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Psicostasia fornese

Prevedo che questo post-articolo (non nel senso di articolo postmoderno, semmai antico, quindi forse sarebbe più corretto definirlo pre-post) piacerà a quasi tutti i miei amici fornesi sempre dediti all’esoterismo, attraverso lo strumento del bicchiere. Ho poi come la premonizione che in primis ne rimarrà entusiasta la mia amica Patrizia che da Lucca ormai giornalmente sale le Apuane alla ricerca dell’anima. Ma metto anche le mani avanti, dichiaro infatti al tempo stesso che io non credo alle premonizioni, alle preveggenze, ai veggenti di qualsiasi tipo, né tanto meno agli exit poll.

Il post è composto da tre elementi: a) il testo presente, b) l’appendice “legenda della mappa”, e c) la mappa-disegno, tutti da seguire in maniera complementare. La mappa è opera di Giona, mio principale discepolo-assistente che l’ha eseguita in assoluta fedeltà alle mie indicazioni.
Dunque, il giorno 13 giugno 2015 sono andato alla presentazione del libro di poesie del mio amico Massimo, con interventi programmati di altri due amici: Alessandro e Paolo. L’iniziativa era organizzata dall’Accademia de’ Rinovati in Massa, di cui sono socio. Le accademie nacquero soprattutto nel Settecento, secolo dei lumi della ragione, ma un qualche recondito ancoraggio all’esoterico lo conservarono sempre. Claudio, un altro mio amico, ha ben spiegato in un suo libro come la nostra città sia piena di simboli esoterici, e addirittura che la sua ideazione e fondazione siano tutto un disegno di tal tipo. Leggendo e commentando le poesie i miei tre amici sono andati a parare nella psicostasia dell’antico Egitto, la cerimonia alla quale, secondo il Libro dei morti dell'antica religione egiziana, veniva sottoposto il defunto prima di poter accedere all'aldilà, una sorta di pesatura dell’anima.
A quali traguardi sorprendenti porta la poesia! Sono tutti e tre infaticabili lettori di libri, 100 volte più di me più che già ne leggo tanti, e mi immagino, conoscendoli, quanti testi avranno sviscerato per appurare la loro curiosità sull’argomento e poter dir qualcosa quel giorno. D’acchito mi era venuta voglia di alzare la mano e dire: “Non è necessario tornare indietro di 5000 anni, e andare in Egitto, basta venire a Forno e chiedere, la pesatura dell’anima vi è ancora praticata!”
Ma poi il dubbio di sembrare troppo supponente (perché “leggermente” penso sia un bene) col mio solito Forno “Sempre Avanti!”, l’educazione di non voler disturbare un dibattito che aveva poi al centro le poesie di Massimo, la consapevolezza che è sempre meglio non parlare all’impronta su determinati argomenti per evitare di rivelare troppo, mi ha fatto decidere per questo articolo più ponderato.
Sono qui perciò a raccontare nel dettaglio l’ultima cerimonia di pesatura dell’anima cui ho assistito sui monti di Forno, che fu la terza cui partecipai, compresa la prima della mia iniziazione. Userò a tal fine riferimenti alla mappa allegata.
Il fatto avvenne nell’estate del 1978, al solstizio di giugno, e si svolse sulla cima del Picco di Navola (E). Chiaramente si celebrò di notte (sottolineo la bellezza poetica del “chiaramente di notte”, e mi scuso già di queste digressioni ripromettendomi che cercherò di evitarle, o almeno di farle corte). Il Picco (E) si trova dirimpetto al Monte Sagro (H), appunto sacro per la nostra comunità, sta poco sotto il Monte Rasori (i) e permette la vista della cima del Pizzo d’Uccello (M) e del Monte Grondilice (R). Ha poi di fronte il tratto (A-B) della via di Vinca. Cosa non da poco perché si tratta forse della strada che ha visto le prime orme umane sul nostro territorio, quelle dei pastori che da Vinca portavano i greggi di pecore in transumanza fin nelle “Maremme Toscane”. Quelle orme di circa 10 mila anni fa (inizio della pastorizia) sono incise nella roccia di Foce Orsara (A) perché è l’unico intaglio che permette il superamento del crinale sud del Sagro, e quindi in quel preciso punto la strada non può aver mai cambiato percorso, le orme vi si sono quindi consolidate. Per far capire i rimandi all’esoterismo basti dire che i pastori vinchesi di un tempo vestivano con tuniche di canapa tinte con tannino, e che portavano i capelli con la coda, e che i codini venivano usati come denaro di scambio con gli altri popoli. Ma non posso dilungarmi su queste cose infinite. Sotto il Picco poi c’è il sentiero (U-O) che risale la Valle di Navola (più propriamente un poggio), lungo il quale esisteva un tempo la Casa del Sale (Z), edificio pubblico nel quale sicuramente si svolgevano riti iniziatici e sacri. Per salire al Picco ci sono vari percorsi ma quello iniziatico per la pesatura prevede di passare da canale Regolo, iniziando da loc. Mozziconi, per arrivare sulla sx idrografica alla loc. Tecchiaredina, da lì alla foce dei Focaredi, per risalire infine l’affascinante sentiero a gradini peruviani, quasi inciso sulla costa sud del Picco stesso, sino alla sua cima (le ultime località citate non appaiono nella mappa perché Giona ha detto che non ci stavano e ci sarebbe voluto un altro foglio). Un percorso più facile prevede di risalire la lizza (L) che parte da loc Mozziconi e che era carrozzabile fino al poggio caricatore (N) per poi passare in Navola attraverso il ponte (F) e risalire il sentiero (U-O) fino alla Casa (Z) e da lì svoltare a dx per sentiero tracciato fino alla cima (E).
