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Riflessioni buddiste condivise

"Soprattutto dobbiamo capire qual è la relazione  fra di noi, per esempio fra me e il Buddha.
Se pensi che il Buddha sia una realtà totalmente avulsa,  senza alcun tipo di relazione con te, che tu ti trovi  quaggiù e il Buddha è seduto lassù, allora la tua preghiera  o la tua prosternazione non è reale, perché si basa  su una percezione erronea, la percezione di un sé separato. Una prosternazione fondata sulla percezione che il  Buddha abbia un sé separato dal tuo e che tu abbia un  sé separato da quello del Buddha può essere definita solo  un atto di superstizione.
Quando sei in piedi con le mani giunte davanti a  un'immagine dell'Onorato dal mondo, il Buddha, oppure  all'immagine del destinatario delle tue preghiere,  chiunque sia, devi compiere una visualizzazione.
Quell'immagine davanti a te, quella statua di ottone,  stucco, giada o diamante che sia, non è altro che un  simbolo; stando alle apparenze, quella statua esiste al  di fuori di te. Il Buddha però non è qualcuno che esiste  al di fuori di te. Dobbiamo essere capaci di visualizzare  la connessione che ci lega a quell'immagine.
Nel buddhismo una breve poesia o preghiera si chiama  gatha. Ecco l'inizio della gatha per la visualizzazione,  che si recita nella mia tradizione:  Colui che si inchina e colui al quale è rivolto l'inchino  per natura sono entrambi vuoti.
Significa che la natura di Buddha e la natura degli esseri  viventi è vuota. Questa idea, che colui che si inchina  e colui al quale è rivolto l'inchino siano per natura  entrambi vuoti, è una cosa che alcuni credenti cattolici  trovano stranissima; qualcuno ne rimane scosso. Come  può esserci una religione che osi dire al suo fondatore  "Tu sei vuoto, non hai un sé separato"? Ma "vuoto" (in  sanscrito shunyata) non significa che non ci sia niente,  significa "non dotato di realtà separata".
Tu e il Buddha non siete due realtà separate: tu sei nel  Buddha e il Buddha è in te. Questi semi di comprensione  possono trovarsi anche nella tradizione cattolica e  in tutte le altre religioni; il buddhismo, però, li esprime  in un modo molto chiaro e diretto: colui che si inchina  e colui che riceve l'inchino sono entrambi vuoti. Nessuno  possiede un sé separato. Dunque, per rispondere  alla quinta domanda, quando preghiamo noi buddhisti  rivolgiamo la preghiera allo stesso tempo a noi e a ciò  che è al di fuori di noi: non c'è alcuna distinzione.
In verità, praticando ci possiamo rendere conto che  siamo fatti della stessa sostanza di amore, consapevolezza  e comprensione di tutti i grandi esseri. Dio e noi  siamo della stessa sostanza; fra Dio e noi non c'è differenza  né separazione.
Quella della consapevolezza è un'energia reale, e ogni  volta che si applica un'energia si verifica un cambiamento:  per esempio l'energia del sole può cambiare la vita  sul pianeta terra. Il vento è un'energia e anche la nostra  consapevolezza è un'energia in grado di modificare la  condizione del mondo e delle specie umane. Per questo,  noi siamo in grado di pregare solo quando generiamo  l'energia della consapevolezza."  

(Thich Nhat Hanh, L'energia della preghiera, Milano,  Mondadori 2006, pp. 12-13)  

Potete leggere le riflessioni emerse fra gli Amici di Bologna leggendo il sito www.amicidelsilenzio.it

Fonte: news letter Ecumenici