Le politiche educative attente al genere sono un’arma per combattere le diseguaglianze

Da tempo se ne parla. A scuola, nelle parrocchie, tra la gente per strada, nelle piazze. Spesso i toni sono discutibili, così come alcune argomentazioni. Per questo abbiamo deciso di affrontare anche noi questo tema: nel prossimo numero della rivista, troverete un articolo di Rita Torti, autrice di Mamma perché Dio è maschio?.

Nel frattempo, eccoci qui a scrivervi di… gender.

La questione sul genere ci accompagna sin dalla nascita, dal fiocco rosa o azzurro che mamma e papà sono soliti appendere alla porta per annunciare il lieto evento. Poi, accanto alle prime tutine, a differenziarci per bene arrivano i giocattoli: bamboline per lei, macchinette per lui; cucinetta e pentolini per lei, costruzioni e meccano per lui (a dire il vero, da un po’ di tempo a questa parte, esistono anche per bimbe: le miniature giocano in cucina, in giardino tra le piante, nella beauty farm, nel salone parrucchiera… della serie, costruire sì, ma solo cose di questo… genere).

Spesso questa schematizzazione delle attività femminili e maschili è riportata anche nei libri della scuola primaria, certo quelli più datati, ma pare ancora in uso in diversi istituti, di certo lo è nella pubblicità, dove è mamma quella che porta in tavola le pietanze e dove i pannolini sono diversi per lei e lui e non solo perché i bimbi sono fisicamente differenti, ma perché già da piccini vengono differenziati nelle ambizioni…

Insomma, la questione di genere ci circonda in ogni momento della vita. Il genere sì, ma il gender? Cos’è questa “benedetta” teoria del gender, pericolosissima per i nostri bambini e bambine, insidiosa nei programmi scolastici tanto da far parlare alcuni di “un’emergenza educativa”, che minaccia di diffondere l’omosessualità tra i banchi (ammesso poi che possa esser contagiosa…). Nel grande calderone gender ci si mette dentro un po’ di tutto, in particolare ciò che ha a che fare con la sessualità. Perché pare essere proprio questo il tema che fa “paura”, che non si vorrebbe affrontare con i più piccoli, salvo poi ritrovarsi davanti a gravi distorsioni dei rapporti tra i generi, alla non accettazione e discriminazione delle diversità da quel che “”così è per natura”. Come se l’educazione affettiva e sessuale si possa (o si debba) ritardare o peggio boicottare.

E allora: il Gioco del rispetto della scuola materna di Trieste viene raccontato come un incentivo all’esplorazione dei corpi tra bambini (solo in seguito, per chi ha tempo e voglia, si capirà che si tratta di tutt’altro); gli Standard per l’educazione sessuale elaborati dall’Organizzazione mondiale della sanità come incitamento alla masturbazione (il che, diciamolo, sembra assurdo solo pensarlo, ma poiché esiste il documento originale, invitiamo a leggerlo e segnalarci il passaggio – se ma lo troviate – dove questo incitamento avviene) e così via, perché oramai bastano le parole “genere” e “sesso” o “sessualità” per allarmare.

A volte in realtà è sufficiente molto meno: forte della teoria del gender, il sindaco di Venezia ha messo al bando 49 (avete letto bene, 49) libri dedicati all’infanzia, testi che vi sarà di certo capitato di leggere, perché diffusissimi in asili e scuole, biblioteche e case. Veri e propri capolavori della letteratura dedicata ai più piccoli, accompagnati spesso da illustrazioni bellissime, in cui, ad esempio, una pecorella viene allevata da un branco di lupi. Da una famiglia, diciamo, non convenzionale… e chissà che pensieri nella testa dell’infante!

C’è tanto davvero su questo tema del gender ma, fortunatamente, viviamo in un tempo in cui le informazioni sono facilmente accessibili. Per cui vi invitiamo a non fermarvi al sentito dire, a non sposare acriticamente quel che si dice, ma a leggere e affrontare (non sempre ahinoi è possibile) un sereno dibattito, forti delle fonti d’informazioni che esistono e del fatto che, oramai è dimostrato, le politiche educative attente al genere sono un’arma per combattere le diseguaglianze. Mai come questo tempo ne abbiamo bisogno. Il rispetto per le differenze, la conoscenza di queste, al di là di stereotipi e paure, può solo renderci una società migliore.