8 marzo: le donne nella Resistenza

La guerra di Liberazione ha visto una rivoluzione culturale di non poco conto, quella della donna italiana, che usciva dall’arretratezza nella quale il fascismo l’aveva tenuta.

Mussolini aveva predicato per vent’anni alle donne “la sottomissione e la bellezza” – così diceva lui – di stare a casa a fare la calza. “La donna è la regina del focolare”, diceva la propaganda fascista. Strana regina, di un focolare nel quale, in molti, troppi casi, non si garantiva neppure il pane.

In realtà, si sanciva in ogni legge l’inferiorità della donna! Non ha diritto al voto, sono escluse dall'insegnamento delle lettere e della filosofia, sono escluse dai posti di responsabilità di dirigenza scolastica, dall’amministrazione pubblica, dalla magistratura e, a parità di lavoro con gli uomini, hanno salari molto inferiori. Nonostante ciò, durante il ventennio, le donne hanno avuto momenti di ribellione e di lotta. Voglio ricordare soprattutto le mondine dell’Emilia-Romagna e del Novarese che rivendicavano le otto ore di lavoro (ricordiamo la famosa canzone “Se otto ore vi sembran poche”, perché lavoravano anche 10/12 ore al giorno), e alcuni scioperi delle operaie tessili e di altre categorie per migliori condizioni di lavoro e di salario. Anche durante il fascismo quindi, pur sotto un clima di paura, le donne non hanno sempre accettato supinamente la loro condizione di “inferiorità”, poi la guerra, i lutti, il razionamento dei generi alimentari, i bombardamenti che distruggono le case, le fabbriche. La guerra cambia un po’ le cose: gli uomini servono per le guerre. Le donne allora vengono impiegate in loro sostituzione in ogni campo: nelle scuole, nelle fabbriche, nell’amministrazione pubblica, nei servizi civili.

Iniziamo così a vedere per le strade le postine, le tranviere, le ferroviere; nelle campagne assumono la direzione delle aziende agricole. Arriva poi l’8 settembre del ’43. L’esercito è abbandonato a se stesso, i soldati scappano per sottrarsi al rastrellamento dei tedeschi che invadono le nostre città, e sono le donne che, rischiando, li nutrono,li aiutano, li nascondono, forniscono loro i vestiti affinché non si facciano individuare con la divisa che ancora indossano. Io credo che siano state proprio le donne a iniziare la Resistenza, col loro intervento di aiuto ai soldati, che rappresentò anche una reazione naturale, nemmeno forse organizzata, ma che servì senza dubbio a salvare migliaia di persone. Anche se purtroppo sappiamo che altrettante migliaia furono arrestate e mandate ai lavori forzati in Germania.

Seguì la Resistenza vera, la ribellione di massa delle donne, perché di questo si tratta.

Inizia da quel momento il risveglio, la presa di coscienza di un gran numero di donne di ogni strato sociale, di ogni idea politica e religiosa. E alla Resistenza partecipano in tante, numerose, in decine di migliaia, e svolgono tante mansioni.

Sono le cosiddette “staffette”, che contribuiscono in tanti modi. Combattono in montagna e in città, assicurano i collegamenti, il rifornimento di viveri, armi, medicinali, vestiario, la preparazione di documenti falsi, la ricerca di alloggi necessari per chi deve nascondersi, la diffusione della stampa clandestina. Ricordiamoci di un giornale che venne fondato e diffuso allora dalle donne della Resistenza: “Noi Donne” che esiste ancora oggi. Erano le donne che spesso dovevano scriverlo, stamparlo e diffonderlo, ed ebbe una funzione importante di orientamento e mobilitazione per tante altre donne. Le “staffette” si occupano, tra l’altro, della cura dei partigiani feriti, poiché non sempre è possibile ricoverarli in ospedale.

Si occupano dei contatti con le famiglie dei combattenti e dei carcerati. In definitiva le “staffette” hanno svolto varie e molteplici mansioni, che risultarono spesso decisive per la vita delle stesse brigate partigiane.