Dette queste necessarie informazioni logistiche si può descrivere la bilancia pesa anime indicata con il suo fulcro-leva (D). Essenzialmente si tratta di due aste incrociate di legno di Tasso, del quale è documentata una antica foresta alle pendici di loc. Pradacetti, dove ancor oggi esistono alcuni esemplari residui. L’asta verticale alta circa 12 braccia è infilata in un foro di una masso magico squadrato (W) di circa un metro cubo che viene posizionato sulla cima del Picco in occasione della cerimonia togliendolo dal suo nascondiglio, dove al termine viene risposto. L’asta orizzontale di circa 10 braccia è imperniata su quella verticale con ingranaggio (ad un metro circa di altezza da terra) e comandata da una leva a frizione (D). Comandata nel senso che con la leva può essere sbloccata e roteare in senso orizzontale come una giostra, oppure ondeggiare su e giù in senso verticale sia dal lato indicato con (X) che da quello indicato con Y. Anche le due aste e il meccanismo sono nascoste in luogo segreto, diverso da quello del masso (W). Sulla cima dell’asta sta la bandiera della comunità (T), che è conservata dallo sciamano (1). Detta di passaggio, una curiosità: io credo che l’asta verticale sia stata usata come Albero della Liberà che fu innalzato con pubblica cerimonia in piazza Aranci il giorno 3 luglio 1796 dopo che Massa era stata occupata dai Francesi il giorno 30 giugno. Lo presumo in base al fatto che nelle cronache non si spiegò bene da dove fosse spuntato fuori l’albero, dal fatto che era della stessa misura 12 braccia, dal fatto che aveva chiaramente una sua valenza simbolica, arricchita nell’occasione dal berretto frigio e dalla coccarde tricolori, infine dalla data, appunto 3 luglio, in cui scrivo, che offre quindi richiami cabalistici ed esoterici. Però è sempre meglio rimarcare che io non credo nel presumere, nella presunzione, e nella cabala, ma che mi piace usare la digressione e dilungarmi, nel senso soprattutto del disperdermi, ma la tronco qui.
Chi prepara tutta le cerimonia e il certo faticoso ambaradan?
Lo fanno gli otto sacerdoti, compreso lo sciamano, indicati con i numeri (1-8). Tutti i sacerdoti stanno a torso nudo, lo sciamano ha una lunga parrucca nera ed è naturalmente il più pazzo di tutti. Nelle fasi preparatorie io l’ho visto sedersi sull’asta orizzontale, sbloccare la leva (D) e farla girare a velocità fantastica come una trottola, e dire che gira sul precipizio sottostante di 500 metri (E-F)!, arrampicarsi sull’asta fino alla cima per mettere la bandiera, saltare da lì sul masso (W), ed in più bere continuamente e urlare a più non posso. Il tutto mentre balla sulle rocce e le suona, nel senso che le batte con un suo strumento di bronzo ottenendo da ogni sasso una nota ed un suono diversi a costruire una complessa melodia che risuona in tutta la valle che il Picco sovrasta, ma anche in maniera più diffusa nelle valli adiacenti. Quello sciamano è morto, io dico inspiegabilmente, e non posso farne il nome per vincolo istruttorio. Non so nemmeno dire bene quale fossero le sue qualità, ma solo che tutti lo seguivamo all’unisono qualsiasi cosa ordinasse di fare. Il problema è che finora non se ne è trovato uno nuovo. Un amico si propose all’assemblea dei sacerdoti (che preciso non sono solo otto, 8 infatti sono quelli che assistono), e sembrava adatto e tutti lo volevano tanto che nel 1999, prima della preannunciata fine del mondo del 2000 si mise alla prova, sul Picco. Ma non riuscì nemmeno a far muovere la bilancia! Io in fondo ho il sospetto che non superò l’esame per aver letto troppi libri! Ma preciso che non credo nemmeno alla logica del sospetto. Anni prima poi si era presentato un Inglese, che voleva sapere, fosse stato un druido gallese, o irlandese! Magari in tal caso! Non so. Ma non fu nemmeno ammesso al rito. Forse fu il turista ritrovato poi morto dal mio amico Cesarino (anche lui vecchio sacerdote) nel versante del canal Fondone. Evidentemente nella sua ricerca del masso (W) di cui mi dissero forse un qualcosa sapeva, si era perso e poi caduto. Ma è di nuovo una mia supposizione, quindi non una verità.
