La crisi vista dalla Casa di Accoglienza: report 2° semestre 2012 (abstract)

Generalmente è abitudine dell'Associazione fare un bilancio annuale in relazione all'attività della Casa di Accoglienza di via Godola, a Massa, per monitorare i cambiamenti delle domande di aiuto che vengono rivolte alla nostra struttura.

Tuttavia quest'anno percepiamo la necessità di fare uno riflessione su questo primo semestre del 2012, avendo avvertito il manifestarsi di alcuni cambiamenti che, a nostro avviso, possono essere significativi.

Ovviamente, proprio per la dimensione contenuta dei numeri e per la limitatezza del periodo osservato non ci sentiamo di ipotizzare l'evolversi di un trend, ciò nonostante, i segnali che emergono devono, a nostro avviso, essere valutati, come indicatori dell'amplificarsi delle situazioni di povertà e di marginalità.

Osservare le dinamiche che portano persone a chiedere ospitalità alla Casa di Accoglienza può essere un punto di vista, sicuramente parziale e limitato, per porre attenzione sulle situazioni di povertà estrema, interrogandoci su quali iniziative sono possibili per immaginare una città accogliente.

La “crisi” vista con gli occhi della Casa di Accoglienza

Verso la fine dello scorso anno avevamo avvertito un significativo aumento, tra gli ospiti della Casa di Accoglienza,di persone italiane, spesso residenti nella nostra provincia o in quelle vicine, invertendo una tendenza consolidata che vedeva un incremento progressivo e costante dell'incidenza delle comunità dei migranti.

Non è certo nostra intenzione contrapporre italiani e migranti, ci preme solo osservare come questo segnale non possa non essere messo in relazione con la crisi economica e occupazionale che stiamo vivendo.

Per altro, se andiamo ad osservare i dati del 2011 possiamo notare come, mentre nel primo semestre l'incidenza degli ospiti italiani era del 20,47% (in linea con il dato annuale del 2010), mentre nel secondo semestre (nel quale, tenendo conto della chiusura estiva, siamo aperti solo quattro mesi), l'incidenza degli ospiti italiani era salita al 25,50%, dato che, nel primo semestre 2012, è salito al 35,96%.

Un elemento significativo emerge dai colloqui e dai racconti degli ospiti che per la prima volta si sono rivolti alla nostra struttura per chiedere ospitalità, a prescindere dalla nazionalità di provenienza.

La perdita del lavoro, spesso all'interno di una crisi di legami familiari, diventa frequentemente l'elemento scatenante del progressivo precipitare nella povertà estrema, con l'inizio della frequentazione di tutti i servizi a bassa soglia (mense per poveri, dormitori...), un girone infernale dal quale è difficile uscire fuori, se non supportati da una rete di relazione e da politiche indirizzate verso gli ultimi.

Non è un caso che il 55,90% degli ospiti abbia un età compresa tra i 40 e i 59 anni, l'età sulla quale la crisi che stiamo vivendo si abbatte con estrema violenza.

Un ospite che, in qualche modo, rappresenta nella sua drammaticità questa situazione è quel signore 55enne proveniente dal cunense che, dopo aver perso il lavoro, con provabilità quasi nulla di trovarne un altro, ha deciso di andare a piedi a Roma a portare un documento al Presidente della Repubblica, raccogliendo, in ogni tappa del suo peregrinare, attestati di solidarietà, sia dagli ospiti di quei dormitori che lui non aveva mai frequentato, sia da parte di lavoratori che si trovavano nelle sue condizioni.

Questa figura è una rappresentazione dei volti di questa crisi, ma anche della voglia di non rassegnarsi.

Ma molti altri ne abbiamo ospitati, siano essi stranieri o italiani, che si sono visti costretti, a causa della perdita del lavoro e della inadeguatezza delle politiche sociali, a dover vivere “l'umiliazione” di dover ricorrere ai nostri servizi, ultima spiaggia in un deserto generale.

Troppo spesso descriviamo questa crisi, ma anche le stesse politiche adottate per fronteggiarla, con numeri, diagrammi... spread... quasi nascondendo come dietro a questa crisi e alle scelte adottate ci sia il dramma di volti, di persone e di famiglie... molte delle quali si vedono costrette a iniziare, per la loro prima volta, a frequentare le nostre mense e i nostri dormitori.

