Il problema, la domanda importante oggi è questa: è possibile immaginare e far entrare nell’immaginario pubblico e anche nel dibattito politico che i migranti non sono tante somme di piccoli pezzi di popolo o grandi pezzi di popolo che migrano da qualche parte, che si disperdono, ma rappresentano quello che può chiamare un vero e proprio “popolo trasversale” ?
E’ un popolo che viene generato dal fallimento dell’organizzazione degli stati che con tutte le sue pretese di globalizzazione è diventata sempre meno capace di garantire una piattaforma comune per le persone perché ha garantito tutte le piattaforme comuni per merci: si fanno tutti i trattati che permettono la circolazione libera o non libera di non importa quale merce, mentre le persone possono trasferirsi solo nel momento in cui diventano merci anche loro. Le immigrazioni sono diventate uno dei grandi mercati dei trafficanti, un vero e proprio mercato di schiavi.
La caratteristiche di tutti gli schiavi è di non avere il diritto di parola.
Sono merci che devono semplicemente “pagarsi” per essere trasferite e poi essere affidate al nulla, siano le cooperative o le ong che a loro volta rischiano e di fatto sono trasformate in un altro tipo di mercato, che sostituisce una pianificazione effettivamente statale e in ogni modo pubblica che si faccia carico delle persone.
L’obiettivo di un nuovo Tribunale Permanente dei Popoli è quello di far parlare i tanti migranti nelle diverse lingue in incontri denuncia e narrazione in modo tale da riconoscere i migranti come soggetti di diritto.
Il giudizio che si pronuncia deve essere il racconto che queste persone faranno della loro storia, per rivendicare il diritto di avere un’altra storia; sono persone che vivono e vengono da una storia. Quello che cercano non è un aiuto soltanto, un lavoro, ma la possibilità di continuare una storia che abbia un po’ della memoria passata e che sia in grado di avere una memoria di futuro.
Questo Tribunale di terrà all’inizio di maggio a Barcellona. Cercherà di sviluppare un confronto fra le legislazioni d’Europa, che hanno come unica coerenza quella del respingimento. Non c’è (e questo dà l’idea del diritto di oggi, un diritto di frontiere, di respingimenti, esattamente come i muri che possono essere di tanti tipi) una legislazione, un atteggiamento che definisca che cosa significa un accoglimento.
(…) è stata presa la decisone che vi sia una piattaforma di riflessione perché i migranti pongono un problema di identità e di civiltà: l’accoglienza è molto spesso quella di semplicemente fare un triage, una scelta che si fa in ospedale: questo è grave, questo è meno grave, questo viene ammesso, questo no; la povertà allo stato attuale non viene riconosciuta, ma soltanto descritta: la povertà non è motivo per accogliere; così, nella commissione di verifica dello status, la violenza, lo stupro non è riconosciuto e non giustifica il diritto di asilo; è crimine riconosciuto solo in guerra; il popolo trasversale delle donne vittime di stupro non è riconosciuto.
E’ ora di dare al popolo trasversale dei migranti diritto di parola e di un diritto di accoglimento.
Gianni Tognoni