Un ombrello nucleare italo-francese per la comunità mediterranea

Pubblichiamo il contributo che Alfonso Navarra ha inviato sul progetto, negli anni '80, di dotare l'Italia di bombe nucleari. italiana "Panorama" , 22/11/2005   

CORREVA L'ANNO 1980 - LO RIVELA L'EX MINISTRO DELLA DIFESA  Quando l'Italia pensò all'atomica  22/11/2005
La rivelazione choc nel recente libro di Lelio Lagorio: "Il fatto che gli euromissili avessero dato al Paese un superiore rango internazionale suggerì a qualche ambiente militare l'idea della Bomba italiana: costava poco e il nostro apparato scientifico-tecnico- industriale era in grado di produrla. L'Italia assieme alla Francia poteva far nascere una 'Piccola Natò nel Mediterraneo".
Nel 1980, per alcuni mesi, quando serpeggiarono notizie di difficoltà nelle forze armate, l'Italia ipotizzò di costruire l'atomica. La rivelazione è dell'ex ministro della difesa, Lelio Lagorio, che ne parla nel suo recentissimo volume L'ora di Austerlitz. 1980: la svolta che mutò l'Italia che reca la prefazione di Enzo Bettiza ed è edito da Polistampa.
Lagorio ricorda che il 1980 fu decisivo rispetto al tema del dispiegamento degli euromissili. "Quanto alla bomba italiana - scrive l' ex ministro - il fatto che gli euromissili avessero dato al Paese un superiore rango internazionale suggerì a qualche ambiente militare l' idea che una Bomba italiana avesse stabilmente assicurato tale rango.
La Bomba costava poco e il nostro apparato scientifico-tecnico- industriale era in grado di produrla.
Con me ne parlò espressamente il capo di stato maggiore ammiraglio Torrisi (luglio 1980). Più tardi l'idea venne risollevata dal mio sottosegretario alla difesa Ciccardini in sintonia con l'esperto Stefano Silvestri (autunno 1982). Era vero che l'Italia aveva ratificato il trattato di non proliferazione nucleare, ma da poco e dopo molte incertezze e resistenze. Un ripensamento era sempre possibile.
Tanto più se lo si fosse sostenuto con una autonoma iniziativa nel Mediterraneo. In quest'area l'Italia assieme alla Francia poteva far nascere una 'Piccola Natò con i Paesi rivieraschi per dare a ciascuno un maggior senso di sicurezza.
Un force de frappe nucleare italo-francese avrebbe garantito alla coalizione mediterranea un margine superiore di influenza e credibilità, senza contare che l'avvento di un nuovo robusto protagonista sullo scacchiere euro-africano avrebbe assunto un rilievo inusitato nella politica internazionale".
Sin qui Lagorio.
Falco Accame, all'epoca impegnato nel Psi nel settore militare - fu anche presidente della Commissione difesa - ricorda che a suo tempo ci furono "sussurri e bisbiglii circa il segretissimo progetto di costruire un'arma nucleare. Il progetto era legato alle tecnologie che in Italia era state sviluppate in alcuni centri di ricerca nucleare e soprattutto che erano state messe a punto presso il Camen, il centro di applicazioni militare per l'energia nucleare di San Piero a Grado, presso Pisa (oggi Cisam).
Il Camen avrebbe dovuto provvedere alla realizzazione dei reattori nucleari per il sommergibile Marconi e per la nave mercantile Fermi.
Nel libro di Lagorio non figurano, spiega ancora Accame, alcune premesse a questo progetto ed anche all'altro di realizzazione della force de frappe. Il primo novembre 1968 la Francia ci aveva fornito l' uranio arricchito per il reattore della Casaccia, reattore che iniziò a funzionare nel '70.
Nel giugno '71 l'ambasciatore Quaroni, lo era stato anche in Francia, in un articolo su La revue de duex mondes aveva parlato di possibili accordi tra Italia e Francia per un programma nucleare. Gli Usa non vollero fornirci l'uranio necessario per i progetti per la realizzazione del sommergibile e della nave nucleare.
Sui programmi del Camen riferì in una intervista su un importante settimane italiano l'allora direttore, ammiraglio Avogadro di Valdengo.
Con la Francia il discorso si riaprì in seguito sul nucleare tattico, ma si pose un grave problema nello stabilire in quali poligoni si sarebbe potuta effettuare la sperimentazione".
"Non mi sembra che gli anni in cui i vertici di molti importanti organismi dello Stato erano occupati dalla P2 si possano definire gli anni di Austerlitz sui quali grazie ad una legislazione incredibile, quella sulla trasparenza amministrativa, si è estesa per l'ambito militare e dei servizi segreti una "copertura di secretazione di 50 anni".

