Articolo 27 comma 3 della Costituzione Italiana: "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato."

Sono state le foto che la famiglia di Stefano Cucchi ha fatto mostrare che hanno presumibilmente permesso, appunto attraverso la vicenda di Stefano, di portare  al centro dell’attenzione la situazione delle carceri .
La notizia da sola non sarebbe stata sufficiente, e questo è già un motivo di riflessione.
Credo che le carceri siano nello stesso tempo il termometro della democrazia di un Paese  e il terminale incontrollabile di istanze pericolose.


Se una persona con incarichi istituzionali, e con la grave responsabilità che questo comporta, si permette di affermare che si può, che si "deve"  essere cattivi in certe occasioni e con talune persone, ecco che qualcun altro, può sentirsi in qualche modo autorizzato ad usare la forza bruta (e brutta) quasi come modalità di relazione.

Per me "cattivo" e "brutto" vanno spesso a braccetto e quello che noto è proprio un abbrutimento generale generato dalla cattiveria.

Oggi tra le letture della domenica c’era Efesini 5, e tra le altre parole mi sono segnato: "Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia, verità..." E noi viviamo un tempo di cattiveria, ingiustizia e menzogna. Perché forse parliamo superficialmente di radici non diamo i frutti sperati.

Per me "buono" e "bello" vanno spesso  a braccetto, la bellezza che salverà il mondo di Dostoevskij, che, come dice il poeta tunisino Nadir Mohamed Aziza non può essere circoscritta ad alcuni canoni accademici o esiliata nel silenzio dei musei o dei libri, ma una bellezza sparsa , come un polline, nei petali della vita , negli sguardi  e nelle parole, nel trascorrere della vita quotidiana. Una bellezza incarnata. E Aaron Appelfed, scrittore ebreo sopravvissuto alla Shoa, ribadisce "Chi può reprimere l’odio , la paura, le torture e le tenebre se non l’arte e la bellezza?".

Buono e bello è anche puntare sulla relazione significativa tra i componenti della comunità penitenziaria, cioè tra le persone detenute e le persone che a vario titolo si occupano di loro.

Buono e bello è arrivare a stare abbastanza bene, e in un carcere non si può stare bene a scapito di un altro, quando passa questa ipotesi nella società esterna , "dentro" si amplifica e si può arrivare a eccessi sempre più incontrollabili.

Allora cercare la bellezza è trovare la bontà, e cercare la giustizia, la verità e la bontà ci fa scoprire la bellezza e  (e ci rende più belli). E questo mi sembra un dovere irrinunciabile per chi professa una fede come quella cristiana e per chi motiva il suo impegno con l’esigenza di giustizia sociale.

Tutto ciò ritengo sia necessario per applicare il comma 3 dell’articolo 27 della Costituzione, mentre proseguendo con l’abbrutimento attuale (61 suicidi nelle carceri  al 31/10/09 contro i 42 registrati in tutto il 2008) stiamo rendendo inapplicato anche il comma 4 del medesimo articolo: Non è ammessa la pena di morte.

Edo Lavelli

Fonte: Padre Angelo Cupini, Comunità di via Gaggio