Pena di morte: amnesty, 2.148 esecuzioni nel 2005: oltre 20mila condannati

Pubblicato su www.articolo21.info , quotidiano on line, News del 20/04/2006, ore 15:21

Pena di morte: amnesty, 2.148 esecuzioni nel 2005: oltre 20mila condannati nel mondo


Almeno 20mila persone al mondo stanno contando i giorni che li separano dal momento in cui lo Stato in cui sono stati condannati toglierà loro la vita. L'anno scorso sono state messe a morte almeno 2.148 persone in 22 paesi; il 94% di queste esecuzioni ha avuto luogo in Cina, Iran, Arabia Saudita e Usa. Sempre nel 2005 sono state emesse 5.186 condanne a morte in 53 paesi.
Lo denuncia Amnesty International, come anticipato ieri da Apcom, in un rapporto sull'applicazione della pena di morte nel mondo.
Le informazioni in possesso di Amnesty International evidenziano che in Cina vi sarebbero state circa 1.770 esecuzioni. Ma il numero effettivo potrebbe essere molto più alto, avverte l'Organizzazione: secondo un esperto legale cinese, sarebbero circa 8mila i prigionieri messi a morte nel paese ogni anno.
Nel 2005 in Iran sono stati messi a morte almeno 94 prigionieri, in Arabia Saudita almeno 86. In entrambi i paesi, i dati reali potrebbero essere più alti, secondo Amnesty. Sono invece 60 le esecuzioni registrate in Usa, più di mille dal 1976, anno della reintroduzione della pena capitale negli States.
Tuttavia, i dati resi pubblici oggi sono approssimativi a causa del segreto che circonda l'applicazione della pena di morte,sostiene l'organizzazione. Molti governi, come quello cinese, rifiutano di pubblicare statistiche ufficiali sulle esecuzioni, in paesi come il Vietnam le informazioni su questo argomento sono considerate “segreto di Stato”.
Nonostante i dati rilevati nello studio di Amnesty International, la tendenza verso l'abolizione continua a crescere: negli ultimi 20 anni il numero degli Stati che eseguono condanne a morte si è dimezzato e nel 2005 è risultato in calo per il quarto anno consecutivo. Due esempi recenti, cita Amnesty, sono il Messico e la Liberia dove lo scorso anno la pena capitale è stata abolita per tutti i crimini. Intanto secondo il segretario generale di Amnesty, Irene Khan, "paesi come la Cina, l'Iran, l'Arabia Saudita e gli Usa costituiscono una clamorosa anomalia per l'estremo uso" che fanno della pena capitale.
In Cina, paese che da solo totalizza l'80% delle esecuzioni, si può essere messi a morte - dichiara l'Organizzazione - per 68 reati, anche per atti che non comportano l'uso della violenza, come la frode fiscale, l'appropriazione indebita e i crimini legati al traffico di droga.
In Arabia Saudita, prigionieri sono stati prelevati dalle loro celle e uccisi, senza che nessuno li avesse informati della loro condanna a morte; altri detenuti, stranieri o appartenenti a minoranze etniche, sono stati giudicati colpevoli e condannati al termine di processi celebrati in una lingua sconosciuta, senza che fosse stato fornito loro un interprete, afferma lo studio.
Negli Usa, durante il 2005, due persone sono state rilasciate dal braccio della morte dopo che era stata provata la loro innocenza.
In alcuni paesi, l'uso della pena capitale può essere pericolosamente legato a interessi economici. In Cina, sono in molti a temere che gli alti profitti derivanti dall'espianto degli organi delle persone messe a morte possano essere un incentivo a mantenerla.
In molti Stati, procedure inumane aggravano l'intrinseca crudeltà della permanenza nei bracci della morte. In Bielorussia e in Uzbekistan, le autorità non informano i prigionieri né i loro familiari sulla data di esecuzione, negando così la possibilità di un ultimo saluto. I corpi dei prigionieri non vengono restituiti ai parenti e a questi ultimi viene persino tenuto nascosto il luogo di sepoltura, avverte Amnesty.
