La cultura di Totò

Nel film di Steno, del 1962,  “I due colonnelli”, Totò è il colonnello italiano Antonio Di Maggio, mentre Walter Davis Pidgeon è il colonnello inglese Timothy Henderson. L’azione si svolge sul fronte greco a ridosso degli avvenimenti del  25 luglio e dell’8 settembre 1943, per i quali un piccolo paesino passa dal controllo italiano, con un Totò dispotico,  a quello inglese e poi infine tedesco, e per cui i due colonnelli sono a vicenda uno prigioniero dell’altro.

Il film è famoso per il gesto dell’ombrello di Totò al colonnello inglese, per l’imitazione dei discorsi di Benito all’Inghilterra: “trasformeremo la vostra piccola isoletta di pescatori in una colonia marina per i figli della lupa”, per il discorso della “carta bianca” rivendicata dal maggiore tedesco Kruger cui Totò suggerisce di spazzarcisi il culo, per i “mortai vostri” riferito ai tedeschi, per la rivendicazione della sua personale strategia militare: “io non ammazzo neanche le mosche”.
Ma per me è assolutamente divino nel dialogo in cui Henderson ha il comando del paese e assicura a Di Maggio prigioniero un trattamento decoroso, secondo le convenzioni di Ginevra, tutto al contrario di come era avvenuto per lui. Al che Totò, rimane interdetto, ma poi se ne esce con un superlativo: “Ho capito lei mi vuol dare uno schiaffo morale … ebbene io l’accetto!”.

Quella di Totò è veramente una cultura superiore, che purtroppo però rimane solo nei suoi film. Vederla attuata nel dibattito culturale di oggi è infatti cosa davvero ardua, pensare poi che possa apparire e far parte della dialettica del mondo politico è davvero una vana speranza.

Nessuno oggi accetta uno schiaffo morale, tutti si credono chissà chi.

Pubblicato anche su "Il Manifesto" del 12 settembre 2012