• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Il richiamo del silenzio

Perché corri? Conoscete una domanda più attuale e allo stesso tempo inquietante di questa?
Le offerte della tecnica così a getto continuo ci impediscono di organizzare le nostre giornate: ci vengono incontro spontaneamente e questo ci impedisce la domanda di base: è veramente utile la nostra vita? I genitori che entrano di sera a casa pensano nel cammino i loro appuntamenti con i cellulari, i computer, la televisione, quindi sanno come evitare i quesiti dei loro figli. Forse hanno conservato un piccolo spazio di tempo per la cena comune che sanno sarà quasi del tutto silenziosa. Le domande abituali: che cosa hai fatto oggi? ti vedo con una faccia rabbuiata: che cosa è andato male?, o viceversa, è difficile che circolino nell'aria di questa cena. Certo, è arrivato un invito dalla scuola di partecipare a una riunione di genitori. Ma è ad un orario difficile. Ci andrai tu mamma, e speriamo che non si dilunghi per troppo tempo. Questo è un quadro normale di una famiglia attuale. I giovani devono contare su se stessi precocemente, organizzare il loro tempo e non trovano udienza ai loro racconti. Tutti siamo travolti da un tempo che ha una accelerazione completamente sconosciuta ad un'adolescenza non tanto lontana. Anche la Chiesa deve adattarsi al metodo di evitare le pesanti domande del passato: chi ti ha creato? qual è il fine della tua vita?. Sappiamo che gli incontri non hanno lo scopo di dialogare e di aprirsi l'uno all'altro. Un pensatore molto interessato allo studio di questo cambiamento delle abitudini sociali, avvenuto rapidamente alla fine della seconda guerra mondiale (1940 - 44), li ha riassunti in un piccolo libro dal titolo inquietante: La morte del prossimo (1). Oggi il tentativo della tecnica sembra indirizzato proprio alla distruzione della prossimità e a creare distacco e lontananza fra gli uomini. Non so se questa intenzione sia avvenuta per caso o se sia creata dall'illusione di allontanare i conflitti e le guerre che non sono mancate nel secolo passato. Più l'uomo ha degli oggetti che gli prendono il tempo, meno ha uno spazio per creare idee che facilmente diventano conflittive, perché ispirate a quello che lo stesso autore chiama hybris, piuttosto che da intenzioni di amore e di pace. Così evitando ogni prossimità, sembra di eliminare definitivamente i conflitti. Questa conseguenza appare presente oggi nella cosiddetta sinistra, dove regna l'incapacità di trovare unità sulla base di una dottrina comune. Per cui la politica sembra unicamente rivolta a proposte di progetti finanziari, le cui riduzioni mortificano aspetti essenziali della nostra esistenza come l'istruzione e la salute. Non voglio dilungarmi nel descrivere una società avvolta in un ritmo frenetico che difficilmente permette spazi alla riflessione e al silenzio. Piuttosto che fermarmi a pensieri pessimisti ho pensato di rispondere positivamente a questa domanda, parlando di due valori che potrebbero essere proposti dal pensiero laico e da quello religioso. Il pensiero laico potrebbe diffondere quei metodi del silenzio che oggi sembrano accettati e accettabili. Possono avere un'intenzione strettamente fisica di sollevare dall'eccessiva intensità le occupazioni quotidiane e dare alla salute e all'agilità del corpo un po' di attenzione. Ma potrebbero essere occasione di pensare alla domanda essenziale: qual è la ragione di stare al mondo? Queste iniziative, su cui non mi soffermo perché non ne sono competente, mi attirano per quell'invito al silenzio di cui noi religiosi potremmo usufruire. Vorrei presentare una metodologia religiosa assai diffusa nel tempo in cui cominciavo la mia attività di educatore e che la Chiesa pare non presentare tanto comunemente, distratta forse dalle prospettive inedite che i progressi della scienza possono produrre. Queste novità portano a rendere il meno possibile umani certi eventi naturali, come la nascita e tutto ciò che attiene alla trasmissione della vita. Mi riferisco alla meditazione, a cui ho avviato molti giovani di ieri che ancora sono guidati da questa abitudine. La Chiesa sembra adattarsi troppo ai metodi oggi comuni di convocazioni spettacolari piuttosto che alla formazione individuale. La meditazione non è in sé la preghiera, ma il fissarsi silenziosamente su un incontro di amicizia con un Soggetto che ha concluso la sua esistenza con una offerta di amicizia: non vi chiamo più servi ma amici. La grande riforma di Gesù che fu interpretata dai farisei come scandalosa e sovversiva, tanto da esigere da lui una dichiarazione di non essere venuto a distruggere la legge, era diretta ad agire sul cambio esistenziale del giovane. Non ho mai diretto la pedagogia, che ho adottato per essere guida di giovani, verso una pratica religiosa, che in poco tempo poteva diventare abituale e quindi quasi inevitabilmente abbandonata. Mi preoccupava soprattutto la scelta della loro esistenza, facendoli riflettere che questa poteva essere positiva, portando una dinamica di bene e di conquista di valori, oppure negativa e addirittura distruttiva. Mi viene in mente il titolo di un libro di Massimo Cacciari: Unde malum? e la risposta che mi sale spontanea e immediata: dall'assenza di una scelta che poteva dare all'esistenza futura un valore positivo. Non è possibile aspettarci dall'uomo la guarigione da quel tumore chiamato hybris che conduce fatalmente alla confusione, senza rispondere alla domanda di fondo sul valore dell'esistenza. Dichiaro di essere felice e gioioso di incontrare questi ottantenni che certamente non sono santi ma che hanno costruito una coppia aperta al dialogo e sono vissuti nella felicità di amarsi. Credo che sia terminata la stagione catechetica: abbiamo troppo insistito sulla razionalità e la dimostrabilità della fede, e non tanto sulla forza trasformatrice e orientatrice della stessa. Forse questa crisi della Chiesa, che appare nelle mostruose incoerenze etiche di coloro che vengono presentati come maestri e guide di esistenze, porterà finalmente a riflettere su questo squilibrio. Ho assistito ultimamente a una specie di disputa fra due pensatori, l'uno non credente e l'altro credente; nessuno dei due mi ha persuaso fino in fondo perché fino a quando il dialogo viene portato sulle differenze di opinioni, non potrà mai interessare la generazione giovanile. Finché il giovane non viene portato sulla scelta esistenziale, presentando con la vita gli effetti prodotti nell'educatore, credo che i nostri sforzi siano pressoché inutili. Ma del resto, cari sacerdoti e cara Chiesa, è vero che Gesù ci ha detto: andate, annunziate e istruite; ma credo che il valore essenziale del suo messaggio stia in queste parole: che vedano le vostre azioni e le vostre opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. Questo "glorifichi" lo interpreterei con la gioia piena di avere trovato un senso all'esistenza. Al richiamo al silenzio i giovani di oggi sembrano sensibili e io stesso ricorro a tutti i metodi per avvicinarli; ma vorrei nel silenzio mostrare loro delle luci che li possano guidare a una vita che abbia un senso, una meta chiara. Questo vivere serenamente e in maniera feconda è la prova di avere sloggiato tutte le angosce che provocano fallimenti nell'amore di coppia, nella cura dei figli e disinteresse totale verso le decisioni politiche, che pure hanno un'influenza diretta sulla pace e la giustizia.


1. Luigi Zoja, La morte del prossimo, Einaudi


Fonte: Anna Maria Vignali