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La follia della guerra e dell'economia che alimenta gli armamenti |
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Scritto da Gino Buratti |
Giovedì 03 Marzo 2022 18:42 |
Quando si cerca di semplificare problemi complessi cercando scorciatoie non solo si imbroglia l'umanità, ma la si vuole danneggiare. Do per scontata la condanna contro l'invasione della Ucraina da parte della Russia per abbatterne il governo e modificare i confini e gli assetti geopolitici, e il fatto di considerare Putin un dittatore. Il punto tuttavia è come ci si pone dinanzi a questa crisi con una visione ampia e proiettata nel tempo (sarebbe meglio dire come ci poniamo senza ipocrisie di fronte a tutte le crisi, le guerre e i conflitti latenti esistenti: Yemen, Congo, Israele-Palestina...), come aiutare realmente l'Ucraina e l'Europa, come costruire relazioni di pace, come riportare la situazione in un quadro di dialogo e di confronto. Temo che la strada degli armamenti diffusi non vada in quella direzione, forse è più funzionale in generale a quell'industria militare che ha sempre fatto affari doro, non solo con Russia e Ucraina, ma con tutti i dittatori e dentro tutte le situazioni di conflitto esistenti. Il potenziamento dell'industria militare porta necessariamente a cercare di risolvere i conflitti con la guerra, in uno scontro tra apparati bellici. Così come il lasciare incancrenire i conflitti, relegandoli a qualcosa semplicemente di locale, porta come conseguenza l'arrivare ad un punto in cui sembra che non ci sia altra soluzione che quella armata. Il potenziamento dell'industria bellica rafforza il potere dei militari e della loro logica e cultura nel risolvere i conflitti semplicemente in un rapporto di forze e, sopratutto, ha contagiato tutta la politica italiana e internazionale. Le tensioni tra Russia e Ucraina esistono dal 2014, e nessuno degli stati interessati, ma nemmeno la comunità internazionale e, soprattutto l'Unione Europea, hanno fatto niente per trovare un punto di equilibrio che garantisse tutti e due gli stati e i diritti delle popolazioni che vi abitano. Anzi, in qualche modo, l'occidente ha operato per rendere ancora più difficile la situazione, con una politica espansionistica della NATO nell'est Europa che, di fatto, ha costituito un accerchiamento della Russia Purtroppo, per altro senza nemmeno una visione a lungo periodo, dobbiamo constatare come la politica europea, subalterna a NATO ed USA, abbia abbracciato la semplice logica militare, con le conseguenze devastanti che abbiamo davanti, che non sono quelle legate all'approvvigionamento energetico, ma sono legate all'assenza di visione e di prospettiva della classe politica europea. Così l'Unione Europea oltre alle sanzioni economiche, sicuramente fondamentali, ha deciso di inviare armi in Ucraina, perpetuando la solita logica senza essere capace di mettere in campo iniziative che escano dalla logica del distruttivo io vinco tu perdi, e rinunciando, proprio in una situazione in cui l'Europa – di cui fanno parte anche Russia e Ucraina - è coinvolta, al ruolo di soggetto che si propone come mediatore, ascoltando le ragioni e i torti dell'una e dell'altra parte, e proponendo soluzioni per cessare il conflitto e avviare una normalizzazione dei rapporti Inviare armi in Ucraina, estendere la NATO a tutti i paesi confinanti con la Russia significa muoversi nella direzione opposta e voler esasperare le situazioni perpetuando una prova muscolare tra i contendenti, che può fermarsi quando a capo degli stati vi sono figure moderate, ma che non ci garantisce niente se gli apparati militari o guerrafondai prevalgono. Avremmo invece proprio bisogno di un cuscinetto di stati non allineati che separi NATO e Russia, così come stati e zone di interposizione tra i vari paesi in guerra, aree che siano rappresentate e tutelate a livello internazionale dalle Nazioni Unite. Proprio le Nazioni Unite, in questo contesto, devono essere radicalmente riformulate, dandogli una rappresentanza democratica e dotandola di poteri di intervento di polizia internazionale di interposizione. Così come avremmo bisogno, più che di un'alleanza atlantica, di un dialogo e di collaborazione umanitaria tra tutti i paesi Europei, proprio per favorire distensione, cooperazione e collaborazione. In questo senso la scelta di distogliere una fetta del bilancio destinato all'apparato e alla ricerca militare verso apparati e ricerca di gestione nonviolenta dei conflitti è l'unica strada per dotare l'Unione Europea di forze di intervento non militare, attrezzate e preparate, che possano essere utilizzate proprio per intervenire nelle situazioni di conflitto per tempo, non quando ormai gli eserciti hanno iniziato a bombardare. Questo è l'altro punto, la pace e la convivenza tra i popoli la si costruisce con il tempo, con fatica, con mediazioni e con il dialogo... non è qualcosa che si improvvisa quando è scoppiata la guerra. Ma la pace non è una icona, uno slogan, un'aspirazione: è una condizione drammaticamente forte e indispensabile, incarnata nei corpi delle donne e degli uomini, fatta di scelte coraggiose e prospettiche che toccano i rapporti tra stati, i diritti, l'economia costruendo equilibri opposti ai disequilibri costruiti sulla minaccia militare. In questo quadro va costruito un terreno di confronto tra Russia, Ucraina, Paesi Europei, Unione Europea e NATO, che tenga conto delle legittime aspirazioni alla sicurezza di tutti. Per farlo però sono necessari molti passi indietro rispetto a dove ciascuno si è posizionato, ma anche mettere in campo realmente la volontà, non solo di far cessare il fuoco, ma di ragionare sulle ragioni di fondo del conflitto:
Gino Buratti Massa, 3 febbraio 2022 |