Il rapporto di Amnesty International mette in luce, inoltre, le conseguenze mortali dei processi iniqui. In Giappone, diverse persone sono state condannate a morte dopo essere state sottoposte a maltrattamenti, costrette a confessare crimini mai commessi. In paesi come la Bielorussia e l'Uzbekistan un sistema penale pieno di falle e minato dalla corruzione crea terreno fertile per errori giudiziari, denuncia l'Organizzazione.
Ma secondo Amnesty "il percorso abolizionista è inarrestabile.Nel 1977, solo 16 paesi avevano abolito la pena di morte per tutti i reati. Alla fine del 2005, il loro numero è salito a 86.
La campagna di Amnesty International continuerà fino a quando ogni condanna a morte sarà stata commutata e la pena capitale abolita", ha concluso Khan.
Nel mondo più della metà dei paesi ha abolito la pena di morte di diritto o di fatto, secondo gli ultimi dati di Amnesty International, aggiornati al 1 gennaio 2006. Lo rende noto l'Organizzazione in un comunicato. Secondo Amnesty International: 86 paesi hanno abolito la pena di morte per ogni reato; 11 paesi l'hanno abolita salvo che per reati eccezionali, quali quelli commessi in tempo di guerra; 25 paesi sono abolizionisti de facto poiché non vi si registrano esecuzioni da almeno dieci anni oppure hanno assunto un impegno a livello internazionale a non eseguire condanne a morte. In totale 122 paesi hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica; 74 paesi mantengono in vigore la pena capitale, ma il numero di questi dove le condanne a morte sono eseguite è molto più basso. Sono infine 86 i paesi totalmente abolizionisti,che hanno cioè abolito la pena di morte per tutti i reati. Dal 1990 sono più di 40 i paesi che hanno abolito la pena di morte per tutti i crimini. In Africa, con la Costa d'Avorio e la Liberia, nel continente americano, con il Canada, il Messico e il Paraguay. In Asia e nel Pacifico, con il Bhutan, Samoa e il Turkmenistan. In Europa e nel Caucaso del Sud, con l'Armenia, la Bosnia-Herzegovina, Cipro, la Serbia e Montenegro e la Turchia.
Una volta abolita, la pena di morte è raramente reintrodotta. Dal 1985, più di 50 paesi hanno abolito la pena di morte nella legge. Oppure, avendola abolita in precedenza solo per i crimini ordinari, hanno provveduto ad eliminarla per tutti i crimini. Durante lo stesso periodo, soltanto quattro paesi abolizionisti hanno reintrodotto la pena capitale: il Nepal, (che l'ha poi nuovamente abolita), le Filippine (in cui vige ora una moratoria sulle esecuzioni), il Gambia e la Nuova Guinea (dove non sono state registrate esecuzioni).
Gli Usa hanno messo a morte più imputati minorenni che in altri paesi (19 tra il 1990 e il 2003), prima che nel marzo 2005 la Corte suprema Usa ponesse fine a tale pratica dichiarandola incostituzionale: "Il fatto che gli Usa abbiano preso questa decisione dovrebbe costituire un chiaro messaggio rivolto ai paesi che ancora applicano questa pratica barbara. La sentenza della Corte suprema Usa costituisce una pietra miliare verso un importante obiettivo: l'abolizione globale della pena di morte per i minorenni", è l'appello lanciato dal segretario generale di Amnesty International Irene Khan, mentre l'Organizzazione pubblica oggi il rapporto sulla situazione delle esecuzioni capitali nel mondo. I trattati internazionali sui diritti umani proibiscono l'applicazione della pena di morte nei confronti di imputati minorenni, ovvero coloro che avevano meno di 18 anni al momento del reato, scrive Amnesty in un comunicato. Sia il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che la Convezione Americana sui Diritti Umani, che la Convenzione sui Diritti del Fanciullo proibiscono tale pratica. Più di 110 paesi, nei quali il codice penale ancora prevede la pena capitale, hanno emesso leggi specifiche per escludere la condanna a morte di imputati minorenni. In mancanza di queste leggi, c'è da considerare vincolante anche l'adesione a uno dei trattati internazionali.
