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La prima è la catastrofe umanitaria. Secondo le ultime notizie giunte da Gaza, sono stati uccisi finora21.110 palestinesi tra cui8.800 bambini, 6.300 donne, 3111 medici e personale sanitario, 40 addetti alla protezione civile e più di 100 giornalisti; 7.000 persone risultano disperse, 55.243 sono state ferite, 92 scuole e università, 115 moschee e tre chiese sono state distrutte insieme a decine di migliaia di case, 23 ospedali e 53 centri medici non sono più operativi, 102 ambulanze sono state attaccate, l’intera popolazione è errante, Nemmeno è venuta meno la catastrofe in Ucraina e nel mar Nero.

La seconda catastrofe è quella del potere e dell’informazione in Israele, in Ucraina e in tutto l’Occidente.

Siamo arrabbiati, siamo spezzati.

Questo doveva essere un momento di gioia. Invece siamo in lutto. Abbiamo paura. Più di 20.000 uccisi. Migliaia sono ancora sotto le macerie. Circa 9.000 i bambini uccisi nel più brutale dei modi, giorno dopo giorno, 1 milione e 900.000 sfollati, centinaia di migliaia di case distrutte. Gaza, per come l'abbiamo conosciuta, non esiste più.

Questo si chiama annichilimento. Questo è genocidio. Il mondo sta guardando. Le chiese stanno guardando. Le persone a Gaza stanno inviando in tempo reale immagini del loro stesso sterminio. Forse al mondo importa, ma lo sterminio continua. Ci chiediamo oggi, può questa essere la nostra fede a Betlemme? A Ramallah? A Jenin? È questo il nostro destino?

Ci stiamo assuefacendo alla guerra, alle tragedie e alla violenza, in un vortice in cui siamo incapaci di abitare il senso critico e il dubbio, di porci delle domande.

Di questa degenerazione un buona parte di responsabilità ce l'ha l'informazione, ormai, fatte poche eccezioni, tutta a senso unico, incapace di descrivere la complessità delle cose e delle tragedie, rispetto alle quali non esiste un'unica tonalità per rappresentarle: informazione che riflette specularmente il degrado della politica.

L’Italia deve chiedere all’Onu l’immediato riconoscimento della Palestina come Stato membro delle Nazioni Unite e impegnarsi a fornire sostegno politico, operativo e finanziario all’attuazione del Piano “due Stati per due Popoli”.

L’Italia deve dire basta!E deve riconoscere lo Stato di Palestina.

Con immenso dolore vi annunciamo che nessun bambino nascerà quest’anno a Betlemme per Natale.

Intanto nessuna famiglia non censita o araba può spostarsi da Nazaret a Betlemme, perché tra questa città e Gerusalemme c’è un muro alto otto metri che non si può varcare senza un’attesa di ore attraversando check point presidiati da coloni agguerriti e dall’esercito.

A Betlemme poi, in mancanza di albergo, non si può andare a partorire in una grotta, perché c’è il rischio che essa sia allagata da pompe capaci di trasportare migliaia di metri cubi d’acqua dal mare, come si minaccia di fare nei tunnel di Gaza per uccidere quanti vi sono riparati, liberi o ostaggi che siano.

Condividiamo il documento proposto da Centro di Ateneo per i Diritti Umani A. Papisca, Comitato promotore Marcia Perugia - Assisi e Università degli Studi di Padova per il 29 novembre, Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese.
Il documento può essere consultato alla pagina web: https://www.aadp.it/edocman/palestina/doc3608.pdf

Walid Jumblatt è il grande vecchio della politica mediorientale. È stato amico e nemico di tutti. A vent’anni era il golden boy di Beirut con un castello dei crociati come casa di montagna, motociclette e ragazze mitiche. A 28 anni gli uccidono il padre e lui eredita il partito dei drusi. «Non si sceglie il proprio destino» è la sua frase più celebre. Sopravvive a un’autobomba. Kalashnikov alla mano attraversa la guerra civile. E ce la fa. Da qualche mese ha ceduto il Partito socialista progressista al figlio Tamayur.