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Gli occhi grandi grandi in un volto esile.

Aveva appena tredici anni quando prese la via del mare. Le avevano detto che in Europa l’attendeva l’uomo della sua vita. Non vedeva l’ora di raggiungerlo!

Ma le motovedette libiche, al tempo di Gheddafi, intercettarono il barcone su cui viaggiava. Un anno dopo era di nuovo a casa, in quella città della Nigeria che vende corpi di ragazze all’industria del sesso del Vecchio Continente.

Ci si potrebbe attendere che le migliaia di migranti soccorsi al largo delle coste libiche provengano esclusivamente dall’Africa.

Eppure la rivista Limes ha riferito di migranti pakistani e bengalesi che arrivano in aereo fino a Tripoli e poi prendono la via del mare su quei famigerati gommoni giganti, di pessima qualità, su cui da alcuni mesi vengono stipate fino a 150 persone.

Chi ha paura degli immigrati?

Un recente tweet del politologo Ian Bremmer ben fotografa la crescita della preoccupazione delle opinioni pubbliche europee nei confronti dei complessi fenomeni a cui diamo il nome di immigrazione. Nel 2012, a pensare che l'immigrazione rappresentasse un grandissimo problema era il 12 per cento della popolazione in Francia, il 9 per cento in Germania, il 3 per cento in Italia e l'8 per cento in media nell'Unione europea. Nel 2017, il dato resta quasi invariato in Francia (14 per cento), ma in Germania schizza al 37 per cento e in Italia al 36, contribuendo a portare la media europea al 22 per cento.

Supporto tecnico alle autorità libiche per la gestione delle frontiere con fondi destinati a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani. ASGI al TAR : E’ sviamento di potere.

Poche righe di cronaca, qualche ora di stupore e bestialità varie vomitate, e tutto scorrerà via. Ormai, chi se ne ricorda più? E chi si ricorda più di Ebrima Sanko? E chi dei 21, alcuni probabilmente iracheni o iraniani, che vagavano quasi 7 Natali fa nei dintorni della stazione di Vasto – San Salvo? Trovato aggrappato sotto un tir, è solo cronaca. Banale, lineare cronaca. Da leggere sfogliando il “giornale” al bar prima di passare oltre. Curdo imbarcato dalla Grecia, migliaia di chilometri aggrappato al telaio. E giù banalità e luogocomunismo vario. Magari prima di sentire in tivù che in Iraq è stata trovata un’immensa fossa comune di persone trucidate dall’ISIS.

Proprio quando la complessità e la drammaticità della realtà sembrano togliere la possibilità di guardare le cose in modo diverso, un film sull’immigrazione riempie i cinema e crea partecipazione.

È quello che è successo dall’uscita de L'ordine delle cose di Andrea Segre.

Questo era quello che auspicavamo, sentendo forte intorno a noi l’esigenza di immaginare un altro modo di affrontare la “gestione” del fenomeno migratorio, di ricostruire strumenti interpretativi e di intervento.
In 7 settimane il film è stato visto da quasi 50mila persone e in molti ci hanno cercato per porci una domanda forte e chiara: “E adesso cosa facciamo?”

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