Nonostante ciò, ancora oggi, un numero molto ridotto di paesi continua a mettere a morte minorenni all'epoca del reato. Dal 1990 sono otto i paesi nei quali sono stati messi a morte imputati minorenni: Arabia Saudita, Cina, Iran, Nigeria,Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Usa e Yemen. In seguito, Cina, Pakistan e Yemen hanno emesso leggi per aumentare a 18 anni l'età minima per essere condannati a morte.
L'Iran è l'unico paese che nel 2005 ha messo a morte minorenni all'epoca del reato, almeno otto, due dei quali avevano meno di 18 anni anche al momento dell'esecuzione. La pena di morte nel mondo, di seguito i dati ufficiali del 2005, secondo il coordinamento pena di morte di Amnesty International. Negli Usa nel 2005, sono 60 i prigionieri messi a morte nel paese. La cifra ha portato a 1.004 il numero totale delle esecuzioni dal 1976, quando fu reintrodotta la pena di morte.Alla data del 1 gennaio 2006 ci sono circa 3.400 prigionieri nei bracci della morte. La pena di morte è applicata in 38 Stati su 50, è prevista anche dalle leggi federali civili e militari.
Nel 2005 Amnesty si è occupata di pena di morte e minorenni con la campagna "Non uccidete il futuro. Stop alle esecuzioni di minorenni!". Nei prossimi mesi Amnesty International continuerà a mantenere alta l'attenzione su questa tematica, in particolare in paesi come l'Iran, come rende noto oggi l'Organizzazione in un comunicato.
Cominciata nel 2003, oggi è tutt'ora in corso una campagna sui paesi appartenenti all'Ecowas, la Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale. Questa regione, ormai, è a un passo dall'abolizione definitiva della pena di morte. Molto alta,ancora, è l'attenzione sugli ultimi due paesi dell'Europa e Asia Centrale che continuano ad eseguire condanne a morte: Bielorussia e Uzbekistan.
Nel 2006, inoltre Amensty International concentrerà la sua azione sugli Usa e in particolare sull'applicazione della pena di morte nei confronti di persone affette da gravi forme di malattia mentale. Mentre già è in discussione l'argomento chiave per il prossimo 10 ottobre, la Giornata Mondiale contro la pena di morte. Questi sono alcuni degli ultimi casi in favore dei quali Amnesty si è attivata:
Adil Muhammad Saif al-Mà,amari, un ragazzo yemenita di 21 anni, minorenne all'epoca del presunto reato.
Fatemeh Haghighat-Pajouh, una donna iraniana accusata di aver ucciso il coniuge; la donna ha dichiarato che il marito tossicodipendente aveva tentato di violentare la figlia quindicenne che Fatemeh aveva avuto da un precedente matrimonio.
Fabianus Tibo, Domingus da Silva e Marinus Riwu, tre uomini condannati a morte in Indonesia nel 2001 per omicidio premeditato e incitamento alla rivolta, in connessione alle violenze etnico-religiose tra Cristiani e Musulmani avvenute nella città di Poso l'anno prima.

