Il 17 maggio La Spezia si è trovata ad affrontare una calata neofascista organizzata da CasaPound. Non si è trattato di un innocuo evento folkloristico né di un semplice atto simbolico: rappresenta invece un attacco diretto, organizzato e strategico, a una città che da anni è al centro di una riflessione critica sull'industria bellica, sulla militarizzazione del territorio e sul ruolo delle basi NATO.
Un attacco al lavoro dei movimenti pacifisti, antimilitaristi e ambientalisti, come Pace e Disarmo, che con coraggio denunciano gli effetti distruttivi del complesso militare-industriale spezzino.
CasaPound non ha scelto La Spezia a caso. Le organizzazioni neofasciste, spesso protette e legittimate da una rete di connivenze istituzionali e mediatiche, puntano a normalizzare la loro presenza nelle città strategiche dal punto di vista militare, dove possono trovare terreno fertile: basi militari, aziende produttrici di armamenti, cantieri navali.
Si tratta di un preciso progetto politico, che mira a legittimare un'economia fondata sulla guerra, sullo sfruttamento delle risorse pubbliche per fini bellici e sulla repressione sistematica del dissenso.
Vogliono zittire chi critica l'inquinamento, lo spreco di risorse pubbliche e la dipendenza da un'economia di morte.
Dietro questa manovra non c'è solo un gruppo estremista, ma un disegno ben più ampio: l'intreccio tra l'estrema destra e i partiti di governo - Fratelli d'Italia e Lega in primis - che condividono una visione del Paese autoritaria, bellicista e repressiva.
L'aumento delle spese militari, la criminalizzazione dei movimenti pacifisti e la retorica nazionalista, temi continuamente presenti nel dibattito pubblico, sono tasselli di quella strategia.
In questo contesto, resistere non è solo un dovere morale: è un atto politico e culturale assolutamente necessario.
Mobilitazione antifascista come azione di contrasto alla loro presenza in città, controinformazione per smascherare i loro legami con il potere, sostegno ai movimenti che propongono un'alternativa di pace e giustizia sociale.
La Spezia non deve diventare un avamposto di guerra. Al contrario, deve proporsi come laboratorio di pace, giustizia sociale, riconversione ecologica.
Un luogo dove il militarismo e l'economia bellica non trovano più spazio, un luogo in cui si immagina, si progetta e si organizza un futuro maggiormente vivibile, sicuro, collettivo, solidale.
Il 17 maggio è stato un giorno in cui la città ha preso posizione. Un giorno in cui ha dimostrato che la memoria è ancora viva, che la Costituzione antifascista è parola viva e che la società civile non è disposta ad arretrare.
La Spezia resiste!
Perché CasaPound ha scelto di intervenire a La Spezia?
Militarizzazione, intimidazione, propaganda e controllo del territorio: la strategia dietro il progetto di "calata" neofascista del 17 maggio.
CasaPound non è arrivata a La Spezia per caso. La scelta è strategica, simbolica, ma anche profondamente legata a interessi materiali. Rientra in una più ampia operazione di legittimazione politica e di occupazione del territorio da parte della destra neofascista, che si muove in sintonia con un sistema ben radicato di potere economico, militare e istituzionale.
Un laboratorio di guerra sotto assedio
La città è oggi uno dei principali hub militari e dell'industria bellica del Mediterraneo:
- Sede di basi NATO
- Porto strategico per sottomarini e navi da guerra.
- Presenza di grandi multinazionali degli armamenti, come Leonardo, Fincantieri, MBDA
- Una parte significativa del Golfo è sottratta alla cittadinanza per usi militari.
Questa realtà viene imposta da decenni con la retorica del "patriottismo" e della "sicurezza nazionale", quando in realtà serve gli interessi del complesso militare-industriale e delle élite politiche ed economiche che speculano su di esso.
CasaPound intende cavalcare questa retorica: contrastare ogni critica e consolidare una narrazione celebrativa della guerra e della potenza militare, imbellettata da "orgoglio nazionale".
Un attacco mirato ai movimenti pacifisti e antimilitaristi
La Spezia, fortunatamente, è una città che comunque resiste.
