Ordine del giorno dell'ARCI sull'Afghanistan

Il Consiglio nazionale dell'Arci ha approvato all'unanimità un ordine del giorno sulla missione italiana in Afgfhanistan.

Siamo una associazione pacifista e nonviolenta.
Ci sentiamo dunque pienamente coinvolti dal dibattito che attraversa le istituzioni, la politica e la società civile, mentre si avvicina il voto in Parlamento sul rifinanziamento delle missioni militari all'estero.
Crediamo sia nostro diritto e dovere giocare un ruolo attivo in questa situazione delicata. Siamo convinti sia possibile affermare una discontinuità nella politica estera italiana, iniziare a portare fuori il nostro paese dalle logiche di guerra e di scontro di civiltà che hanno caratterizzato gli ultimi anni di governo.
Recuperare un ruolo attivo di pace, di disarmo, di giustizia è un primario interesse per il nostro paese, immerso in un Mediterraneo sempre più devastato da tensioni e conflitti.
In questo quadro evidenziamo un risultato importante raggiunto in queste ore, per nulla scontato: la decisione del completo ritiro dall'Iraq in tempi certi. L'aspra discussione sulla missione afghana non può oscurare l’importanza di questo atto, che rivendichiamo come il risultato dell'impegno del movimento per la pace.
Sul coinvolgimento italiano in Afghanistan manteniamo il giudizio che abbiamo con coerenza espresso in questi anni. L'invasione Usa dell'Afghanistan è stata illegittima e illegale, operata fuori e contro il diritto internazionale. La missione militare Nato, a cui l'Italia partecipa, non gode di copertura Onu. Al contrario, la missione militare Onu risponde al Comando Strategico Usa.
Molto ci sarebbe da fare per aiutare la popolazione afghana, ancora una volta schiacciata tra l'occupazione e il fondamentalismo, ma non ciò che si prepara: il coinvolgimento delle truppe straniere in un nuovo conflitto aperto.
Continuiamo a credere che i soldati italiani, esposti sempre più a gravi rischi, andrebbero riportati a casa. Prendiamo purtroppo atto che oggi non ci sono le condizioni perché la maggioranza decida il ritiro unilaterale della missione. In questa situazione, non crediamo di poterci limitare a manifestare il nostro dissenso chiudendoci in una posizione di pura testimonianza. Crediamo invece sia possibile che il voto parlamentare produca scelte e strumenti capaci di segnare una discontinuità e favorire una svolta nel prossimo periodo.
Vanno cancellate le scelte che il Governo Berlusconi aveva in programma: non deve aumentare la presenza militare né essere modificata in senso offensivo, e non deve essere inviata nelle zone di maggior tensione.
Chiediamo che non si rifinanzi Enduring Freedom.
Chiediamo che sia sancito l’impegno a una verifica di tutte le missioni militari, alla luce della loro compatibilità col dettato costituzionale e con la Carta dell’Onu, prevedendo il coinvolgimento della società civile.
Chiediamo che il governo si impegni ad aprire nelle sedi internazionali e in sede Nato una discussione sull’Afghanistan, per una nuova strategia ispirata alla risoluzione pacifica dei conflitti.
Crediamo che, su questa base, si possa ottenere un risultato che, sia pur parziale, permetta al nostro paese di fare un passo avanti.
Per questo ci impegniamo nei prossimi giorni, invitando tutti e tutte - fuori e dentro le istituzioni - a fare altrettanto.