Veniamo alla cerimonia. Inizia quando Giove (G) sorge sopra la Foce di Giove (FG). Non chiedetemi come e perché questo avviene, non mi intendo di astronomia e la questione poi è infinitesimale. So solo quello che ho vissuto. Ad una certa ora, forse la mezzanotte, lo sciamano cominciò ad urlare di guardare sopra la Foce di Giove (FG) indicando la direzione e annunciando che stava per sorgere Giove (G), ed in effetti Giove (G) di lì a poco apparve. A me poi sembra del tutto ovvio che Giove (G) sorga proprio sopra la Foce di Giove (FG), nomen omen.
Con la pesatura si pesa l’anima di un vivente su richiesta dello stesso. La qualità dell’anima che viene ricercata e sancita dalla pesatura è la sua leggerezza, che equivale a chiarezza, semplicità e purezza. Mentre la pesantezza significa complessità e confusione, ed anche un po’ sporcizia, nel senso di macchie che inquinano la candidezza. Sul lato (X) dell’asta (che ha un sedile) viene sistemata la persona cui pesare l’anima, sul piatto d’oro Y dal lato opposto viene posata una piuma d’aquila presa la notte precedente in un nido d’aquila sullo spigolo est del Sagro (H1). Poi lo sciamano sputa una polverina sulla persona, che annulla il peso del suo corpo, e rimane solo quello dell’anima. A tal punto i sacerdoti fanno girare l’asta orizzontale e la persona è posizionata sul lato del “pricipizzio”(fornese puro, ma anche un po’, ammetto, antonese, perché lo usava spesso il mitico Gildo). Lo sciamano a quel punto sblocca la leva (D). Si può allora assistere ad un vero e proprio miracolo. Infatti, se l’anima è più leggera della piuma la parte di asta dove questa è posata si abbassa e si alza la parte dove sta la persona, una cosa fantastica, quasi incredibile. L’iniziato-pesato che ottiene tale risultato è ammesso tra i sacerdoti della comunità. Alla cerimonia assistono come detto otto sacerdoti compreso lo sciamano, ma se si contano anche le anime che stanno a guardare dalle cime, e dalle stelle, il numero diventa simbolico perché in realtà i presenti potrebbero essere annoverati anche in ottanta, o ottocento, o otto mila, o ottocento mila, o otto miliardi, chi lo sa? (rubo, questa citazione, lo confesso, dal mio Borges).
Quella notte del 1978 fu pesato Elso che era l’arrampicatore a cui lo sciamano chiedeva di catturare la piuma d’aquila. Noi sapevamo che Elso era un puro e che avrebbe superato la prova perché da anni procurava la piuma, pur non essendo un sacerdote, ed infatti mai aveva partecipato alla cerimonia. Ma lo sciamano sapeva che era tanto candido che mai avrebbe pensato di andare a cercare la piuma in un altro luogo, per dire sul Pizzo d’Uccello, od anche sul più vicino Collereto (o Codereto), ante cima sud del monte Rasori. No! Lui tutte le volte, la sera prima della cerimonia saliva lo spigolo est del Sagro (H1) a cercare il nido! Non per niente si dice che l’anima leggera e pura sia la coscienza.
Quando la bilancia entrò in funzione il piatto Y toccò il terreno, ed Elso dall’altra parte si alzò all’altezza della bandiera (T), lo sciamano disse che non aveva mai visto uno sbilanciamento simile. Elso fu festeggiato come nuovo sacerdote! Si smontò e nascose tutta l’attrezzatura e si iniziò a bere ed a ballare sul ciglio del Picco (E). Io in verità (confesso questa è proprio una verità!) mi tenni sempre un metro distante, ed anche all’inizio per vedere il pricipizzio (E-F) mi ero infatti sdraiato sulla cima (E) Ma non fui condannato dagli altri come un vile, sapevano che ero ancor giovane, e che ci voleva del tempo per farsi (dove farsi è di nuovo simbolico ed esoterico).
