"Io ho un sogno, che i miei quattro figli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per ciò che sono. Io ho un sogno, oggi".
Il 4 aprile 1968 veniva ucciso a Memphis, nel Tennessee, il pastore battista Martin Luther King. Anche se il Civil Rights Act del 1964, grazie alla lotta nonviolenta del movimento per i diritti civili degli afroamericani, aveva abrogato ufficialmente ogni forma di segregazione nei luoghi pubblici, la piaga della discriminazione razziale continuava.
Il sogno che M. L. King aveva espresso nel famosissimo discorso noto come "I have a dream speech", pronunciato a Washington il 28 agosto del 1963, a conclusione di una memorabile marcia di protesta per i diritti civili dei neri, non si era ancora realizzato. La società americana deve fare tuttora i conti con varie forme di razzismo, di cui l'ideologia del suprematismo bianco è l'espressione più violenta e radicale.
Ma anche qui da noi, soprattutto in momenti di crisi e di disorientamento come quello che stiamo vivendo, compaiono forme di paura e rancore nei confronti dei "diversi". Ne sono testimonianza eventi drammatici come la caccia al "negro" di Macerata, o l'omicidio di Idy Diene del 5 marzo a Firenze (che lascia la moglie vedova per la seconda volta, dopo che il suo primo marito era già stato ucciso nel 2011), nonché le allarmanti scritte sui muri dei bagni dell'Università Cà Foscari a Venezia, denunciate con coraggio nella lettera aperta che la studentessa Laeticia Ouedrago ha inviato all'anonimo autore: "Vienimi a parlare prima di uccidermi, cosicché io ti possa abbracciare e ti possa mostrare un pò di umanità... Non devi uccidere me, devi uccidere quel mostro oscuro che si nutre delle tue paure e della tua ignoranza, ma anche della tua ingenuità. Ti auguro sinceramente di sconfiggere questi mostri".
Sono parole che riecheggiano quelle di Martin Luther King. Tracciare qui un suo profilo biografico e culturale potrebbe forse aiutarci a riflettere su come sconfiggere anche noi, oggi, questi mostri.
M. L. King nasce ad Atlanta, in Georgia, il 15 gennaio 1929, in una famiglia da tempo impegnata per la causa dei diritti civili. Si è da poco stabilito come pastore battista a Montgomery in Alabama, con la moglie Coretta Scott King e i quattro figli, quando, il primo dicembre 1955, una donna di colore, Rosa Parks, viene arrestata per essersi rifiutata di cedere il posto in autobus ad un bianco. M. L. King invita allora tutti i neri della città a boicottare il servizio degli autobus. Il boicottaggio, praticato in massa, dura 382 giorni e si conclude con l'abolizione della segregazione sugli autobus, anche se, per vendetta, la casa di M. L. King viene fatta saltare.
M. L. King ha scoperto la nonviolenza gandhiana e nel 1959 si reca in India per approfondirne il metodo.
"Come la maggior parte delle persone, avevo sentito parlare di Gandhi, ma non lo avevo mai studiato seriamente. Come procedetti nella lettura, fui profondamente affascinato dalle sue campagne di resistenza nonviolenta... Prima di leggere Gandhi, avevo quasi concluso che l'etica di Gesù fosse efficace soltanto nei rapporti individuali. La filosofia del "porgi l'altra guancia" e dell'"amate i vostri nemici" sentivo che era valida solo quando gli individui erano in conflitto con altri individui; quando invece erano in conflitto gruppi razziali e nazioni, sembrava necessario un comportamento più realistico... Gandhi fu probabilmente la prima persona della storia ad elevare l'etica dell'amore di Gesù al di sopra dei rapporti individuali e a trasformarla in una forza sociale su larga scala, potente ed efficace... Fu in questa insistenza gandhiana sull'amore e la nonviolenza che scoprii il metodo per la riforma sociale, del quale ero andato alla ricerca per tanti mesi".
E ancora: "Quando mi recai a Montgomery come pastore, non avevo la minima idea che più tardi mi sarei trovato coinvolto in una crisi in cui la resistenza nonviolenta sarebbe stata applicabile. Non fui io a iniziare la protesta, nè a suggerirla. Semplicemente risposi alla richiesta di un portavoce della popolazione. Quando la protesta cominciò, la mia mente, consciamente o inconsciamente, fu ricondotta al Discorso della Montagna, con i suoi sublimi insegnamenti e al metodo gandhiano della resistenza nonviolenta. Col passare dei giorni, giunsi a vedere sempre più chiaramente il potere della nonviolenza. Vivendo attraverso la reale esperienza della protesta, la nonviolenza divenne più di un metodo a cui davo il mio assenso intellettualmente, essa divenne una forma di vita".
