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Pubblicato su “La domenica della nonviolenza”, n. 120 del 15 luglio 2007 (dal sito Danilo Dolci nell'Accademia del Villaggio Globale - teso disponibile anche nel sito Laboratorio maieutico toscano), riprendiamo il seguente intervento di Lamberto Borghi dal titolo "Un insulto alla coscienza pubblica" del 1956, di solidarieta' con Danilo Dolci.

Danilo Dolci è chiuso nella famigerata prigione palermitana dell'Ucciardone dal 2 febbraio. Vi è chiuso con cinque compagni che presero parte la mattina di quel giorno insieme con alcune centinaia di braccianti di Partinico al tentativo di aggiustare una quasi impraticabile strada di campagna nell'immediata periferia di quel comune. Le autorità di polizia hanno accusato Dolci e i compagni di avere effettuato una "manifestazione sediziosa", di essersi resi colpevoli di "reati di resistenza e di oltraggio alla forza pubblica", di "abusiva conduzione di lavori sul suolo pubblico", di "rifiuto all'ordine di scioglimento", e altre simili gravi infrazioni alla legge.
L'arresto di Dolci è stato un insulto alla coscienza pubblica e ha sollevato in tutto il Paese una vera ondata di indignazione e di protesta.
Ha suscitato la "questione morale" contro i metodi impiegati dal governo per far fronte alla implacabile inquietudine delle classi contadine meridionali causata da una intollerabile situazione di miseria e di abbandono.
Con la sua azione, assecondata involontariamente dalla polizia e dal governo, Danilo Dolci è riuscito a far convergere gli occhi di tutta Italia su Partinico, sulle Spine Sante, sul Vallone di Trappeto.
La sconfitta della polizia e del governo è resa evidente dal fatto di avere voluto fare apparire come un "agitatore" e come un violente Danilo Dolci che, con mezzi nonviolenti, metteva in rilievo la violenza della situazione esistente non soltanto a Partinico, ma in gran parte del Mezzogiorno.

La proposta gandhiana della nonviolenza di tipo satyagraha costituisce una rottura, una novità storica e culturale, perché è una proposta politica.
Nel corso della storia dell'umanità molte altre e molti altri avevano proposto con maggior o minore chiarezza la nonviolenza come scelta esistenziale, morale, sociale, giuridica: Gandhi ne ha fatto un progetto politico rivoluzionario adeguato alle condizioni del mondo contemporaneo.

[Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 ottobre 2006]

Nel 1969, mentre preparavo la tesi di laurea sul pensiero politico di Gramsci, il relatore mi suggerì di "dare un'occhiata" ai libri di Hannah Arendt, usciti negli anni precedenti. Capii ben poco di Vita activa, fui moderatamente interessato da Eichmann a Gerusalemme e liquidai come propaganda Le origini del totalitarismo. Lessi le tre opere come manifestazioni, qua e là interessanti, di un pensiero sostanzialmente conservatore.
Questo era il clima prevalente nella sinistra dell'epoca. Come è noto, in meno di vent'anni il giudizio cambiò. Il tentativo di omologare Hannah Arendt a una riscoperta del platonismo conservatore (Leo Strass, Eric Voegelin) durò lo spazio di qualche convegno accademico. Venne invece alla luce una stratificazione filosofica complessa - un pensiero che partiva da Heidegger per superare l'impoliticità di Sein und Zeit - e soprattutto si scoprì una lucida teoria dell'agire politico che suscitò un certo entusiasmo perfino nel marxismo più innovativo. Prima che sensibilità diverse (letterarie, femministe) accrescessero la varietà delle letture, Vita activa fu per molto tempo il testo centrale per l'interpretazione di quella che era ormai considerata figura centrale del pensiero politico novecentesco.

Tratto da "La domenica della nonviolenza", Numero 68 del 9 aprile 2006.
Da "A. rivista anarchica", anno 33, n. 294, novembre 2003 (disponibile anche nel sito www.arivista.org). Dalla medesima fonte riprendiamo anche la seguente scheda sull'autore di questo intervento: "Francesco Scotti, medico e psichiatra, dal 1967 ha lavorato nell'ospedale psichiatrico di Perugia; è uno dei protagonisti del rinnovamento e della trasformazione dell'assistenza psichiatrica in Umbria. Le sue ricerche sono collocate al di fuori di ogni ambito accademico, un pò per sua scelta, un pò perché nessuna accademia l'ha voluto. Si è occupato di organizzazione e valutazione dei servizi, di osservazione diretta, di psicoterapia dei pazienti psicotici"

Tratto da “La domenica della nonviolenza”, numero 68 del 9 aprile 2006.
Da "A. rivista anarchica", anno 33 n. 294, novembre 2003 (disponibile anche nel sito www.arivista.org).

"Se qualcuno mi domandasse: 'Ivan, che cos'è che ti potrebbe stimolare di più nel prossimo anno e mezzo?' - è questo il tipo di orizzonte nel quale inquadro la mia vita - risponderei che mi piacerebbe convincere un certo numero di persone a riflettere più su come gli strumenti influiscano sulla nostra percezione che su ciò che possiamo fare con essi, a indagare su come gli strumenti modellino la nostra mente, come il loro uso modelli la nostra percezione della realtà ben più di quanto noi si modelli la realtà applicandoli o utilizzandoli" (Ivan Illich)
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