AVAA: relazione del presidente uscente - quinquennio 2007 - 2012

L’assemblea generale di oggi si svolge con due anni di ritardo. Non è dunque agevole raccogliere l’attività di un periodo così lungo, né è su questo aspetto che desidero intrattenermi.

Confesso però di aver provato una certa sorpresa mentre ricostruivo l’elenco delle attività e delle iniziative messe in atto: più numerose di quanto ricordassi; generate dall’ascolto di urgenze e problematiche nuove, più in linea con gli impegni statutari (cfr. artt. 3-6 dello Statuto, riportati in calce alla relazione) di quanto vivendole non ci fossimo accorti. Questi in sintesi i dati:


ATTIVITÀ – EVENTI DI RILIEVO DEL QUINQUENNIO 2007-2012

1. Servizi attivi:

2. Dal 2008 al 2010, nei mesi estivi, intervento di ristrutturazione della Casa di Accoglienza (grazie al contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Carrara)

3. Iniziative formative per soci e cittadinanza:

4. Impegno per la pace:

5. Costruzione di “reti” con altre Associazioni socio-culturali e promozione di iniziative comuni sulle tematiche della marginalità:

6. Collaborazione con Istituzioni:

I VOLONTARI

Aumentati negli ultimi anni, quasi tutti impegnati nel servizio alla Casa, sono oggi ben 71

CONSIDERAZIONI E  DOMANDE

L’ampio elenco di attività svolte e il numero elevato di volontari (noi non abbiamo mai distinto tra volontari e soci, assimilando le due figure) stridono con la ridotta partecipazione odierna (pochi ma … buoni, si dice in questi casi) e pongono delle domande che, come Esecutivo, abbiamo aperto da tempo, ma non abbiamo poi saputo approfondire né tradurre in suggerimenti operativi; anzi, la lettura stessa dei fenomeni non ci ha trovato sempre concordi.

Raccolgo alcune di queste domande, in forma dubitativa, a partire inevitabilmente da una mia ottica personale. Le consegno a questo confronto assembleare, auspicando che il prossimo Esecutivo possa farsene carico in modo più efficace.

Un primo limite è sottolineato proprio, paradossalmente, dall’elenco di iniziative. Esso dice che in realtà non abbiamo fatto poche cose. Il problema è che forse noi stessi non sappiamo valorizzare abbastanza (prima, durante e dopo) le esperienze che andiamo facendo: esse rimangono perciò episodi al margine della vita dell’Associazione, invece di rappresentare delle esperienze formative fondanti e costituire i motori propulsori capaci sia di rinnovare dall’interno i nostri cammini che di incidere significativamente sul territorio.

Dentro questa constatazione c’è forse un problema più complesso. Evidentemente io e quanti sono oggi i volontari più anziani e i fondatori dell’Associazione, nel corso di quasi trent’anni, non siamo stati capaci di trasmettere ai volontari più giovani le radici e il senso stesso di questa esperienza associativa, né di formare nuove generazioni disposte ad assumere responsabilità in seno all’Associazione (non è consolante constatare che i partiti oggi si trovano a fare un analogo bilancio, ci piacerebbe poter essere un po’ meglio).

Per non cadere nella vittimistica tentazione di addossarci tutte le colpe, occorre anche tener conto dei cambiamenti storici e culturali intervenuti negli ultimi decenni.

Penso alle giornate frantumate da ritmi di lavoro ed impegni sempre più frenetici (quando ero giovane io ho potuto permettermi invece il lusso di avere del tempo – ben più di quanto ne abbia oggi – da dedicare al volontariato). Penso alle maggiori esigenze del mondo del lavoro (orari, turni, precarietà), come al dramma di chi il lavoro non lo ha o non lo ha più e stenta a  ritrovarlo. Penso al carico di problemi familiari che molti di noi si trovano a reggere sulle spalle. E’ sempre più un lusso trovare e donare del tempo, al di là dei desideri e delle buone intenzioni di ciascuno.