Associazioni antimilitariste, insieme a comitati civici,gruppi ambientalisti e realtà per i diritti umani, manifestano da anni contro l'inquinamento ambientale causato da munizioni e combustibili militari, protestano contro la distorsione economica e sociale dovuta alla dipendenza da un'economia bellica. Denunciano costantemente il rischio di coinvolgimento in conflitti più ampi (vedi forniture di armi all'Ucraina) e la complicità in orrende operazioni di pulizia etnica e drammatici genocidi (vedi forniture di armi a Israele). Lamentano l'assenza di una prospettiva alternativa che metta al centro pace, giustizia sociale e riconversione civile del territorio e delle produzioni industriali.
La manifestazione neofascista del 17 maggio aveva l'intenzione di intimidire queste voci, mostrando che chi è contrario a una economia di guerra, chi critica il militarismo nella società e il tentativo di portarlo nella scuola, chi si oppone alla militarizzazione del territorio, rischia di essere pesantemente e sistematicamente attaccato, delegittimato, isolato.
Ma la città non sembra aver dato corda a tali intenti intimidatori: ha risposto in massa e compatta - con la partecipazione di migliaia di persone e l'apporto di decine di associazioni e di partiti - alla contro manifestazione, ben più nutrita, gioiosa e colorata dello scuro corteo neofascista.
Il metodo delle "calate lampo"
Negli ultimi anni,vari gruppi neofascisti e di estrema destra - tra i quali CasaPound, Forza Nuova, e altre realtà militanti - organizzano "calate" (ovvero spostamenti in massa di loro militanti) in alcune città italiane. L'obiettivo è quello di mostrare la loro forza, radicalizzare i propri militanti, occupare simbolicamente determinati spazi urbani, sfidare le autorità e le controparti antifasciste. Il tutto per creare tensione mediatica, richiamare attenzione sulle proprie tematiche e raccogliere consensi tra le frange giovanili allo sbando e tra le fasce di popolazione anziana meno attrezzata culturalmente che, in preda alle paure evocate dalle destre, è disposta a farsi governare da figure apparentemente forti, anche se poco propense a occuparsi del bene comune.
Organizzano non solo manifestazioni in occasione di loro eventi e anniversari storici, ma anche presidi intimidatori davanti a centri sociali, sedi di partiti di sinistra, assalti a sedi dei sindacati, come pure azioni dimostrative, parate di teste rasate allineate militarmente, slogan truci e saluti a braccia tese.
L'effetto vuole essere decisamente intimidatorio: spesso richiama le 'calate' delle squadracce fasciste, le spedizioni punitive a cui erano soliti i loro ispiratori nel 'ventennio' del secolo scorso.
La tattica è ormai collaudata: Genova, Dongo, Livorno, e ora Milano e La Spezia.
I neofascisti annunciano le loro iniziative all'ultimo momento, cercando così di evitare o contrastare - per quanto possibile - risposte organizzate, lasciando poco margine alla mobilitazione antifascista. Si presentano con simboli e slogan nostalgici del periodo fascista, si cospargono di "patriottismo" per spacciare idee di nazione e tradizione alquanto tossiche.
Troppo spesso le autorità li proteggono, garantendo loro agibilità politica e spazi cittadini.
Le forze dell'ordine li scortano quasi con gentilezza, ignorando saluti romani, simboli vietati dalla costituzione, slogan aggressivi e protervie minacce. Gli antifascisti invece vengono identificati e repressi anche solo per uno striscione o per aver gridato "Viva l'Italia antifascista",e spesso vengono manganellati durante pacifiche manifestazioni di protesta.
Strategie politiche
La strategia politica di CasaPound agita nella manifestazione del 17 maggio a La Spezia, si dipana su più livelli,con diversi obiettivi simbolici, retorici e operativi.
Sdoganamento ideologico, normalizzazione mediatica, negazionismo e riscrittura della Storia
CasaPound, scegliendo di organizzare una manifestazione pubblica in una città fortemente connotata simbolicamente come La Spezia, punta a legittimarsi come forza politica "patriottica", rivendicando il diritto alle piazze al pari dei partiti istituzionali.
