Iniziativa congiunta delle religioni universali

Venerdì 4 dicembre, manif. di musulmani e cristiani a Torino dalla parrocchia di via Chatillon alla moschea di via Sesia e circolo Banfo per una cena a couscous e dolci. Numerosa. Corteo con distribuzione di tante bandiere della pace del Sermig (diversa, separata, da quella comune a tutto il mondo, di sette colori).

Discorsi giusti, sinceri, appassionati. Preghiere nelle due religioni. I musulmani ripetono una sura (stasera la 5, su Abele e Caino), con poche loro parole spontanee. I cristiani leggono un brano di vangelo (Mt 5, amore dei nemici) e aggiungono più parole proprie. Interventi vari nel cortile della moschea, anche di rappresentanti civili. Manifestaz. trasmessa dal TG3, a differenza di altre altrettanto belle, ignorate.  
Giustificata in un intervento femminile musulmano la guerra di difesa (che è nel Corano 2,191 e altrove), ma è sempre meno giustificata nel cristianesimo attento alla nonviolenza (pur con tutta la pesante tradizione antievangelica della "guerra giusta" alle spalle).

La nonviolenza attiva è, sì, difesa (che è un dovere) ma con mezzi diversi e più profondi delle armi, che sono sempre un'illusione e controproducenti.

Impressione che i diversi gruppi musulmani, come le diverse iniziative cristiane, impegnate a mettere pace in questo momento, e a distinguere islam da fanatismo terrorista, siano diverse tra loro, non ben comunicanti, per diverse scelte di metodo, ma anche - pare - di posizioni e vicinanze politiche nel quadro italiano attuale.

Va bene, purché si pensi e si lavori su vie di pace. Pace anzitutto profonda, tra le culture e religioni.

In ciò non bastano più buone maniere e amicizie. Le religioni, per salvarsi dalla loro versione violenta (conquiste, crociate, colonialismi cristiani; guerre islamiche; guerre feroci di religione interne agli uni e agli altri), devono deporre la loro sicurezza, il credere di poter far da sé nella ricerca di Dio, di avere già tutta la verità, di essere superiori agli altri (anche se ci degniamo di trattarli bene). Un po' di silenzio buddhista su Dio farebbe molto bene alle religioni teologiche.

Ogni religione si relativizzi (non è scetticismo, ma è "non senza gli altri", sempre in relazione, nessuna autosufficienza). Imparare dagli altri, perché dialogo vuol dire "io non so tutto e imparo da te".

E' ben comprensibile che i musulmani, in minoranza e accusati di vicinanza ai violenti dalla barbarissima ignorantissima islamofobia, si difendano (ancor più e meglio che dopo Charlie Hebdo).

Ma, perché il mondo si salvi, occorre che le religioni (queste due, ma tutte), si parlino con umiltà, sempre, e non solo dopo casi di violenza "religiosa". Le religioni sono le "culture profonde" dell' umanità. Nonostante la secolarizzazione europea, contano ancora molto nell'orientare la vita.

Ma le religioni devono spogliarsi molto anche di se stesse: culti, testi, tradizioni, strutture, regole sociali, autorità e maestri: tutte cose utili, non perfette, ma non sono l'essenziale. L'essenziale è l'intima ricerca del bene entro il cuore di ogni persona, è l'aiuto al vicino bisognoso, è il perdono e la pace a chi ti ha fatto del male. Andiamo verso religioni della coscienza intima e seria, uscendo dalle religioni dei costumi, tradizioni, folklore, dogmi, strutture costrittive, persino abiti speciali.

La diversità è un bene, se le diversità si riconoscono in una unità universale più grande di ogni singola religione, della propria amata (o sopportata  a fatica) religione.

Questa maledetta "violenza religiosa" (non solo sotto il nome di Allah, ma anche del Dio cristiano) può essere una malattia dalla quale le religioni possono uscire più sane, più pure, più spirituali, più aperte, più costruttrici di pace profonda. Ma è un lavoro lungo, faticoso, difficile, paziente.

Dio è più grande di tutte le religioni, dei nomi che noi gli diamo, delle dottrine che facciamo su di lui, dei comandi che diamo a nome suo. Chi cerca Dio non lo possiede, e chi crede di possederlo lo riduce a un idolo, lo bestemmia. Dio ci aiuti tutti.

Enrico (vedete sorella Maria, qui allegato. Credo che dica una bella verità)

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1928 e 1932 Sorella Maria a Gandhi: l'invisibile chiesa. Sorella Maria, dell'eremo di Campello (1875-1961) scriveva a Gandhi:  «Io sono creatura selvatica e libera in Cristo, e voglio con Lui, con te, con voi, con ogni fratello cercatore di Dio, camminare per i sentieri della verità» (24 agosto1928). «Io sono riconoscente e in venerazione per la Chiesa della mia nascita e della mia famiglia, ma la chiesa del mio cuore è l’invisibile chiesa che sale alle stelle. Che non è divisa da diversità di culti, ma è formata da tutti i cercatori della verità» (11 luglio 1932).  Gandhi, per lei è «pietra miliare verso la vastità del Regno».

(Frammenti di un’amicizia senza confini. Gandhi e Sorella Maria, pro-manuscripto, Eremo di Campello sul Clitunno, 1991, p. 15 e 22. Si vedano anche, per conoscere questa cristiana, la sua corrispondenza con Primo Mazzolari e quella con Giovanni Vannucci, nelle edizioni Qiqaion della Comunità di Bose. Mio articolo in Lo Straniero n. 105, marzo 2009)