Casa di Accoglienza di Massa: report 2011

Non è semplice fare un bilancio di un anno di attività della Casa di Accoglienza, sopratutto perché stiamo parlando di sofferenze, di disagi, di marginalità, di fatiche... che non possono trovare soluzione nella nostra accoglienza temporanea1.

Raccontare la Casa di Accoglienza con dei numeri è “drammaticamente” riduttivo, a meno che non si faccia lo sforzo di pensare che ciascuna di quella cifra è la rappresentazione di volti, di vite, di sofferenze, di drammi reali e quotidiani.

Realtà queste che testimoniano quanto il nostro sistema sociale, l'organizzazione delle nostre città, siano pensate a tutela di chi ha sicurezze, diventando escludenti verso chi si trova nella marginalità e nella povertà.

Marginalità e povertà che iniziano a mordere, al di là dei numeri, persone e vite che un tempo potevano essere tranquille.

I dati numerici dicono qualcosa, ma sono le sensazioni, i racconti e le testimonianza che ci narrano come davvero la crisi stia esplodendo in tutta la sua drammaticità.

Una crisi di cui ne sentiamo parlare alla televisione, della quale leggiamo i numeri, ma che poi si incarna nella sofferenza e nella marginalità di chi è costretto a chiedere ospitalità a noi.

Non crediamo sia un caso il fatto che in questi ultimi due mesi del 2011 abbiano chiesto ospitalità alla Casa, ma anche ad altri dormitori vicini, persone locali (di Massa, Carrara, Pisa...), sui 48 anni, che si trovano in questa condizione dopo aver perso il lavoro, in una situazione di separazione... e vivono questo dramma senza nemmeno quegli strumenti necessari per sopravvivere sulla strada2, così come siano aumentati i migranti che si sono accostati alla nostra struttura dopo essere stati espulsi dal mondo di lavoro, ritrovandosi nell'impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno.

Con questa drammaticità e con la nostra inadeguatezza dobbiamo misurarci, sapendo che siamo chiamati a cercare di migliorare il nostro svolgere questo servizio, ma al tempo stesso dobbiamo essere consapevoli dei nostri limiti.

Nel 2011 abbiamo anche vissuto l'esperienza, per due settimane, dal 7 al 21 maggio, dell'ospitalità di 9 profughi dalla Libia, che ci sono stati inviati dalla Regione Toscana.

E' stata una esperienze significativa e bella, sia per le relazioni umane che si sono instaurate, sia anche per la stessa tipologia del servizio, che ha richiesto un “fare rete” tra moltissime associazioni, sia che operano con immigrati, sia di protezione civile, per garantire l'apertura della Casa di Accoglienza per l'intera giornata.

Un impegno e una scelta importante, sicuramente diversa dal tipo di servizio e di relazione cui siamo abituati.

Dobbiamo anche constatare come siano stati limitati i rapporti problematici con alcuni ospiti, che ci hanno portato a decidere per la sospensione per qualche settimana3 solo di tre persone, oltre ai tre che abbiamo sospeso perché coinvolti nell'inchiesta sulla prostituzione minorile4.

L'esistenza di situazioni problematiche non deve certo suscitare scandalo: la stessa violenza e aggressività che si respira nelle nostre convivenze, è presente inevitabilmente anche nella strada.

Sempre rimanendo nell'ambito della gestione, per quanto riguarda il problema delle “deroghe” alle regole, oggetto di molte discussioni con i volontari, dobbiamo constatare come le deroghe su 373 turni di ospitalità hanno riguardato 66 turni (3,83%), coinvolgendo 30 persone (21 con una sola deroga, 9 con due deroghe).

Di questi 66 turni assegnati in deroga, alcuni per motivi validi5 altri per errore:

Confrontando i dati con quelli degli anni precedenti possiamo tuttavia notare che nel 2011 il servizio è stato più attento alla concessione di deroghe.

Questa attenzione alle regole non è assolutamente un aspetto burocratico, è la necessità ci costruire una relazione non “buonista” con i nostri ospiti, al fine di non fare collassare la gestione della struttura.

E', altresì, una forma di rispetto e tutela per gli ospiti.

Per questo motivo le deroghe (spesso causate da errori al momento dell'accettazione) devono essere gestite con trasparenza.

 

Il tipo di servizio che offriamo non è risolutivo di niente, l'unica cosa che, tuttavia, riteniamo importante è quella del riuscire, secondo le attitudini e le modalità di ciascuno, a costruire una esperienza di relazione e di conoscenza, consapevoli che questa debba essere l'elemento centrale del tipo di servizio che offriamo.

In tale ottica, grazie ai volontari, siamo riusciti a fare turni serali abbastanza numerosi, che permettano, accanto al servizio di accoglienza e di preparazione della cena, la possibilità di dialogare e ascoltare quanti lo desiderassero.

E' stato lanciato anche l'obiettivo di raccogliere alcune storie dei nostri ospiti, per renderle pubbliche, con la loro pubblicazione (pur tutelando la privacy) e la eventuale rappresentazione in teatro, grazie alla disponibilità di Paolo Puntoni e della sua esperienza teatrale.

 

Può essere, davvero, l'occasione per dare voce agli invisibili che voce non hanno, e creare possibilità di conoscenza che possa scardinare il muro reciproco della diffidenza e del pregiudizio.

Uno sforzo quindi di far si che la nostra esperienza possa essere condivisa con il territorio, nel tentativo di offrire il nostro piccolo contributo alla lettura delle contraddizioni, in una prospettiva parziale e di parte, ma che sicuramente può essere utile per costruire una città a misura d'uomo.

Riteniamo infatti che sia assolutamente necessario assumere a livello culturale politico la consapevolezza che le pratiche inclusive non rispondono solo ai bisogni di chi viene escluso e messo ai margini del nostro sistema, ma risponde, direi quasi principalmente, a quel bisogno di sicurezza e di città a misura d'uomo che ciascuno di noi desidera: perché non è la fortificazione che genera sicurezza, ma le relazioni che riusciamo a sviluppare, che la politica può facilitare o annientare.

 

Riflettere sull'inclusione significa anche interrogarci su quante delle nostre azioni, amministrative, ma anche di semplici cittadini e associazioni, magari impegnati anche nell'ambito del welfare, sono di fatto "escludenti", finalizzate troppo spesso a mantenere inalterato lo status quo delle disuguaglianze, sulle quali non è possibile costruire nessun modello di territorio partecipato e solidale.


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Note

1 La casa di Accoglienza offre ospitalità per un massimo di cinque giorni, dal lunedì al venerdì, dopo di che devono trascorrere due mesi prima che la persona possa essere ospitata nuovamente, a meno che non intervengano situazioni particolari o segnalazioni di servizi sociali o associazioni.

2 Lo stesso coraggio che ci vuole anche per chiedere semplicemente un euro per un caffè, diventa una prova davvero complicata e umiliante per chi ancora non ne ha ancora trovato la forza.

3 Gli unici strumenti che adottiamo dinanzi ad atteggiamenti arroganti e violenti è la sospensione di una persona per un breve periodo oppure, in un caso particolarmente grave, la chiusura della casa per due settimane.

4 Non è nostra abitudine “fare attenzione” alla fedina penale dei nostri ospiti, ai quali non richiediamo nemmeno di essere in regola con il permesso di soggiorno, tuttavia, in questo caso però, solo per l'odiosità del reato, abbiamo ritenuto necessario dare un segnale forte.

5 Segnalazioni dei servizi sociali, motivi di salute, minori...