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La fame nel mondo è aumentata. E' di quasi un miliardo, precisamente 963 milioni, il numero delle persone denutrite nel mondo, secondo il rapporto pubblicato dalla Fao "Lo Stato dell'Insicurezza alimentare nel mondo 2008": 40 milioni in piu' dell'anno scorso e 115 milioni in piu' rispetto al biennio 2003-2005. E l'attuale crisi finanziaria ed economica - avverte l'agenzia dell'Onu con sede a Roma - potrebbe far lievitare ulteriormente questa cifra.

Oh, non turbate il Santo Padre, che è vecchio e stanco. Ditegli che c’è un guasto nei ripetitori di Ponte Galeria e perciò nei palazzi vaticani per qualche giorno radio e televisori sono in black-out. Ditegli che c’è uno sciopero dei giornalisti di tutto il mondo e quindi non arrivano notizie. Fate che non sappia, insomma, quel che sta succedendo in Italia ai Rom: e cioè che, come molti non-papi e non-VIP sanno, da mesi gli "zingari", in Italia, vedono (e non soltanto a Ponticelli ma in molte città e paesi) i loro campi assaltati da facinorosi o rimossi, quasi senza preavviso, dalle "forze dell’ordine".

Pubblicato su “Notizie minime della nonviolenza”, n. 124 del 18 giugno 2007


Sappiamo che la realtà in cui viviamo, il capitalismo, di cui la globalizzazione è espressione, ha poco da offrire alla stragrande maggioranza dei popoli del Sud: vantaggiosa per una minoranza di persone, esige in contropartita l'impoverimento degli altri, in particolare delle società contadine, che costituiscono quasi metà dell'umanità.
Sappiamo che, su scala globale, la logica del profitto porta alla progressiva distruzione delle basi naturali della riproduzione della vita sul pianeta. Privatizzando i servizi pubblici, riduce anche i diritti sociali delle classi popolari.
Quello che troppo spesso ignoriamo, è che noi apparteniamo a questa realtà globalizzata da un lato come carnefici, dall'altro come vittime.
"Abitatori dei cosiddetti Paesi del benessere, non solo sappiamo di vivere una vita più agevole e garantita di quella della enorme maggioranza dei nostri simili, ma anche che questa nostra condizione deriva dalla sottrazione di risorse appartenenti ad altri popoli e alle future generazioni; e che questa rapina è continua e organizzata dalla progettazione di meccanismi che respingono enormi masse ai margini estremi del sistema in cui viviamo, li riducono a scarti della cosiddetta civiltà, a popoli in esubero, a serbatoi da cui trarre manovali di morte, soldati per le guerre imperiali, e regioni da trasformare in enormi discariche di rifiuti tossici. Noi siamo i consumatori, cioè i beneficiari di questo assetto mondiale, e del resto finiamo spesso per accettare come dogma la sua ideologia, per la cui attuazione, ogni tre o quattro anni, eleggiamo i nostri rappresentanti. E però, nello stesso tempo, noi sentiamo di appartenere al gruppo delle vittime. Dai mutamenti climatici alla distruzione dell'habitat, da una dura selezione di classe per cui aumenta la distanza fra ricchi e poveri, dalla parcellizzazione del lavoro alla sua delocalizzazione verso i Paesi dei bassi salari, dalla diffusione della precarietà nel mondo giovanile alle guerre fra civiltà che ormai travagliano enormi regioni, alla caduta di senso della vita, di un'etica forte e di una forte identità che reggevano - o sembravano reggere - le nostre modalità di esistenza sino a qualche anno fa, noi ci sentiamo spesso in balia di un'epoca che travolge buona parte del nostro assetto psichico e della nostra libertà" (Ettore Masina, da "Missione Oggi" dicembre 2006).

Carissimi, jambo!

É buio. È la notte del mondo. "Era notte", è scritto nel Vangelo di Giovanni per la notte del tradimento.
É la notte del fallimento del vertice dei gas-serra a Buenos Aires, è la notte di Falluja, è la notte dei poveri così come appare nei rapporti 2004 della FAO, dell'Unicef, dell'ILO.
È la notte del maremoto del sud est asiatico.
È la notte della democrazia italiana. È la notte di questa città, Napoli, che ha visto cadere quest'anno oltre 130 vittime della camorra. Da questa città, dai "bassi" della Sanità, uno degli storici quartieri insieme a quelli Spagnoli e di Forcella, vi giunge il mio incoraggiamento a resistere e a darvi da fare perché la luce splenda nelle tenebre. È un lento entrare il nostro (Fernando ed io) nelle vene della Sanità, della città, di questo splendido popolo napoletano che ci accoglie ogni giorno con tanta festa. È il popolo semplice, umile (questa è l'altra Napoli!) che ci fa sentire a casa nostra.
È qui che abbiamo vissuto il Natale, il Natale dei poveri e abbiamo scelto di celebrarlo con loro.

Giovane, sveglia, ora tocca a te!



Giovane, jambo!
Che la stessa colomba che Noè spedì dall’Arca in quel diluvio…ti porti questa mia lettera. Stiamo aspettando un nuovo diluvio, è un momento grave della storia umana. Abbiamo fatto la guerra contro l’Iraq. Ne usciamo tutti con le ossa rotte: l’Onu, l’Unione europea, il diritto internazionale…
L’attacco all’Iraq è stato visto dall’Islam come un aggressione al cuore del Dar el Islam, perpetrato dall’occidente Cristiano. Ci attendono nuove crociate, guerre di religione e un incremento di terrorismo e di fondamentalismo.
Questo mondo (di morte!) retto da un sistema economico-finanziario che permette a pochi, il 20%, di papparsi le risorse mondiali; per gli altri rimangono le briciole. Per il 20% più povero (i miserabili, oltre un miliardo di esseri umani) c’è solo l’1,4% delle risorse mondiali. Costretti a vivere con meno di un dollaro al giorno.

Notte di Natale

FERNANDO SILVA dirige l’ospedale pediatrico di Managua. Una vigilia di Natale rimase a lavorare fino a tardi.
Si sentivano già gli scoppi dei razzi, e i lampi dei fuochi d’artificio illuminavano il cielo, quando Fernando si decise ad andarsene a casa, dove lo aspettavano per la festa.
Mentre stava facendo un ultimo giro attraverso le corsie per vedere se tutto era in ordine, sentì d’un tratto un lieve rumore di passi alle spalle. Passettini di bambagia. Si volse, e vide uno dei piccoli pazienti che lo seguiva.
Nella penombra, lo riconobbe, era un bambino che non aveva nessuno. Fernando riconobbe quel viso già segnato dalla morte e gli occhi che chiedevano scusa, o forse chiedevano permesso.
Fernando gli andò vicino e il bimbo lo sfiorò con la mano:
«Diglielo... » sussurrò. «Di’ a qualcuno che io sono qui. »

Notte di Natale, di Eduardo Galeano da: Il Libro degli Abbracci - Sperling & Kupfer 2005