In città avrebbero raccolto a fatica 50 persone, per cui hanno dovuto dichiarare la manifestazione “nazionale”, sia per attribuirsi un'aura di autorevolezza, che per raccogliere almeno altre 200 persone a costituire parterre per il loro portavoce e dirigente che, arrampicandosi sugli specchi di fronte a tale adunata oceanica, ha cercato di negare l'ispirazione antifascista della Costituzione.
Sfruttando il frame della libertà di parola - conquista che, guarda caso, è propria dell'antifascismo da loro negato - utilizzano la piazza come dispositivo politico per reclamare una forma di cittadinanza militante. Continuano a ripetere di aver diritto a " giustizia e libertà", valori ampiamente calpestati dall'ideologia che li ispira e dai maitre à penser a cui fanno riferimento. La partecipazione pubblica a manifestazioni di questo genere, sotto un'apparente legalità, costituisce un tentativo di ridefinizione del proprio status politico, puntando su una sorta di normalizzazione istituzionale, con soventi richiami alla libertà di espressione.
È un riposizionamento simbolico: da gruppo marginale a soggetto “vittima del sistema”, legittimato a esistere in nome del pluralismo. Un tentativo di ripulire il proprio 'brand', il proprio ruolo e l'attività storica di movimento eversivo, proponendosi come “vittima mediatica” rispetto a tale immagine consolidata.
Una strategia che crea ambiguità narrativa: se anche i neofascisti, i proto-fascisti, i nostalgici del regime sono ammessi al confronto, allora si dissolve il confine tra ideologia e opinione, tra progetti eversivi e partecipazione democratica.
Radicalizzazione dell'agenda riguardante l'immigrazione (ecco la "remigrazione")
Il termine “remigrazione”, già usato in Francia da Le Pen e da Zemmour, è centrale nella ridefinizione della propria immagine, quando cercano di rendere apparentemente accettabili posizioni ben più scabre e radicate: non si tratta solo di una proposta politica, ma di una narrazione etno-identitaria che si propone di attribuire sapore più tecnico all'ideologia razzista: si tratta dell'idea di ritornare a una "purezza" nazionale ed europea, costruita sull'espulsione degli “altri”. Un concetto che va oltre la destra sovranista classica, affondando le radici nell'estrema destra xenofoba e identitaria europea.
Il summit che si svolge a Milano su tale tema, rafforza l'idea di una rete trasnazionale dell'estrema destra, di cui CasaPound si propone quale importante snodo italiano.
Provocazione strategica e tensione simbolica
CasaPound sa bene che la propria presenza pubblica genera conflitto e reazione: l'attenzione mediatica, lo svolgersi di contromanifestazioni, la marcata presenza di forze dell'ordine, aumentano la visibilità dei loro militanti e rafforzano la narrazione di “minoranza perseguitata, capace di resistere al sistema”.
A La Spezia il coinvolgimento del sindaco (di centrodestra) nella manifestazione antifascista, apre una frattura simbolica nel fronte conservatore; CasaPound ha cercato di sfruttare tale fatto per accusare il sindaco di “tradimento” ideologico.
In tal modo tentare di occupare gli anfratti politici lasciati scoperti da una destra istituzionale che appare più moderata nei toni (ma non nei contenuti).
E' un meccanismo che sono soliti mettere in atto anche nei confronti dei partiti di governo accusandoli, con circonvoluzioni di parole, di non essere fascisti duri e puri quanto lo sono loro.
Territorializzazione e simbologia di conquista
Scegliere La Spezia, città medaglia d'oro della Resistenza, ha un significato preciso:
- è un atto di sfida identitaria, una vera e propria “marcia sul territorio”, per misurare la propria forza e sondare le reazioni sociali e istituzionali.
- serve inoltre a intercettare elettorato nostalgico, deluso o disilluso, in un territorio storicamente refrattario alle loro ideologie.
Proiezione europea e nuova strategia metapolitica
Il riferimento nel titolo della manifestazione a una “Europa potenza” suggerisce il tentativo di costruire una nuova narrazione geopolitica: una Europa "fortezza", sovrana, slegata dalla NATO, ma estremamente militarizzata e aggressiva.
Una visione che rientra nel quadro di integrazione con le lobby dell'industria militare, con le quali alcuni ambienti neofascisti intrattengono da sempre rapporti opachi, ma funzionali.