Quanto spuntò il sole oltre la Tambura riscendemmo in silenzio, Giove era sparito da tempo.
Avrete notato che alla cerimonia non erano presenti donne. Io credo di sapere il perché. La donna di per sé ha l’anima leggera, non ha bisogno di comprovarlo pesandola. Non per niente Dio (dicono in tanti) o la Natura (dicono altri, me compreso) ha affidato a lei la procreazione, cioè la vita. Mi vengono in mente le mie nonne: una si chiamava Bona e mise al mondo 12 figli, l’altra diede la vita solo a due ma si chiamava Candida. Bastano i nomi, non credo serva aggiungere altro. Anche quello sulla donna è definibile senz’altro come un mio convincimento, ma in questo caso ho la forza di crederci moltissimo. Questa storia è una leggenda. Le leggende servono a misurare la propensione alla leggerezza, per esempio se siete capaci voi amici di leggerla e raccontarla ad un bambino vuol dire che siete già su una buona strada, quella della poesia, che rimane gran cosa.
Comunque dopo aver letto la leggenda, potete ora leggere in Appendice la legenda che illustra mappa, entrare in quest’ultima ed anche voi sognare.

Appendice
Legenda della mappa - La macchina per pesare le anime sul Picco di Navola
A = Foce Orsara
B = Foce Vinca
A-B = tratto della via che da Vinca porta a Forno e che corre a mezza costa sul pendio sud-est del Sagro
H = cima di monte Sagro
H1 = spigolo est del Sagro
M = cima di Pizzo d’Uccello
G = Giove
FG = Foce di Giove (poi col tempo Foce di Giovo, Giovo o Giovetto)
R = cima di Monte Grondilice
I = cima di Monte Rasori (è la più bassa, però dal punto di vista storico forse la più importante! e ciò lo spiegherò altrove)
P = abetaia di Vinca (non è autoctona, l’ha seminata l’uomo)
O = Foce di Navola
U = punto in cui la strada per Navola attraversa il canale da dx idrografica a sx abbandonando la via di lizza
O-U = tratto della via di Navola che risale il poggio di Navola
Z = antica Casa del Sale pretesa dai Vinchesi (vi facevano una sosta nel trasporto dei sacchi di sale), nello stesso luogo sorse poi il Rifugio Pisano, anche quello però non c’è più)
F = ultimo ponte in traversine di legno e longarine di ferro che attraversa canale Regolo (oggi barato (quest’ultimo è termine indigeno che viene dalla locuzione riferita al Vaiont, ormai considerata un classico della letteratura fornese, che recita: “il monte franò, il lago sbitonzò, la diga barò e morirono più di duemila morti”)
S = canale Regolo che confluisce poi nel canale Secco, vicino alla cava di dolomia della Tassara che oggi non c’è più (forse anche Regollo, o Rigola, o Regola)
E = cima del Picco di Navola
E-F = distanza dello strapiombo di circa 500 mt, in fornese un vero e proprio “pricipizzio” (strapiombo vuol dire che la perpendicolare tra i due punti è diritta come il filo teso dal piombo)
W = è una pietra magica quadrata dove viene infissa l’asta che è la parte centrale della bilancia per pesare le anime (la pietra dopo l’uso viene nascosta in un anfratto 5 metri sotto il Picco), anche l’asta, che è di Tasso (raccolto nei Pradacetti bassi) e lunga 12 braccia, viene nascosta dopo l’uso
D = leva o frizione con la quale viene sganciata l’asta orizzontale della bilancia che prima di pesare è bloccata (anche l’asta orizzontale e la leva vengono nascoste alla fine della cerimonia)
T = antica Bandiera della Comunità di Forno che è poi conservata dallo sciamano della comunità (drappo triangolare rosso con bordo nero)
X = persona della quale viene pesata l’anima (Nota importante! a Forno è un vivente! In Egitto invece si pesava solo l’anima del morto, al momento in cui lasciava il corpo)
Y = piatto d’oro sul quale viene posata la piuma bianca di aquila che deve essere fresca, cioè raccolta la notte prima in un nido sullo spigolo est del Sagro (il prenderla da altri posti, od in altro tempo, inficia l’intera cerimonia). Il piatto d’oro è conservato dallo sciamano, la piuma viene gettata dal Picco di Navola al termine della cerimonia.
1-2-8-4-5-6-7-8 = sono gli 8 sacerdoti che assistono alla cerimonia, il n. 1 è lo sciamano che la guida (ora è morto da tempo ed ancora non è stato sostituito, so il nome ma non posso dirlo), il n 5 ero io. Conosco naturalmente anche tutti gli altri.