Mansioni in apparenza semplici, ma che in realtà richiedevano intelligenza, prontezza e attenzione, si correva il rischio dell’arresto, delle torture e della morte.

Alla fine della guerra, dai documenti del Ministero della Difesa, e vorrei citarli perché forse sono poco conosciuti, si hanno queste cifre e questi dati:

2.500 cadute o fucilate;

35.000 riconosciute partigiane combattenti;

20.000 patriote;

512 commissarie di guerra;

2.750 deportate;

2.653 arrestate e torturate;

19 insignite di Medaglia d’Oro al valor militare; numerose di Medaglia d’Argento;

70.000 furono le donne che aderirono e lottarono nei gruppi di Difesa della Donna

un’organizzazione che riuscì a mobilitare migliaia di donne nella Resistenza, per l’assistenza ai “Volontari della Libertà”.

Questa organizzazione unitaria di massa diede un grande aiuto alle brigate partigiane.

La prima conseguenza di questo grande e indispensabile contributo alla liberazione dal nazifascismo fu la conquista al diritto di voto, deciso dal governo del Comitato di Liberazione Nazionale, quando ancora la guerra non era finita.

Un diritto che non rappresenta un regalo, ma il giusto riconoscimento dell’insostituibile apporto fornito alla lotta di Liberazione. Abbiamo poi il 2 giugno ’46. Per la prima volta nella storia d’ltalia le donne votano, nel referendum “repubblica o monarchia”, e vince la repubblica! Abbiamo ragione di ritenere che siano state tante, soprattutto al nord le donne che hanno scelto la repubblica. Sempre nel 1946 si apre la fase costituente, l’assemblea di coloro che redigeranno la Carta costituzionale. In questa assemblea vengono elette 21 donne. La presenza delle donne nella Costituente, con alle spalle la partecipazione alla lotta di Liberazione e la conoscenza diretta della condizione femminile, è stata senz’altro decisiva nella formulazione degli articoli, nei quali vengono stabilite norme di parità tra uomini e donne. Ne cito solo alcuni, ma sarebbero più numerosi: l’articolo 3, che stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociali; l’articolo 37, sulla parità di salario tra uomo e donna; l’articolo 41, per l’accessibilità delle donne agli uffici pubblici e alle cariche elettive.

Ho citato solo questi tre articoli,ma nel complesso la Costituzione è la più grande conquista democratica e di libertà che gli uomini e le donne che hanno preso parte alla Resistenza hanno ottenuto per tutti gli italiani. E decisiva è risultata la presenza delle donne.

Ricordiamo le conquiste più significative del dopoguerra, in conseguenza della lotta della Resistenza, ottenute mediante lotte incessanti e con manifestazioni popolari unitarie.

Noi riteniamo che tutte queste leggi siano state anche il risultato della lotta nella Resistenza, perché già allora noi lottavamo per la libertà e la democrazia del nostro Paese, ma rivendicavamo sin da allora, per le donne, un avvenire diverso, una posizione uguale agli uomini, nella famiglia, nella società e in tutte le leggi. Seguì poi l’approvazione di altre leggi, che cito soltanto: sulle pari opportunità; le pensioni alle casalinghe; il divorzio; la tutela della maternità; l’interruzione volontaria della gravidanza, la legge 194 . Concludo il mio intervento dicendo che sappiamo, che in questo momento, sono in atto tentativi revisionisti per cancellare il passato, per rinnegare gli ideali della guerra di Liberazione e della Costituzione, pietre miliari su cui invece si dovrebbe marciare speditamente verso il futuro. Marzo 2008

Con questo intendiamo far capire che quanto abbiamo vissuto, sofferto, conquistato, non vada perso, ma diventi patrimonio prezioso per le generazioni future.

 

Onorina Brambilla Pesce, marzo 2008

 

Da Patria Indipendente n. 1/2010