Siamo capaci di leggere la loro disperazione e la loro fatica? Siamo capaci di comprendere come certe scelte politiche stiano aumentando le disuguaglianze e il numero delle persone che si trovano in povertà, senza offrire loro una speranza di cambiamento?

Particolarmente significativo è l'incremento delle donne italiane, che rappresentano oltre il 50% del totale delle donne ospitate nel primo semestre 2012.

Essendo il numero delle persone che possono essere ospitate limitato (massimo 9 persone, per un periodo non superiore a cinque giorni), nel primo semestre 2012, specularmente al progressivo incremento degli ospiti italiani, osserviamo una diminuzione significativa di persone romene ed un incremento di persone del Marocco.

La politica sempre praticata alla Casa di accoglienza è quella di non fare distinzione di nazionalità nell'ospitare, dobbiamo tuttavia registrare una sorta di livellamento, come se la spinta esercitata dalle diverse nazionalità si stesse in qualche modo equilibrando.

Non siamo in grado di dire se questo cambiamento rappresenti o meno una inversione di tendenza, siamo però in grado di percepire come questa mutazione sia strettamente collegata alla crisi che stiamo vivendo e alla mancanza di risposte politiche che vadano nella direzione di rispondere a questa domanda di aiuto.

Dinanzi a tutto questo, come già sottolineato nelle riflessioni fatte all'inizio di quest'anno, emerge con tutta la drammaticità l'impotenza e l'inadeguatezza delle nostre strutture a fronteggiare una domanda di aiuto che ci trova spesso impreparati, ma anche molto soli.

Le annotazioni precedenti trovano una ulteriore conferma se andiamo ad analizzare i dati relativi alle persone che, per la prima volta, hanno chiesto ospitalità alla Casa di Accoglienza. Sebbene non si sia notata una variazione significativa sul numero delle persone che si sono rivolte per la prima volta alla casa di Accoglienza, induce qualche riflessione il progressivo incremento dell'incidenza degli italiani, in particolare delle donne.

Come già sottolineato precedentemente altrettanto preoccupante è il fatto che la fascia di età più presente alla Casa di Accoglienza è quella 40-59 anni, con un incremento significativo delle donne appartenenti a questa fascia.

Si tenga inoltre presente che il 50,75% delle persone ospitate la prima volta ha una età compresa tra i 40 e 59 anni, di queste il 50% sono italiane.

Dinanzi alla drammaticità di questa crisi e alle domande di aiuto non possiamo non percepire la nostra inadeguatezza e al tempo stesso il timore che, in assenza di scelte politiche “altre”, che pongano al centro veramente chi è espulso da ogni barlume di dignità di vita, il conflitto sociale che si determina verrà scaricato sulle nostre strutture, alimentando una guerra tra poveri che ci vedrà tutti sconfitti.

La crisi e le realtà che si rivolgono a noi esigono risposte diverse, che non amplifichino la disuguaglianza sociale, come invece sta avvenendo.

Togliere risorse agli Enti Locali, significa veramente spingere queste persone nel baratro verso il quale già si stanno dirigendo.

 

Conclusioni

Dinanzi alla perdita di lavoro e al conseguente problema di alloggio che si determina occorrerebbe muoversi in una direzione opposta a quella scelta: rafforzare la possibilità di intervento delle politiche sociali nei territori, investendo risorse in queste, non sottraendole.

Perché anche cercando di attenuare questo precipitare in povertà è possibile, in qualche modo, contenere il debito pubblico, e gli ulteriori costi umani ed economici che inesorabilmente esploderanno.

Ci spaventa la miopia di certe politiche, incapaci di decifrare quello che tra poco tempo potrebbe accadere.

Per rispondere a questa domanda di aiuto dal prossimo anno, da novembre a marzo, sperimenteremo una interruzione di un solo mese, rispetto ai due attualmente previsti, tra un periodo di ospitalità e l'altro, continuando a dare la precedenza alle donne, ai minori accompagnati, agli anziani e ai dimessi dagli ospedali, pur sapendo che questa scelta è di per sé insignificante rispetto alla fatica e al dolore che quotidianamente ci viene urlato, anche magari con toni rabbiosi.

Ma è con questa rabbia che dobbiamo fare i conti... e vorremmo che di questa rabbia il territorio intero, il paese intero, se ne facesse carico, non semplicemente per demonizzarla ed emarginarla ulteriormente, ma per cercare una via di uscita.


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