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Articolo di Anna Bravo pubblicato su "La repubblica" del 24 aprile 2006, e tratto da Voci e Volti della nonviolenza, n. 360 del 17 agosto 2009, del Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo.
Sono passati tre anni dalla pubblicazione del Sangue dei vinti di Giampaolo Pansa, un libro doloroso da leggere (e sicuramente anche da scrivere), che ha stimolato reazioni le più varie. Si è parlato del tasso aggiuntivo di violenza tipico delle guerre civili, del mondo di allora, delle stragi fasciste e naziste. Ma quasi mai si è puntato a una nuova sacralizzazione della resistenza simile a quella che negli anni sessanta e settanta aveva ribaltato il clima di processo ai partigiani del decennio precedente; e alle generalizzazioni in negativo non si è risposto con generalizzazione di segno contrario, come avviene con i temi più esposti all'uso pubblico della storia. Merito di molti fattori, a cominciare dalla caduta di tabù politici e storiografici innescata dalla fine della guerra fredda.

Era il 10 novembre del 44, me lo ricorderò fin che campo.

Sulla piazza davanti alla mia bottega, c'erano due partigiani armati che parlavano con dei giovani, all'improvviso arriva una pattuglia tedesca si sente dare ordini in quella lingua ,uno dei partigiani entra nella mia bottega ,io afferrò l'arma e la nascondo sotto il bancone e lo faccio uscire da una porticina laterale.I tedeshi, intanto avevano inseguito e preso l'altro e lo stavano trascinando via, i ragazzi che erano con loro riuscirono a scappare per andare a prendere le armi,per fermare i tedeschi.Ne venne fuori uno scontro terribile! Riuscimmo ,io con altri a portare, sotto ancora i colpi d'arma da fuoco, i feriti alla Pubblica Assistenza ,un locale dove erano sistemati dei letti, e una specie di pronto soccorso ,convinti che li non sarebbero entrati. Rimasi lì buona parte della giornata,ormai quasi buio credendo che la situazione fosse rientrata, uscii per tornare a casa.

Il 9 aprile di 75 anni fa l'impiccagione in un lager del teologo tedesco che si oppose ad Hitler.

“Solo chi alza la voce in difesa degli Ebrei, può permettersi di cantare in gregoriano”. Queste parole, risalenti al 1935, sono di uno dei maggiori teologi protestanti del novecento, Dietrich Bonhoeffer, impiccato nel lager di Flossenbürg il 9 aprile 1945 con l'accusa di aver partecipato all'attentato del 20 luglio 1944 contro Hitler.

In queste ore si è verificato un episodio gravissimo in provincia di Massa Carrara dove alcuni criminali hanno imbrattato con delle svastiche il monumento che ricorda la nascita delle formazioni partigiane non lontano da Fosdinovo. Un monumento nato cinque anni fa grazie a una sinergia di volontà (dall’Anpi alla Cgil, dalle cooperative dei cavatori di Canalgrande a quelle di Lorano, Gioia e Amia), dall’architetto Ricci (progettista), alla Scuola del Marmo. In tanti hanno voluto questo ricordo del sacrificio dei partigiani carraresi al bivio tra Campocecina e Fosdinovo.

Care cittadine e cari cittadini iscritti all'Anagrafe Antifascista,

intanto, vi ringrazio per aver raccolto il mio invito a sostenere questa iniziativa. Stiamo vivendo un periodo difficile per i valori in cui noi tutti crediamo e che abbiamo riassunto nella Carta di Stazzema, che, aderendo, avete sottoscritto. Ciò comporta un maggiore impegno da parte di tutti noi a far crescere ancora questa iniziativa. Siamo alla soglia delle 40mila iscrizioni e vorremmo proseguire: iscriversi all'Anagrafe significa contribuire a riportare nel dialogo quotidiano i valori di libertà, democrazia, legalità, merito, solidarietà che sembrano essere spariti dalla discussione pubblica e privata o svuotati dei loro reali significati.

Il fascismo cammina su due gambe: la violenza e il militarismo. Dunque l'antidoto è fatto di nonviolenza e antimilitarismo.

Basterebbe rileggere "Antifascismo tra i giovani" di Aldo Capitini per superare d'un balzo la tristissima polemica sul come esprimere lo sdegno dopo la strage di Macerata. Ricondurre la questione fascista all'agibilità della piazza da contendere a gruppuscoli di energumeni nazistoidi, ci ributta indietro di quarant'anni. L'estremismo nero anche allora era manovrato da poteri eversivi che hanno condizionato pesantemente la storia del nostro Paese (da piazza Fontana a Ustica).

Vespa dichiarò un tempo che il suo editore di riferimento era la DC, fu un gesto di coraggio, quasi da apprezzare, come segno di onestà intellettuale, ma non era quella. Infatti, con due articoli recenti, su La Nazione: “Sovranità limitata” e “Manganello sull’arte”, rivela come il suo editore di riferimento più propriamente sia Mussolini, il Duce. I due articoli sono un elogio del fascismo nel senso che vi si tessono le lodi del Duce grande statista, alla maniera che osò solo Fini, ricordando in più i giudizi di Churchill e Roosevelt. Il Duce creatore della settimana delle 40 ore, dell’IRI, dell’INPS, etc. delle colonie per i bambini, dei progetti per 147 città e dell’EUR, della bonifica pontina invidiata nel mondo, etc. etc.