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Non abbiamo sufficiente paura della guerra nucleare?

Ho paura che, in questo conflitto, non funzioni la deterrenza nucleare.

Per essere più chiari, a differenza di quanto avvenuto nei lunghi anni della guerra fredda, il terrore di un'ecatombe nucleare non pare avere la forza di sollevare una grande reazione diffusa nell'opinione pubblica e nei governi.

Sto provando a darmi una spiegazione di ciò e mi sembra che ci siano alcuni elementi evidenti.

Uno di questi è rappresentato dalla trasfigurazione, dalla quotidiana metabolizzazione del dramma nucleare consumato dai media, e in particolare dai social, che stanno creando una sorta di abitudine all'utilizzo della stessa terminologia nucleare; si disquisisce tranquillamente di armi nucleari tattiche, di gittate e di altri orrori simili come se si stesse parlando di vicende di costume, di gossip e pettegolezzi.

E' in corso una vera e propria banalizzazione del male nucleare operata attraverso la privazione dei caratteri di gravità assoluta di un simile evento, condotta da un discorso pubblico che non ammette più la serietà, sacrificata alla spettacolarità in quanto tale: la guerra nucleare è un'ipotesi di dibattito inserita nel lessico favolistico dello show.

Penso che anche la continua rincorsa della notizia da parte dei media, con costanti accenti mirabolanti, e, soprattutto, la costruzione di una narrazione dove le minacce di Putin e le affermazioni iperboliche di Biden si mescolano agli "incidenti" avvenuti nella casa del Grande Fratello o alle traversie amorose di coppie celebri diano origine ad un senso diffuso di irrealtà, di astrazione che allontana dalla cruda verità dei fatti.

Semplificando molto i termini della questione, la paura del disastro nucleare, per avere presa, ha bisogno di visioni che contengano in sé un chiaro discrimine fra il vero, il verosimile e l'artificio; questa distinzione, oggi, sembra non funzionare più per il trionfo dell'artificio, a cominciare dal linguaggio politico.

Non è certo un caso che una delle voci più nette contro la guerra venga dal pontefice, dal capo della cristianità che esprime, ancora, una visione assoluto. Tuttavia neppure questo appello riesce a scalfire il culto dell'artificio che politica e cultura coltivano da tempo; un artificio che toglie valore reale ben oltre il fondamentale esercizio della relativizzazione.

Non abbiamo sufficiente paura della guerra nucleare perché siamo la prima società che crede nell'esistenza di una realtà virtuale in cui il nucleare è uno dei tanti argomenti di discussione per passare il tempo.

Post su facebook del 11 ottobre 2022