi necessario come l’acqua in un deserto senz’oasi) e fondatore dell’Associazione Obiettori Nonviolenti, tra i protagonisti di quella grande stagione pacifista delle Marce nei Balcani devastati dalla guerra. L’attenzione all’informazione alternativa, alla solidarietà con l’Africa e tutti i Sud del mondo è stata tra le bussole della sua vita. Associazioni come “Chiama l’Africa”, impegnata nella solidarietà dal basso con il grande continente, senza grandi padrini e motore di importantissime campagne sociali, lo hanno visto in primissima fila. Instancabile e mai fermo, sempre col cuore in fiamme per la passione e l’impegno verso gli altri. Una caratteristica che lo accomuna, tra i tanti, ad un altro grande protagonista di quella straordinaria stagione di associazioni, movimenti, campagne pacifiste e di solidarietà di fine Anni Ottanta-Anni Novanta, Dino Frisullo. E proprio le parole che Eugenio scrisse dopo la morte di Dino oggi possono essere dedicate a lui. Ti vestivi come i gigli del campo e ti nutrivi come gli uccelli dell’aria. Per te non cercavi mai nulla. Hai donato tutto. Senza tenerti niente. Neanche un momento di riposo, neanche una pietra dove poggiare il capo: “Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli il loro nido, ma il Figlio dell’uomo non ha dove poggiare il capo”. Giorno dopo giorno. Anno dopo anno. “Beati i poveri. Di loro e’ il Regno dei cieli”. Il don Luigi a cui fa riferimento Eugenio Melandri è don Luigi Di Liegro, scomparso nel 1997 e altro grande protagonista di quella straordinaria stagione romana e nazionale di solidarietà e politica dal basso. E fautore di una Chiesa altra rispetto alla mondanità, alla borghesia, ai potenti, alle trame di palazzo e al dominio sull’uomo e sull’ambiente. Quella Chiesa che è tornata ad incrociare nelle ultime settimane l’esperienza terrena di Eugenio. Era stato sospeso a divinis dopo la candidatura e l’elezione con Democrazia Proletaria. Dopo un primo incontro con Papa Francesco l’anno scorso nelle scorse settimane era stato riaccolto e di recente era tornato a dire messa. Un ritorno vissuto con emozione, commozione. E vera fede. Sicuramente molto più vera e autentica di alcuni che hanno ironizzato contro di lui, affermando che chissà se dopo 30 anni si ricordava come si saliva sull’altare, e hanno sparso veleno e fango contro il suo ritorno alla celebrazione eucaristica. Quello stesso veleno e fango che contro i potenti, nella società e nella Chiesa, gli affaristi, i corrotti e chi realmente sfrutta e deruba gli ultimi e gli impoveriti non faranno mai. Gli anawin, i poveri del Vangelo vero, autentico e di cuore che Eugenio Melandri ha incarnato anche nei 30 anni della sospensione, che un’occasione di riscatto e protagonismo stanno avendo anche grazie al Sinodo sull’Amazzonia che si è concluso proprio oggi. Un Sinodo che può dare speranza, dove le strutture di sfruttamento, dominio, devastazione e oppressione sono state denunciate con forza. In cui è risuonato forte l’impegno per il creato, per l’Amazzonia simbolo di tutte le terre (dall’Ilva e le tante terre dei fuochi d’Italia ai Sud del mondo saccheggiati dalle multinazionali) devastate dal capitalismo e dal profitto ad ogni costo. L’ecologia, la Pace, la giustizia, il protagonismo degli emarginati e dei poveri oggi sono centrali per la stessa permanenza della vita, per salvare una società che ha già superato l’orlo del baratro. E sono stati più che centrali nella vita, nell’impegno quotidiano e totale di Eugenio Melandri. La Chiesa di base, schierata contro i potenti e gli oppressori, quella che dalla Teologia della Liberazione ai “preti operai” e di frontiera in Italia ha sempre cercato una strada diversa rispetto alle gerarchie e ai palazzi, ha nel cuore quelli che il Vangelo definisce gli anawin. Gli ultimi tra gli ultimi, i più poveri tra i poveri, i più sofferenti tra i più sofferenti, le vittime più vittime che ci sono dell’ingiustizia. Potremmo anche dire i più piccoli tra i piccoli. Mentre il mondo si precipita oltre il baratro o si hanno loro nel cuore o non si è. E’ necessario sempre più lottare per lasciare questo mondo migliore e meno ingiusto di come l’abbiamo trovato e lo vogliono ridurre oppressori e potenti, senza timore. Perché la vera crescita e la vera libertà stanno nel combattere tutto ciò che rende un uomo schiavo e oppresso: analfabetismo, ingiustizia, degrado ambientale, sfruttamento dei lavoratori e delle classi sociali più deboli. Difendere la vita vuol dire ribellarsi contro tutto ciò che calpesta la vita stessa e la dignità. E’ il racconto della vita di Eugenio Melandri e ora il testimone deve essere raccolto da chi siamo rimasti. L’Italia, l’Europa, l’Occidente, tutto il mondo è radicalmente diviso da una profonda frattura, una sorta di gigantesca linea della palma (per dirla con Sciascia) e di classe, oppressione e ingiustizia. Da una parte la società e la Chiesa degli scandali finanziari, dei porporati che ancora oggi siedono a tavola con i potenti, i ricchi e gli oppressi mentre perseguitano chi non è allineato e desiderato dall’ipocrisia farisaica di chi vuol imporre una certa “morale”, ma rimangono in silenzio complici persino delle guerre, dei traffici di morte dei mercanti di armi e delle devastazioni ecologiche. Dall’altra la società e la Chiesa degli anawin, degli ultimi, dei deboli, degli emarginati dal Sistema capitalista odierno e dalla devastazione ecologica e sociale. Sono anni difficili, impervia è la strada. Se vincerà i primi o gli ultimi dipenderà anche da come raccoglieremo il testimone di padre Eugenio Melandri. Alessio Di Florio |