Diversi studi scientifici, sostiene Amnesty International, hanno dimostrato che non esistono prove certe che la pena capitale sia un deterrente più efficace rispetto ad altre punizioni. L'indagine più recente sulla relazione tra pena capitale e tasso di omicidi, condotta dalle Nazioni Unite nel 1998 e aggiornata nel 2002, conclude che: "Non è prudente accettare l'ipotesi che la pena di morte abbia un effetto deterrente maggiore piuttosto che l'applicazione di altre punizioni quali il carcere o l'ergastolo", lo dichiara l'organizzazione per i diritti umani in un rapporto che riguarda la situzione della pena capitale nel mondo. La stessa indagine delle Nazioni Unite spiega successivamente che: "Esistono diverse prove a sostegno della tesi che l'abolizione della pena capitale non provochi un improvviso e grave cambiamento nel tasso di criminalità", secondo Amnesty. I dati più recenti sul tasso di criminalità nei paesi abolizionisti dimostrano che l'abolizione non ha effetti dannosi.In Canada, ad esempio, il tasso di omicidi per 100mila persone è sceso dal valore di 3,09 nel 1975, un anno prima dell'abolizione della pena capitale, al valore di 2,41 nel 1980 e, da allora, continua a scendere. Nel 2003, 27 anni dopo l'abolizione, il tasso di omicidi era del 1,73 per 100mila persone, il 44% in meno rispetto al 1975 e il valore più basso delle ultime tre decadi.
Ovunque la pena di morte sia applicata, il rischio di mettere a morte persone innocenti è molto elevato, denuncia l'Organizzazione, secondo la quale "Nessun sistema penale è immune dal commettere errori, che diventano irrimediabili quando le condanne a morte vengono eseguite". Dal 1973 in Usa sono stati rilasciati 122 prigionieri dal braccio della morte dopo che erano emerse nuove prove della loro innocenza. Di questi, sei nel 2004 e due nel 2005. Alcuni di questi prigionieri sono stati rilasciati dopo aver trascorso molti anni nel braccio della morte. In ognuno di questi casi sono emerse caratteristiche simili e ricorrenti: indagini poco accurate da parte della polizia, l'utilizzo di testimoni non affidabili, di prove o confessioni poco attendibili e un'inadeguata assistenza legale.
Ma non solo, in Usa purtroppo sono diversi i casi di prigionieri messi a morte nonostante ci fossero molti dubbi sulla loro colpevolezza. Nel 2000, l'allora Governatore Ryan dello Stato dell'Illinois in Usa, dichiarò una moratoria sulle esecuzioni in seguito alla scarcerazione del tredicesimo prigioniero condannato a morte ingiustamente dal 1976, anno di ripresa delle esecuzioni nel paese. Durante lo stesso periodo 12 prigionieri furono messi a morte. Nel gennaio del 2003, il Governatore Ryan ha concesso la grazia a quattro condannati a morte e commutato le restanti 167 condanne in ergastolo. Decapitazione in Arabia Saudita e Iraq, fucilazione in Bielorussia, Cina, Somalia, Taiwan, Uzbekistan,Vietnam e altri paesi, impiccagione in Egitto, Giappone,Giordania, Iran, Pakistan, Singapore e altri paesi, iniezione letale per Cina, Filippine, Guatemala, Thailandia e Usa, lapidazione in Afghanistan e Iran e sedia elettrica negli States.
Questi sono i metodi utilizzati per applicare la pena di morte nel mondo dal 2000, secondo quanto rende noto Amnesty International pubblicando un rapporto sulla situazione delle esecuzioni capitail nel mondo. Nel 2005 in America - prosegue il comunicato dell'Organizzazione- si è sviluppato un ampio dibattito, tutt'ora in corso, sull'uso dell'iniezione letale. Secondo un rapporto pubblicato da The Lancet, autorevole rivista britannica di medicina, spesso accade che il prigioniero sia cosciente e avverta un dolore intenso durante la procedura, ma, essendo paralizzato dalla prima droga iniettatagli, nessuno può accorgersi della sua sofferenza.
In Usa, recentemente, la Corte suprema della Florida ha bloccato due esecuzioni con la motivazione che l'iniezione letale possa costituire una "punizione crudele e inusuale" e quindi violare l'ottavo emendamento della Costituzione. Così come in Florida, in altri Stati si sta cominciando a mettere in discussione tale pratica.