Nel 1963, da Pasqua fino a maggio, conduce una massiccia campagna contro la segregazione a Birmingham, nell'Alabama, dove in grandi manifestazioni migliaia di neri sfidano gli idranti, i manganelli, i cani della polizia, finendo in prigione in tremila, tra cui lui stesso. È qui che scrive la sua "Lettera dal carcere di Birmingham" ai suoi "colleghi nel sacerdozio" che avevano definito "poco sagge e inopportune" le manifestazioni di piazza e le azioni dirette, sostenendo che gli afroamericani non potevano più aspettare e che "... ci sono leggi giuste e leggi ingiuste. Sono il primo a sostenere l'obbedienza alle leggi giuste. Ogni persona ha la responsabilità, non solo legale ma morale, di obbedire alle leggi giuste. Al contrario, ha la responsabilità morale di disobbedire alle leggi ingiuste. Sono d'accordo con Sant'Agostino che "una legge ingiusta non è affatto una legge... Ogni legge che eleva la persona umana è giusta; ogni legge che degrada la persona umana è ingiusta. Tutti gli statuti di segregazione sono ingiusti, perché la segregazione ferisce l'anima e degrada la personalità... Io sostengo che chi infrange una legge che la coscienza gli dice essere ingiusta, e accetta di buon grado la pena del carcere per risvegliare la coscienza della comunità riguardo all'ingiustizia di tale legge, costui esprime in realtà il più alto rispetto della legge" (viene in mente l'autodifesa di don Lorenzo Milani al processo per "apologia di reato" per aver difeso l'obiezione di coscienza al servizio militare contro la presa di posizione dei cappellani militari: "In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste...").
Il successo del movimento per i diritti civili continua ed ha una delle sue massime espressioni nella marcia di Washington dell'agosto 1963, alla quale partecipano 250.000 persone, da tutti gli Stati Uniti, suscitando una rabbiosa reazione, che porta all'uccisione di quattro bambine di colore in una scuola e all'esplosione della sede del movimento a Birmingham. Un anno dopo, nel 1964, saranno assassinati nella contea di Neshoba, Mississipi, tre attivisti per i diritti civili (la vicenda è narrata nel bel film di Alan Parker "Mississipi burning. Le radici dell'odio", del 1988).
Nel 1964 King riceve il premio Nobel per la Pace e l'anno dopo guida le marce di Selma (anche queste narrate da un bel film, "Selma. La strada per la libertà", della regista afroamericana Ave DuVernay) per il riconoscimento effettivo del diritto di voto ai neri, che sarà sancito dal Voting Rights Act del 1965.
Per King diventa sempre più chiaro che la battaglia per i diritti civili si sposa con quella contro la povertà e contro la guerra. Nel 1966 vive a Chicago fra i baraccati neri e conduce una campagna in difesa dei loro diritti civili, sociali ed economici. Il 4 aprile del 1967 in un discorso alla Riverside Church, condanna con fermezza la guerra del Vietnam (Oltre il Vietnam: è tempo di rompere il silenzio), affermando che "siamo dalla parte dei ricchi e della sicurezza, mentre creiamo un inferno per i poveri" ed esortando a "una radicale rivoluzione di valori". La risposta sulla stampa statunitense è in gran parte negativa.
Esattamente un anno dopo, il 4 aprile 1968, M. L. King muore a Memphis assassinato da un colpo di fucile mentre è sul balcone dell'albergo nel quale si trovava per organizzare manifestazioni in favore degli spazzini neri della città.
"La tensione in questa città (Montgomery) non è tra la gente bianca e quella nera. La tensione è, in fondo, tra giustizia e ingiustizia, fra le forze della luce e le forze delle tenebre. E se ci sarà una vittoria, sarà una vittoria non semplicemente per cinquantamila neri, ma una vittoria per la giustizia e le forze della luce... Al centro della nonviolenza sta il principio dell'amore. Il resistente nonviolento sostiene che, nella lotta per la dignità umana, i popoli oppressi del mondo non devono soccombere alla tentazione di divenire pieni di rabbia o di indulgere a campagne di odio. Reagire nella stessa maniera non farebbe altro che intensificare l'esistenza dell'odio nell'universo" (Etty Hillesum scriveva quasi lo stesso concetto dal campo di Westerbork: "... e convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancor più inospitale").
Anche Laeticia Ouedrago concorderebbe.
Nota
Lo scorso 10 marzo, a Monteleone di Puglia, Bernice Albertine King, figlia minore di M. L. King, ha ricevuto il Premio internazionale per la pace e la nonviolenza, assegnato dal Centro Internazionale per la Nonviolenza di Monteleone di Puglia per il suo impegno nel M. L. King jr. Center for Nonviolent Change, nel quale guida il programma Beloved Community with Nonviolence 365.
Fonte: Centro di ricerca per la pace e i diritti umani
Tratto d al sito del Centro studi "Sereno Regis di Torino" (www.serenoregis.org)