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Simbolismi urbani

La questione sollevata rispetto alla cancellazione del murales, quale espressione di Street art, presso l'ex mercato coperto di Massa,si presta e motiva una riflessione, seppur condotta con brevi note, sulla comunicazione sociale condotta attraverso simboli urbani o la loro rimozione.

Risulta evidente che in questo caso siamo di fronte ad un atto violento ed ideologicamente significativo rispetto alla storia della città. Infatti l'opera cancellata non costituiva un "imbrattamento" lesivo di un'immagine urbana, bensì un' operazione culturale di rilettura di un'emergenza architettonica, caratterizzata da diversi stilemi linguistici.

La parete bianca, relitta rispetto ad una articolazione semantica rinvenibile sugli altri fronti suggeriva una sua interpretazione che e' stata realizzata attraverso il murales, che e' stato posto come icona di un possibile recupero e valorizzazione di spazi urbani attraverso un'operazione di risemantizzazione dei suoi spazi.

Non si tratta dunque di " bello" o di "brutto",categorie ambigue e controverse ma, perlomeno in questo caso e con la sua distruzione, di un'operazione ideologica di impossessamento della città e della sua immagine, tesa ad affermare in modo autoritario una propria visione in modo autoritario, sottraendosi al confronto dialettico costituito dal dipanarsi del processo storico che scandisce, anche attraverso simbolismi, lo spirito del tempo.

Tale dialettica determina ciò che possiamo definire,attraverso l'immagine della città, parte costituente della cultura urbana inerente ad una comunità che si rappresenta anche attraverso gli spazi e le forme fisiche di relazione urbana che determina nel corso della sua storia. In altre parole e per comprendere il concetto: sarebbe stato come se all'indomani della liberazione le amministrazioni democratiche avessero abbattuto la torre delle poste, quale simbolo, ampiamente usato nelle città nuove dell'Agro Pontino, di rifondazione della città secondo un'ideologia monumentalista caratteristica di parte della cultura architettonica del tempo ,(che si accostava peraltro in termini contraddittori col nascente razionalismo,poi valorizzato in seguito) espressione del regime fascista e dei suoi miti imperiali.

La torre delle poste invece e' rimasta intatta e' segna di sé la città e ne testimonia un passaggio storico del suo corso, divenendone documento. Un documento atto a contribuire ad una cultura critica rispetto al proprio passato.

Del resto l'attuale amministrazione della banalità e superficialità nel suo approccio a tali temi ne ha fatti la sua cifra distintiva e, da questo punto di vista, ne connota la logica autoritaria. Una logica che si affanna in una tarda, stanca e provinciale replica di un futuristico "fare" in nome del quale si compiono criticabili come questa o altre operazioni discutibili come la piazza Betti e lo spazio antistante al pontile, così come il monumento a Bellugi.

Operazioni che costituiscono un emblematico esempio di una retropia in cui si vuole condurre la città alla ricerca di un ordine privo di senso storico.

Rispetto al ex mercato poi, non vale neppure la scusa di una necessita' improrogabile rispetto ai lavori da eseguirsi, perché, in tal caso, tale tema poteva essere affrontato ben diversamente, ponendo la questione al consiglio comunale (proprietario del bene) e interpellando la città e le sue espressioni più vive dal punto di vista culturale.

Una cosa e' certa, aldilà del valore estetico dell'opera perduta, oggi la città e' più povera, privata di un' esperienza culturale significativa ed isolata, rispetto a movimenti pittorici ed estetici che segnano il nostro tempo, rinchiusa in un micromondo autoreferenziale.

Ciò non e' una novità, da tempo abbiamo osservato come la città si stia dissolvendo, sospinta da questa amministrazione, in un "condominio", dove i cittadini sono ridotti e sostituiti da consumatori e "proprietari" i quali,per essere tali ,non debbono guardare verso gli orizzonti delle esperienze umane e costruire in tal modo cultura,ma debbono rimanere confinati ossessivamente nei limiti della loro "proprietà" isolati rispetto a relazioni stimolanti un pensiero.

Una proprietà chiusa reale o solo ipotetica e virtuale,da porsi come "tana" della bulimia consumistica e della propria solitudine. Nel piccolo ci sta' il grande diceva un santo,ed anche un fatto come questo ci dice dei brutti tempi che la nostra comunità sta' vivendo e del bisogno di un'alternativa,non solo auspicabile ma necessaria.

Adriano Tongiani

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