Ci sono altre trasformazioni socio-culturali di cui sperimentiamo gli effetti. Chi all’origine, nel lontano 1985, ha dato vita all’Associazione, ha avuto allora il conforto di un forte impulso al volontariato che in quegli anni ha attraversato la nostra città e ha generato molte Associazioni del tutto nuove. Oggi, in un clima di recessione economica e di paura, l’associazionismo e la cultura della solidarietà e della gratuità vivono una forte battuta di arresto. L’elevato numero di volontari che possiamo annoverare è davvero in controtendenza e siamo loro doppiamente grati.

Essi, con le loro disparate provenienze, ci mettono però di fronte ad una realtà molto diversa da quella che noi abbiamo alle spalle. I più sono arrivati non perché cercassero una esperienza associativa, ma perché, indotti da amici, hanno incontrato una esperienza di solidarietà con persone in difficoltà e hanno accettato di misurarsi con essa e di spendervi energie. L’Associazione è qualcosa che è rimasto loro estraneo, un di più che forse neppure conoscono.

Il farsi prossimi a persone in stato di bisogno è l’unica cosa che ci accomuna: non forse la fede, né le ideologie, né le visioni politiche. I più non vengono alle riunioni. Ma quando è il loro turno sono presenti; alcuni partecipano con noi alle iniziative in piazza; molti accolgono l’invito ad una cena conviviale. Non sono forse anche queste modalità di appartenenza, ma diverse da quelle che noi conosciamo?

Oppure – ci chiediamo – sono possibili e necessari altri percorsi formativi che creino un maggiore senso di appartenenza ad una realtà associativa più grande dell’esperienza alla Casa di accoglienza? E’ un problema di interesse? Di conoscenza? Di linguaggi? E’ un desiderio di parte dei volontari o è solo un bisogno nostro?

La proposta di Fabrizio, accolta, di consegnarci per la prima volta delle tessere associative, seppur minime ed in un formato per ora molto familiare, va in questa direzione: creare un segno concreto che dica un pezzo della nostra identità.

L’Esecutivo, mentre preparava questa giornata assembleare, ha anche espresso il desiderio di capire meglio, magari attraverso un questionario conoscitivo, il senso del servizio che diamo e le ragioni che ci muovono, per promuovere poi, eventualmente, iniziative utili a renderci più uniti e coesi, o solo più consapevoli della realtà a cui aderiamo.

Un ultimo aspetto che - ci sembra - chiede di essere rivitalizzato è il rapporto con i giovani, passando attraverso l’ambito privilegiato del rapporto con le scuole. In passato è stato fatto, negli ultimi anni lo abbiamo un po’ perso di vista.

Già nel territorio ci sono due percorsi possibili: l’adesione al progetto Scuola e Volontariato del Cesvot; la proposta di attuare micro-progetti nelle scuole, in collaborazione con la Provincia, nell’ambito del festival Sottosopra (ammesso che l’una e l’altro continuino ad esistere). Ma in entrambi i casi occorrono persone nuove disponibili a seguire tali progetti. Da soli non ce la facciamo (anche perché, invecchiando, si hanno meno energie e si diventa più consapevoli del limite).

Concludo invitandovi alla discussione di questi e altri temi. Ma prima non posso non ringraziare Gino, Giuliana, tutti i membri dell’Esecutivo e tutti i volontari per la loro attività preziosa. Quanto esiste, esiste grazie a queste persone.

Desidero anche scusarmi per le mie inadempienze ma, soprattutto, per il mio modo di interpretare il ruolo: non sono purtroppo un leader, né un organizzatore; anch’io, come tutti, sono divisa tra molteplici impegni e posso solo cercare di valutare di volta in volta le priorità, per poi non essere mai in pari con niente; non so imporre, né impormi, né prendere l’iniziativa e spingere per il rinnovamento, ma solo delegare e sostenere chi ha idee e progetti. Vi ringrazio quindi anche di avermi sopportato così come sono.