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Poche righe di cronaca, qualche ora di stupore e bestialità varie vomitate, e tutto scorrerà via. Ormai, chi se ne ricorda più? E chi si ricorda più di Ebrima Sanko? E chi dei 21, alcuni probabilmente iracheni o iraniani, che vagavano quasi 7 Natali fa nei dintorni della stazione di Vasto – San Salvo? Trovato aggrappato sotto un tir, è solo cronaca. Banale, lineare cronaca. Da leggere sfogliando il “giornale” al bar prima di passare oltre. Curdo imbarcato dalla Grecia, migliaia di chilometri aggrappato al telaio. E giù banalità e luogocomunismo vario. Magari prima di sentire in tivù che in Iraq è stata trovata un’immensa fossa comune di persone trucidate dall’ISIS.

Proprio quando la complessità e la drammaticità della realtà sembrano togliere la possibilità di guardare le cose in modo diverso, un film sull’immigrazione riempie i cinema e crea partecipazione.

È quello che è successo dall’uscita de L'ordine delle cose di Andrea Segre.

Questo era quello che auspicavamo, sentendo forte intorno a noi l’esigenza di immaginare un altro modo di affrontare la “gestione” del fenomeno migratorio, di ricostruire strumenti interpretativi e di intervento.
In 7 settimane il film è stato visto da quasi 50mila persone e in molti ci hanno cercato per porci una domanda forte e chiara: “E adesso cosa facciamo?”

Dopo la Germania e la Catalogna, con le elezioni in Austria di domenica scorsa altre nubi minacciose si sono addensate sui cieli d’Europa.

Quello che fa specie non è solo l’avanzata elettorale del partito protonazista di Heinz-Christian Strache, che ha conquistato il 26% dei voti, ma il fatto che il partito di governo, il Partito popolare, ha ottenuto un notevole successo elettorale rubando le parole d’ordine xenofobe al partito di estrema destra.

Nella campagna elettorale i partiti si sono contesi il consenso promettendo immigrazione zero ed espulsioni massicce di immigrati.

Come molti sanno, nell’ultimo decennio Riace, questo piccolo paese della costa jonica calabrese che conta solo milleduecento abitanti, è diventato famoso nel mondo e ha rivalutato l’immagine della Calabria: non più e solo terra di ‘ndrangheta, ma il luogo principe dell’accoglienza dello straniero. Finalmente una immagine positiva di questa regione di cui potersi vantare andando fuori per le strade del mondo. Quando nell’autunno del 2009 si celebravano a Berlino i vent’anni dalla caduta del muro, il grande regista Winnie Wenders di fronte a dieci nobel per la pace disse: «La vera civiltà, la nostra speranza come Europa io l’ho incontrata a Riace, un piccolo paese della Calabria». E quest’anno quando abbiamo letto la notizia che la famosa rivista Fortune aveva inserito il sindaco di Riace, Domenico Lucano, tra le cinquanta personalità più autorevoli della terra, in tanti abbiamo provato un sentimento di gioia ed orgoglio legittimo.