Il sovraffolamento carcerario umilia l'umanita' la rieducazione della pena

Le carceri italiane hanno battuto un nuovo, temuto, record: negli istituti penitenziari i detenuti sono arrivati 64.179, superando così quindi, la capienza tollerabile di 64.111 posti. La cifra, divulgata dal Sindacato autonomo di polizia penitenziaria sulla base dei dati statistici del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, rappresenta il numero più alto di detenuti presenti nelle carceri italiane nella storia della Repubblica.


Il significato simbolico di questa cifra è molto importante: i reclusi, oltre ad avere superato quella che eufemisticamente viene definita "capienza tollerabile", sono una volta e mezzo (148%) la capienza regolamentare.
Potrebbero sembrare solo aride statistiche, se non fosse che dietro ai numeri si celano uomini in carne ed ossa. Che pur avendo commesso un reato e dovendo scontare una pena, rimangono persone per le quali l'articolo 27 della Costituzione prevede che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".
Le cronache delle ultime settimane ricordano che la situazione è esplosiva. Le proteste, non sempre pacifiche e a discapito della sicurezza dei penitenziari a Como, a Venezia e a Roma ne sono il segnale. A Rimini, come ha denunciato recentemente Avvenire, in celle da quattro persone sono stipati fino a 12 detenuti, mescolando condannati e ancora in attesa di giudizio, sani con malati, in un carcere dove si contano 140 detenuti stranieri e 120 tossicodipendenti di cui 5 sieropositivi. Per non parlare dell'agghiacciante contabilità dei suicidi: ben 48 dal gennaio di quest'anno fino ad agosto, 18 in più rispetto ai primi 8 mesi dello scorso anno e 20 in più rispetto allo stesso periodo del 2007.
Si moltiplicano poi le azioni legali, favorite dalla recente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, che ha condannato l'Italia a risarcire con mille euro un detenuto bosniaco rinchiuso nel carcere di Rebibbia in condizioni giudicate di sovraffollamento. A Trento, ad esempio, 156 detenuti hanno dato mandato all'Associazione diritti dei detenuti di Roma di presentare una formale denuncia per venire indennizzati per il periodo di detenzione trascorso all'interno della struttura, dove sarebbero costretti a vivere "in una condizione che non può più essere definita accettabile" e in cui "i termini di vivibilità minimi non sono stati rispettati" (il Comitato per la prevenzione della tortura fissa in 7,5 metri quadri a persona lo spazio necessario, contro i 3,1 garantiti a Trento).
Di fronte a questa penosa situazione, il Ministro della Giustizia Angelino Alfano ha escluso nuovi indulti: "La via seguita per 60 anni è stata di 30 provvedimenti di amnistia e indulto. Servirebbe fare il trentunesimo?", ha affermato il ministro al meeting di Comunione e Liberazione. Lo stesso Alfano, sempre a Rimini, ha poi denunciato che un terzo dei detenuti è in attesa di giudizio ("possibili innocenti", li definisce il Guardasigilli) per via dei ritardi nei processi, cioè la prima emergenza della giustizia italiana. Ma il Ministro per ora ha pensato ad altro: il Lodo che rende immune dai processi che riguardano il Presidente del Consiglio, la stretta sulle intercettazioni, la riforma del Csm, l'indebolimento del ruolo dei pubblici ministeri. E per sviare, Alfano lancia la costruzione di nuove carceri. Rilanciando: "Perché l'Europa non ci assegna finanziamenti, invece di erogare sanzioni?", riferendosi al risarcimento al detenuto bosniaco. Già, la solita Europa cattiva che per l'attuale governo un giorno non deve intromettersi negli affari italiani e un giorno deve aiutare (ma non lo fa) l'Italia nelle sue magagne, come quella carceraria. Che Bruxelles, per bocca di un suo portavoce derubrica da emergenza a "gestione quotidiana del sistema di giustizia criminale dei singoli Stati membri". Sul quale, Trattati alla mano, le competenze sono nazionali. Alfano lo sa ma la "sparata" contro l'Europa alza un bel polverone e per questo paga sempre. Così come paga, in termini di propaganda, proporre il coinvolgimento dei privati nella gestione delle nuove carceri. A parte l'abominio etico di fare delle pene un business, prima di affidare a qualche costruttore amico l'edificazione di nuovi penitenziari, il Ministro pensi all'esistente: venti ali carcerarie ristrutturate e vuote e venti case circondariali inutilizzate. Magari con le guardie carcerarie a vigilare sul nulla. In Lunigiana ne conosciamo una da vicino.