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“Dobbiamo abbassare lo spread e il debito pubblico”. Questa frase,come un mantra, è entrata oramai nel nostro lessico quotidiano, tutti ne parliamo, anche più volte al giorno. E mentre la politica si dispera dietro al valore del danaro si perde sempre più di vista il valore della vita.

Sull’orlo del baratro del debito pubblico ci siamo spaventati e capendo che sarebbe potuto crollare tutto, in maniera sorprendente, non certo usuale ai ritmi politici italici,  abbiamo sostituito in un batter d’occhio Berlusconi con Monti. Ora abbiamo un  possibile salvatore della patria, e non possiamo che sperare. Sarà un governo di destra che ci chiederà purtroppo sacrifici, la cosa era nel conto di tutti coloro che come me non sono abituati alle chimere. Ma in ogni caso io mi accontento del cambiamento di stile, perché oltre alla oggettiva situazione di crisi, prima si soffriva proprio anche il voltastomaco che provocava danni alla salute.

Che cosa è cambiato nella borghesia dal «Manifesto» alla «Populorum progressio» ad oggi? Nulla
di Mario Pancera

Il 26 marzo 1967, papa Paolo VI pubblicò la lettera enciclica «Populorum progressio» in cui affrontava alcuni importanti problemi sociali: «Nella nostra società si è malauguratamente instaurato un sistema che considera il profitto come motivo essenziale del progresso economico, la concorrenza come legge suprema dell’economia, la proprietà privata dei mezzi di produzione come un diritto assoluto senza limiti, né obblighi sociali corrispondenti». Sono parole di oggi, potrebbe sottoscriverle – penso - anche papa Benedetto XVI.