Pubblicazioni correlate:  
Lelio Lagorio. L'ora di Austerlitz. 1980: la svolta che mutò l'Italia. Quando il nostro Paese salì alla ribalta internazionale e le Forze Armate ridestarono l'orgoglio nazionale. © Polistampa 2005, cm 17x24, pp. 412, ill. col. e b/n, br., € 18,

Tuttavia…. ci fa notare Alfonso Navarra

Un ombrello nucleare italo-francese per la comunità mediterranea   Lelio Lagorio, ex ministro socialista della Difesa, lancia il sasso dell' "atomica italiana" nel suo libro "L'ora di Austerlitz"  ma, di fronte ad una richiesta di spiegazioni di Gigi Malabarba, senatore di rifondazione, nasconde la mano....
Correva l'anno 80 quando l'Italia pensò alla atomica. Si progettò allora di costruire l'atomica a Pisa. Era un'idea accarezzata per 15 anni. Lagorio dice: "Era un buon progetto, ma lasciammo perdere".
Lelio Lagorio, L'ora di Austerlitz - 1980: la svolta che mutò l'Italia. Quando il nostro paese salì alla ribalta internazionale e le forze armate ridestarono l'orgoglio nazionale. Prefazione di Enzo Bettiza. "Il rapporto Lagorio". Edizioni Polistampa, Firenze, 2005, pp.
416 con 38 documenti e 104 illustrazioni.

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE Senato. Atto n° 4-09803, pubblicato il 6 dicembre 2005.
Il senatore Luigi Malabarba (gruppo parlamentare Misto-Rifondazione Comunista), con riferimento al libro "L'ora di Austerlitz" (pag.143), là dove si riferisce che agli inizi degli Anni Ottanta fu progettata la costruzione di una bomba nucleare italiana, interroga il Presidente del Consiglio dei Ministri per sapere se il programma nucleare era coperto da segreto e cosa risulti in proposito all'Ufficio Centrale di Sicurezza e quale durata fosse stata attribuita alla segretezza, se tale segretezza sia ancora in vigore, se la documentazione relativa al programma nucleare sia disponibile, se il CAMEN di Pisa fosse stato istituito per costruire la bomba atomica, se siano ancora in corso studi per il nucleare italiano, se fossero state previste sperimentazioni di queste armi in poligoni italiani.

1980 : UN'ARMA NUCLEARE ITALIANA? LETTERA DI LAGORIO AL SEN. MALABARBA Firenze, 19 dicembre 2005.
Caro Senatore, ho letto la sua interrogazione 4-09803 del 6 dicembre.
Il cenno che nel libro "L'ora di Austerlitz" ho fatto all'arma nucleare italiana non è una novità. Ne avevo già scritto nel 1988 ("L'ultima sfida. Gli euromissili"). Non era un programma, ma solo un'idea che discussi col Capo di S.M. della Difesa, ammiraglio Torrisi, come tema di riflessione. Ritenevo e ritengo compito della Difesa mettere allo studio tutti i piani che si possono immaginare utili alla sicurezza e considero corretto che gli Stati Maggiori nei loro archivi tengano tutte le carte pronte. Ma nel caso dell'arma atomica - che non è un piano qualunque - ho sempre pensato e ritengo tuttora che qualsiasi progetto ha bisogno dell'input specifico del potere politico. Il ministero della Difesa durante la mia gestione non mise mai la questione al proprio ordine del giorno ed escludo che le autorità militari abbiano proceduto di loro iniziativa.
L'idea dunque non venne coltivata e quindi né gli Stati Maggiori né il CAMEN né altri organismi di ricerca vennero investiti del problema. La questione, ad ogni modo, era stata vista fin dalle primissime riflessioni in un quadro di iniziative che dovevano garantire maggiore sicurezza e calma nell'area mediterranea allora molto calda. Si era infatti pensato di promuovere una conferenza di paesi rivieraschi del Mediterraneo per gettare le basi di un patto di collaborazione e reciproca sicurezza capace di allentare tensione e rischi. Sarebbe stata una iniziativa indipendente e "nuova" rispetto al conflitto Est- Ovest e l'arma nucleare italiana (o italo-francese), alla fine di un lungo percorso, avrebbe potuto offrire una particolare forza alla alleanza mediterranea quando questa avesse preso consistenza come una nuova realtà geopolitica di tutto rispetto. Naturalmente non poteva essere il solo ministero della Difesa a coltivare l'iniziativa ma tutto il governo con le procedure previste dalle nostre leggi. Non ce ne fu bisogno perché noi stessi della Difesa lasciammo cadere l'idea.
Lelio Lagorio.
Questa lettera è stata comunicata al Quirinale, alla Presidenza del Senato, alla Presidenza del Consiglio e al Ministero della Difesa

Fonte: Alfonso Navarra