"Facciamo da soli", il libro di Francesco Gesualdi

Ho letto un librino godibilissimo “Facciamo da soli”, di Francesco Gesualdi, Altreconomia edizioni. Il sottotitolo recita “Per uscire dalla crisi, oltre il mito della crescita: ripartiamo dal lavoro e riprendiamoci l’economia”. E’ un libro semplice ed offre anche dati economici, pur affermando giustamente che non contano. Dice la sua anche su un tema ostico e rivoluzionario come la rinegoziazione del debito pubblico, ma il suo succo sta nella parola d’ordine di avvicinare luogo di produzione e consumatore, il che rappresenta una profonda filosofia. Insomma è un libro importante, ed ha la grande dote di essere breve, meglio di un sunto è preferibile quindi una segnalazione e un rinvio diretto alla sua lettura.

Per gli amici ne tento comunque una sinossi metaforica.

Io ho capito che l’autore spiega che stiamo viaggiando su in treno superveloce, troppo! Chi c’ha venduto il biglietto ci indora che la meta è la società globale, fatta di sviluppo e crescita, benessere e ricchezza. Un mito, più propriamente un falso! L’unica ricchezza che porta il treno e quella ai suoi proprietari, oltre ai soldi del biglietto, ormai tutta la vita vi si svolge sopra, la vita che è permessa e che si riduce a comprare e usare cose che vi si vendono in carrozze fantasmagoriche allestite allo scopo. Io in verità non sono scemo, non ero cascato nella pubblicità e avevo comprato un biglietto non per la meta finale, ma per una stazioncina locale. Con mia sorpresa ho scoperto che hanno abolito tutte le fermate intermedie, non si può più scendere! Mi hanno spiegato che il biglietto nel tragitto è stato cambiato in derivato, e da derivato a derivato anch’io sono destinato alla società opulenta. Ho protestato che non rientra nei miei interessi. Mi han risposto che ormai abbiamo tutti un destino comune. La situazione è inverosimile. Il treno sta andando in un paradiso che io non ambisco. Buttarsi giù dal treno equivale al suicidio, va troppo veloce. Io ho anche minacciato di tirare il freno d’emergenza perché ciò che ho subito è anticostituzionale. Mi hanno detto che nell’emergenza la Costituzione è stata sospesa e che tirando il freno causerei un disastro ferroviario e la morte di milioni di persone, sempre per la faccenda della velocità.

Con altri amici passeggeri del mio vagone ho studiato la situazione. Guardando la planimetria della linea che conduce al benessere ci siamo resi conto che si sta approssimando un viadotto (una delle cosiddette grandi opere) la cui struttura è troppo debole per sostenere il treno perché il vettore sta moltiplicando in maniera incalcolabile il suo peso, in ragione del rapporto accelerazione/massa. Sappiamo quindi che il treno finirà in uno strapiombo, con danni incalcolabili per l’intera terra, come se fosse colpita da una gigantesca meteorite.

Ragionando abbiamo deciso che se il treno rallenta forse si può tentare di buttarsi fuori senza pericoli, occorre aspettare una salita, ce ne sono nel percorso, dalla direzione sono chiamati momenti critici. La crisi della velocità può essere il nostro momento di salvezza. Da salvati penseremo poi a come rimediare ai danni, ma prima bisogna appunto salvarci.

Il bello è che proprio ora stiamo affrontando un momento di salita, c’è chi dice di mettere carbone nella caldaia, o diesel nei serbatoi, insomma di non permettere un diminuzione della velocità, anzi operare per il suo incremento. Non fidatevi, sono solo persone che stanno facendo gli interessi dei proprietari del treno, e pronti a tal fine a consumare ogni energia combustibile della terra. Anzi all’opposto è il momento di coadiuvare la salita ed il rallentamento naturale, bisogna noi stessi consumare di meno, andare più lenti, e lasciare finalmente questo treno al suo destino, e noi riprenderci il nostro e scendere alle nostre stazioni, quelle scelte da noi, quelle collegate al nostro destino.

Io per esempio, scendo a Massa, in Toscana.

Ce n’ho d’avanzo.

Chissà se Gesualdi dirà che l’ho interpretato bene!


Massimo Michelucci