CasaPound non cerca semplicemente visibilità.
Cerca di ridefinire il discorso pubblico sull'immigrazione sulla base di concetti più estremi, camuffati da "realismo politico".
Si posiziona come avanguardia culturale dell'estrema destra, con l'effetto di attirare verso di sé e quindi spostare ancora più a destra, le posizioni dei partiti di governo.
Consolida anche in abito territoriale i propri legami transnazionali e raccoglie consensi in vista di un possibile ritorno sulla scena elettorale, come pure con l'intento di influenzare più o meno direttamente gruppi paralleli.
Politica del conflitto controllato
CasaPound non teme la reazione antifascista: anzi, la cerca.
Il conflitto contribuisce a rafforzare l'identità del gruppo (“noi contro tutti”) e attiva una logica di "accerchiamento", dove la percezione di ingiustizia subita, legittima l'uso futuro di retoriche ancor più aggressive.
Agli occhi dei simpatizzanti di destra si posiziona come "elemento di rottura", alternativo sia al centrosinistra che alla destra parlamentare, accusata di “tiepidezza”.
È la politica dello choc simbolico: occupare luoghi della memoria - come La Spezia, medaglia d'oro della Resistenza - permette di marcare il territorio e instillare una narrazione di segno opposto, aprendo le porte al revisionismo storico.
Comunicazione e linguaggio come strumenti evocativi
Costruzione dell'identità di gruppo
CasaPound si propone in forma di "comunità immaginata", coesa e combattente. Tre i pilastri psicologici su cui si fonda tale assunto:
Appartenenza e forza: "noi" come gruppo forte, valoroso, che resiste all'omologazione e alla debolezza della modernità.
Purificazione: tutti gli "altri" (immigrati, progressisti, istituzioni) sono contaminanti, sono corpi estranei da espellere.
Riscatto: il gruppo si percepisce come portatore di una dimenticata epica storica da far risorgere (Roma imperiale, ordine, onore, forza).
Le psiche di individui 'problematici' vengono inesorabilmente attratte da tali promesse di potere, purezza e redenzione.
Attivazione di emozioni collettive
Il linguaggio e i simboli di CasaPound puntano a mobilitare emozioni forti.
Rabbia e orgoglio ferito: contro lo Stato che abbandona "gli italiani".
Paura: dell'invasione, della decadenza, della "sostituzione etnica".
Euforia: ritualità militante, marce, slogan, bandiere: le manifestazioni e i correlati simbolici,come
"catarsi virile" e senso di missione.
Alcuni momenti delle manifestazioni,alcune rigide procedure, gli schieramenti di tipo militare, divengono riti iniziatici e identitari.
Il linguaggio utilizzato: retorica della potenza e della remigrazione
"Remigrazione" è un neologismo carico di echi profondi.
La scelta di tale termine non è casuale.
È un frame: suona neutro, tecnico, quasi "ecologico" (un ripristinare gli equilibri). Ma è un codice che riguarda l'espulsione su base etnica.
Espulsioni di massa, con meccanismi e procedure molto più estreme e assolute rispetto al valutare l'opportunità dei singoli rimpatri.
È un concetto di tipo reattivo: inverte l'etica dell'accoglienza e propone una narrazione di restaurazione.
Nel contesto del summit di Milano, si riferisce al rimpatrio forzato non solo di immigrati irregolari, ma anche di cittadini stranieri regolari e dei loro discendenti, ritenuti comunque "non assimilabili".
Nel contempo, fare campagna sulla "remigrazione" è un tassello funzionale anche alla campagna per il NO al quinto referendum, quello per la cittadinanza.
Inoltre la parola “remigrazione” funziona anche in ambienti meno connotati ideologicamente perché non suona violenta, ma evoca ordine, giustizia, compensazione.
"Europa potenza" evoca nostalgia e desiderio di dominio
Il secondo polo linguistico scelto per questo evento, "Europa Potenza", evoca l'idea di una nuova sovranità continentale, sganciata dalle logiche liberali e dai laccioli della NATO.
Accende il sogno di un'identità europea bianca, guerriera, coesa.
