La pace non è l’armistizio. Non è l’accordo, o il trattato di pace tra i governi di due o più parti. Non è questo, nel senso che non è soltanto questo. Non è la fine delle azioni belliche, non è la pacificazione, sebbene questa sia auspicata e cercata in tempo di guerra. La pace si compone e si sostanzia del sentimento dei popoli (Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella). La pace è il modo di esprimersi e di rapportarsi. È fatta del sentire, sì, come del volere e del pensare la vita.
Noi oggi contiamo, misuriamo e stigmatizziamo lo scoccare di un tempo: il termine di un anno di guerra in Ucraina, segnalando, per questa via, che un anno è passato da quell’inizio e senza poterci permettere di dire altro, se non che “questa” guerra dura da un anno. Una guerra che evidentemente ci tocca; che tocca il nostro sentire profondo. Siffatto, nostro sentire toccante, mosso da questa guerra in Ucraina non mi risulta sia stato e sia manifesto per altre violenze, aggressioni, violazioni. Eppure, oggi, insieme a tanti altri nostri concittadini, il pacifico popolo dei pacifisti, non soltanto in questa piazza (delle Erbe – Carrara), misura e conta il tempo di una guerra.
Si è forse rotto il muro dell’indifferenza, anche per le violazioni agite e perpetrate lontano dalle nostre piazze? Il tempo ci dirà se questa guerra avrà avuto, tra i suoi effetti, l’induzione di tale novità nell’esercizio di una consapevole cittadinanza comune: non più indifferenti? Vedremo, e vederemo nel tempo che sarà provveduto a questa generazione.
Un tempo, tuttavia, che come cittadini dovremo imparare a misurare e a scandire quale tempo di una nuova formazione alla cittadinanza; di un nuovo contributo istruttivo, che si configura già come tempo della pace, in quanto questa ci saremo impegnati a far sgorgare dal sentimento dei popoli.
Come cittadino sento la forza obbligante di tale impegno, in una coerente “lettura” dei principi della Costituzione del 1948. E come credente sento la forza fondativa di questo impegno nella Parola, dalla Scrittura. Una Scrittura, nella quale incontro il mio sentire e condividere il mio sentimento e impegno di pace, nell’imperativo del salmista: insegnaci a valutare i nostri anni per acquistare un cuore sapiente (Salmo 90,12). Ecco, di nuovo, il tempo! La sua stima, la sua misurazione che è valutazione di ciò di cui il tempo è sostanziato.
Per istruire a una militanza della pace abbiamo bisogno di questo metro di valutazione del tempo che ci permetta di accettare anzitutto i limiti della vita, intesa come benedizione. Che ci permetta, cioè, di guarire da ogni forma di delirante onnipotenza, e di guarire come comunità umana nella comprensione del vuoto totale che è (e non soltanto rappresenta) la volontà di potenza onnipotente, comunque e con qualunque mezzo questa sia perseguita.
Oggi, noi ricordiamo e testimoniamo di un tempo in cui è lampante l’evidenza di quel delirio e come comunità civile che questo dichiara e testimonia come il proprio stesso malessere intravediamo il senso del nostro impegno come comunità segnalante invece i tempi della pace, come tempi in cui la bestia di questo malessere sarà tenuta alle briglie per via dell’acquisizione di una sapiente consapevolezza del limite della vita che è nel suo essere benedizione, anzi, grazia; consapevolezza dei deliri di onnipotenza come il manifestarsi del vuoto, di ogni sapere di sé, che può occupare e schiacciare la nostra umanità.
E qui, vedete, si evidenzia subito un passaggio paradossale, perché abbiamo appena finito di dichiarare la centralità della consapevolezza di tale malessere, che già ci sentiamo chiamati a criticare anche il senso di siffatta consapevolezza. Quella bestia dobbiamo imparare a trattare in modo conveniente, dobbiamo saper averci a che fare.
Noi stiamo esercitando la virtù civile di non dimenticare le atrocità della guerra, perpatrate per la forza buia di quel vuoto; e così, proprio così, cioè per l’esercizio di tale virtù civile diamo una definizione, individuiamo i contorni di quel vuoto che tale è, ma che nel definirne e disegnarne i contorni, pure reifichiamo, riconoscendogli una costituzione. È già troppo! Va bene, perché ciò avviene nell’esercizio di una virtù civile. Ma quella bestia va trattata come si conviene. Troppa confidenza, troppo spazio, risonanza e, in definitiva, credito.
L’acquisizione di un cuore (una mente) sapiente consiste in una pratica. Quale? Dare confidenza, risonanza, credito a una misurazione del nostro tempo, delle nostre ricorrenze, dei nostri anni, come anni, ricorrenze, tempi scanditi dal reciproco rammentarci quella benedizione come la più considerevole, ricca di significati e di valori e, per questa via, riempire il nostro tempo comunitario di una confidenza con il tempo, con la ricorrenza, della pace.
Carrara, 24 febbraio 2023
Massimo Marottoli, Pastore Chiesa Valdese Metodista di Carrara – La Spezia