Non sono ancora riuscito a dire il dolore che suscita in me la vicenda dello strazio e dell'uccisione del giovane Giulio Regeni.
Ogni volta che penso a quell'orrore (di cui i mezzi d'informazione danno notizia con toni che mi sembrano falsi, algidi ed empi), mi sento schiacciare dal peso di tanto male, di tanta violenza che quell'innocente ha schiantato.
Nessuno mai dovrebbe essere ucciso.
E nessuno mai dovrebbe essere torturato, che è una delle forme dell'uccidere.
E chi tortura e uccide non solo sopprime l'innocente sua vittima, ma sopprime anche la propria umanità.
E chi ne ha notizia da quel male è morso e ferito.
L'intera umanità sanguina.
Chiunque sia stato il carnefice, chiunque sia stato l'assassino, non solo lui reca la responsabilità del male che ha scagliato nel mondo. È una responsabilità che riguarda anche chi non ha voluto o saputo fermare quel crimine, e di chi lo ha tollerato, e di chi accetta che queste cose accadano, ed anche di chi pur lottando affinché cessino non è ancora riuscito a persuadere l'umanità ad essere finalmente umana.
Ogni morte tutti ci riguarda, tutti ci convoca, tutti ci accusa.
Non so se gli assassini fossero pubblici ufficiali, ma so che in Egitto pubblici ufficiali hanno torturato e assassinato molte persone. Che questo orrore cessi.
Nessuna ragion di stato può giustificare azioni che distruggono ogni legame sociale, che distruggono la trama della civile convivenza, che radicalmente denegano ed annichiliscono il senso e il fine degli umani istituti: alla preservazione ed al miglioramento della vita degli esseri umani ordinati.
Così come nessuna pretesa di essere portatori di un messaggio di verità e di salvezza può mai autorizzare l'uccidere: poiché non vi è verità nè salvezza ove si uccidono gli esseri umani, ove si nega il primo comune diritto: il diritto alla vita, senza del quale nessun altro diritto esiste più.
Ma mi accorgo che anche queste riflessioni tentano di essere apotropaiche, di allontanare il peso insostenibile della visione mentale dell'innocente massacrato, di stornare quell'orrore che artiglia e dilacera anche la mia anima. Ed invece questo insostenibile peso anch'io, come ogni persona che in timore e tremore pur voglia essere di saldo discernimento e di volontà buona, devo sostenerlo. Della memoria di Giulio Regeni, la cui vita non riuscimmo a salvare, anch'io devo essere portatore. E del dolore che questo comporta.
E ricordare Giulio Regeni, ora che è stato ucciso, significa lottare per impedire che altre persone vengano aggredite, torturate, uccise; vuol dire lottare con la forza della verità, con la scelta della nonviolenza, per salvare tutte le vite, per opporsi a tutte le violenze.
Il ricordo di quel ragazzo torturato a morte, che la memoria avvicina alle innumerevoli altre vittime di tutte le violenze, di tutte le guerre, di tutte le mafie, di tutte le dittature, di tutti i seguaci e i regimi del terrore, ci convoca a continuare nell'impegno che era anche il suo: per la verità, per la comprensione, per la dignità e la liberazione dell'umanità.
Questo impegno sia concreto e coerente, ad esso si adempia qui ed ora: opponendosi a tutte le guerre e a tutte le uccisioni; opponendosi al razzismo e a tutte le persecuzioni; opponendosi al maschilismo e a tutte le oppressioni; adoperandosi per soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone che si trovino nel bisogno, nel dolore, in pericolo; adoperandosi affinché ad ogni persona sia riconosciuto il diritto alla vita, alla dignità, alla solidarietà; adoperandosi per impedire la devastazione dell'unico mondo vivente casa comune dell'umanità.
Occorre abolire gli eserciti e le armi.
Occorre negare il consenso ad ogni potere violento.
Occorre recare aiuto ad ogni persona sofferente, oppressa, minacciata.
Che l'umanità esca da questa preistoria. È in nostro potere, è nostro dovere, porre fine all'orrore.
La nonviolenza è in cammino, è il cammino dell'umanità sofferente verso la comune liberazione, nella responsabilità, nella solidarietà che tutti ci vincola. In questo cammino il volto luminoso di Giulio Regeni continua a vivere nel ricordo di chi lo ha conosciuto in vita o anche solo ne ha avuto notizia dopo la terribile morte.
Questo avrei voluto dire da giorni e giorni. Ed una parola di vicinanza e conforto ai suoi straziati genitori. Ma il pensiero di quel ragazzo torturato e ucciso - come delle infinite sue e mie sorelle e degli infiniti suoi e miei fratelli che ogni giorno subiscono la più cruda e disumana delle sorti - mi toglie ancora il respiro.
Fonte: Centro di ricerca per la pace e i diritti umani