È un riferimento implicito alla costruzione di un blocco militar-industriale sovranista dove, nel quadro di Rearm Europe, l'industria bellica diventa strumento di potenza e orgoglio (oltre che di speculazione).
L'intreccio con lobby e apparati
CasaPound non agisce in isolamento.
Il suo linguaggio e la sua strategia si integrano in una vasta rete di riferimenti e interessi materiali e finanziamenti occulti o indiretti da ambienti imprenditoriali legati al settore della sicurezza e degli armamenti.
Legami con lobbies militariste europee, come Rearm Europe, che spingono verso una militarizzazione sovranista dell'UE.
Scambi di personale e consulenze tra militanti, think tank e apparati para-politici (spesso sotto copertura culturale o editoriale).
La piazza come laboratorio ideologico
La manifestazione di CasaPound a La Spezia è stata molto più di quanto immediatamente visibile nell'evento pubblico: nonostante l'esiguità della partecipazione numerica si è configurata come dispositivo ideologico performativo, anche, e forse proprio nel suo 'ingabbiamento'.
È servita a testare la tolleranza democratica delle istituzioni,a costruire consenso emotivo e psichico in una fascia giovanile precaria, arrabbiata, identitariamente smarrita.
Costituisce il tentativo di rappresentare una cultura politica alternativa, ma antica, in rottura con la modernità liberale e democratica: una cultura che, per un giovane che non conosce la Storia, è apparentabile a fumetti e videogiochi distopici,alla cui trama appassionarsi.
Una narrazione che - fondata su ordine, forza, etnia, tradizione, militanza - dipinge una facile formula apparentemente capace di sopire determinate ansie personali e sociali, ma che è filtro alla realtà, nega la storia, nasconde le ingiustizie e i drammi che tale cultura e ideologia porta alla società.
Purtroppo la strategia comunicativa di CasaPound e di altri gruppi neofascisti non è semplice propaganda: è politica delle emozioni, finalizzata a plasmare un immaginario collettivo basato sull'epica protofascista, capace di affascinare le menti meno consapevoli.
Cosa significa tutto questo per La Spezia
Lasciar correre e non dar peso a tutto questo, avrebbe rappresentato un preoccupante rischio di normalizzazione del neofascismo: se la città accettasse passivamente queste manifestazioni, diventerebbe terreno fertile per altre operazioni simili, con un conseguente aumento delle intimidazioni, il rischio di radicamento di ideologie distorte, la diminuzione degli spazi di agibilità democratica e l'aumento della repressione nei confronti dei movimenti per i diritti.
Avrebbe indirettamente autorizzato una maggiore influenza delle lobby militari sulle scelte politiche locali e avrebbe comportato una progressiva criminalizzazione del dissenso (già oggi chi protesta contro le guerre, chi è contrario al riarmo, chi manifesta il proprio orrore per i genocidi,viene trattato come un "sovversivo").
La posta in gioco è politica, economica e ambientale.
Il modello “La Spezia città militarizzata” significa, come per tutto il resto del Paese, meno risorse per il welfare, la scuola, la sanità; maggiori rischi ambientali; dipendenza da un'economia di guerra, invece che di pace e transizione ecologica,
Cosa possiamo fare?
Di fronte a queste strategie è necessaria un'ampia mobilitazione antifascista: contro- manifestazioni, presidi, azioni culturali, per dimostrare che La Spezia non soccombe a tali ideologie.
È importante fare rete, collegarsi con altre realtà che hanno respinto tali "calate" (Genova, Livorno).
È necessario fare controinformazione: smascherare i legami tra CasaPound, industria bellica e partiti al governo; mostrare come la "narrativa patriottica" nasconda solo interessi economici.
Sostenere i movimenti antimilitaristi, dare voce alle realtà che lottano per un'economia di pace. Collegare la lotta antifascista a quella contro le guerre e a quella contro lo sfruttamento e l'inquinamento ambientale.
Rivendicare un futuro disarmato, ecologico, giusto.
Il messaggio deve essere chiaro:
La Spezia non è una città da militarizzare,
ma da riconquistare alla pace e alla democrazia.
Mai più fascismo, mai più guerre!
La Spezia vale più delle sue armi e delle sue navi da guerra!