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Film-denuncia di Hana Makhmalbaf |
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Scritto da Gabirella Gallozzi |
Venerdì 16 Ottobre 2009 13:35 |
"Le donne in Iran sono come le molle: più le costringi e più salteranno in alto". Col capo coperto dal velo, ma verde, colore della protesta iraniana, è arrivata ieri alla Mostra del cinema di Venezia Hana Makhmalbaf, la più giovane della celebre famiglia di cineasti capeggiata dal papà Mohsen.
Fuori concorso ha presentato Green Day, scioccante documentario sulla repressione del regime di Teheran all'indomani del golpe che ha riportato al potere Ahmadinejad, nonostante i voti schiaccianti in favore del suo oppositore Mousavi. Girato in clandestinità e con molti video "rubati" col telefonino, il film ci porta attraverso l'entusiasmo della campagna elettorale, le strade ingorgate di auto, come da noi dopo le partite, con i sostenitori di Mousavi e poi attraverso l'orrore della repressione. Il corpo di Neda sanguinante, le bastonate dei poliziotti, le torture. "Sono 11.000 le persone imprigionate e violentate nelle carceri del mio paese", denuncia Hana. Gli stupri sono l'aspetto meno noto all'Occidente della violenza del regime. "Negli ultimi quattro anni - prosegue la regista ventenne - la vita di tutti noi è peggiorata. Siamo costretti ai sotterranei: l'arte, il cinema, la musica, tutto è sotterraneo perché la censura non permette più nulla. Il mio popolo è in ostaggio. Io sono in ostaggio". Fonte: "L'Unità" del 12 settembre 2009 |