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Medioevo sarà lei

Non è sorprendente che «La Stampa»pubblichi un commento - di una docente di economia, Irene Timagli - in cui si definisce la decrescita «una illusione romantica». Né che Guido Viale sul manifesto ne parli come di «una visione bucolica»: Guido non perde occasione per fare del sarcasmo, sull'argomento, e magari un giorno ci spiegherà perché. Un po' più sorprendente è che Valori, il periodico di Banca Etica, dedichi alla decrescita un dossier intitolato «il Medioevo prossimo venturo», nel quale i sostenitori di questa prospettiva, vengono definiti, da Andrea Montella, «intellettuali organici al sistema, che propongono una filosofia di vita al passato, reazionaria». E ancora: «I decrescisti scelgono scientificamente di non mettere in discussione il sistema economico dominante». Si aggiunge che la decrescita suscita entusiasmi tra massoni e neofascisti.
Come dice una lettera di alcuni degli organizzatori della Conferenza internazionale sulla decrescita (19 settembre a Venezia) al direttore di «Valori», Andrea Di Stefano, su queste basi c'è poco da discutere. La sentenza pare emessa più da un comitato centrale che dalla rivista di una banca che avrebbe come sua missione quella di promuovere tutte le forme di economia solidale, cooperativa, ecologica. Eppure, una logica c'è. Per quanto «etica», si tratta di una banca, con le sue compatibilità e le sue avarizie: un'altra delle «istituzioni» nate alla fine degli anni novanta grazie all'ondata del movimento altermondialista che, nella crisi economica ed ambientale ma anche culturale, si aggrappa al si salvi chi può. Perché i movimenti sociali che ispiravano Banca Etica sembrano svaniti (non è vero, ma tralasciamo), e dunque quel che è reale è razionale. Inclusa l'ormai penosa menzogna dello sviluppo, cioè della crescita, della prossima fine del tunnel: di modo che tutto riprenderà a marciare, i commerci e la produzione, quindi il fisco, cioè il welfare. In questo, Valori si ispira a credenze non diverse da quelle della vecchia sinistra, che esorta il capitalismo a rimettersi in marcia perché così si potrà riprendere la disputa sulla redistribuzione della ricchezza.
Chi è che «non mette in discussione il sistema economico dominante»? Può essere invece che il bivio di fronte al quale ci troviamo sia molto più radicale. La crescita ha prodotto sì benefici, ma alla fine ha creato una diseguaglianza sociale drammatica e uno sfruttamento della natura, intesa come serbatoio di materie prime, ormai catastrofico. Dunque la domanda è: come conservare il meglio dell'esistente evitando di finire in un medioevo - questo sì - in cui si alzano muri contro i poveri mentre si gioca con l'iPad? Un uso diverso della tecnologia, una economia sotto il controllo della società e che permetta al pianeta di rinnovare i suoi cicli vitali, quindi una democrazia in cui non siano i mercati a comandare (Angela Merkel dixit). A me parrebbe una vita al futuro. Vita al passato è fingere che «decrescita» voglia dire diminuzione del Pil. E certo non è chiaro chi e come potrebbe far cambiare rotta al Titanic della megamacchina capitalista. Perciò intellettuali di tutto il mondo, niente affatto «organici al sistema», e un mucchio di altre persone saranno a Venezia il 19.
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