A proposito di "boicottaggio" ad Israele: Una nuova apartheid!
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Una nuova Apartheid: Boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni: ecco perché li propongo contro Israele
(Pubblicato su "Il Manifesto" del 15 gennaio 2009)
È ora. Dopo molto tempo. La strategia migliore per porre fine alla sanguinosa occupazione è quella di far diventare Israele il bersaglio del tipo di movimento globale che pose fine all'apartheid in Sudafrica. Nel luglio 2005 una grande coalizione di gruppi palestinesi delineò un piano proprio per far ciò. Si appellarono alla «gente di coscienza in tutto il mondo per imporre ampi boicottaggi e attuare iniziative di pressioni economiche contro Israele simili a quelle applicate al Sudafrica all'epoca dell'apartheid». Nasce così la campagna «Boicottaggio, ritiro degli investimenti e sanzioni» (Boycott, Divestment and Sanctions, BDS).
(Pubblicato su "Il Manifesto" del 15 gennaio 2009)
È ora. Dopo molto tempo. La strategia migliore per porre fine alla sanguinosa occupazione è quella di far diventare Israele il bersaglio del tipo di movimento globale che pose fine all'apartheid in Sudafrica. Nel luglio 2005 una grande coalizione di gruppi palestinesi delineò un piano proprio per far ciò. Si appellarono alla «gente di coscienza in tutto il mondo per imporre ampi boicottaggi e attuare iniziative di pressioni economiche contro Israele simili a quelle applicate al Sudafrica all'epoca dell'apartheid». Nasce così la campagna «Boicottaggio, ritiro degli investimenti e sanzioni» (Boycott, Divestment and Sanctions, BDS).
Denunciare all'estero e in Italia i crimini di guerra israeliani (Sveva Haertter)
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Abbiamo bisogno che all'estero e anche in Italia ci sia chi denunci i crimini di guerra israeliani
Intervista di Sveva Haertter a Peretz Kidron, refusenik pubblicata su "Il Manifesto" del 15 gennaio 2009
Intervista di Sveva Haertter a Peretz Kidron, refusenik pubblicata su "Il Manifesto" del 15 gennaio 2009
Peretz Kidron è un refusenik israeliano. L'abbiano raggiunto al telefono per chiedergli lo stato del movimento in un momento in cui, a quanto dicono i sondaggi, l'attacco militare contro Gaza gode di un alto indice di approvazione nell'opinione pubblica di Israele.
Dichiarare che a Gaza non c'è alcuna crisi umanitaria è fuori
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di Richard Falk, Relatore dell'ONU, 4 gennaio
Tratto dal n. 69, del 16 gennaio 2009, di "Bocche scucite: voci dalla Palestina occupata"
"Quando il ministro degli esteri Tzipi Livni dichiara che «non c'è alcuna crisi umanitaria a Gaza», prescinde completamente dalla realtà.
Ma è ancora più sbalorditiva la prontezza dei media internazionali nel diffondere la propaganda israeliana.
Anche prima dell'attacco del 27 dicembre la situazione di vecchi, donne e bambini residenti a Gaza rappresentava una grave crisi umanitaria, ben documentata da molti osservatori delle Nazioni Unite sul terreno e confermata da giornalisti israeliani indipendenti.
Tratto dal n. 69, del 16 gennaio 2009, di "Bocche scucite: voci dalla Palestina occupata"
"Quando il ministro degli esteri Tzipi Livni dichiara che «non c'è alcuna crisi umanitaria a Gaza», prescinde completamente dalla realtà.
Ma è ancora più sbalorditiva la prontezza dei media internazionali nel diffondere la propaganda israeliana.
Anche prima dell'attacco del 27 dicembre la situazione di vecchi, donne e bambini residenti a Gaza rappresentava una grave crisi umanitaria, ben documentata da molti osservatori delle Nazioni Unite sul terreno e confermata da giornalisti israeliani indipendenti.
Israele contro Gaza: una campagna per perpetuare l'occupazione
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di Yacov Ben Efrat – 9 gennaio 2009
L'operazione militare chiamata Piombo Fuso è iniziata sabato 27 dicembre 2008 e per la soddisfazione del pubblico israeliano, il primo giorno è costato la vita a più di 200 persone. Già venerdì dalle colonne dei quotidiani più importanti si gridava "Andateli a prendere" e sabato gli abitanti di Gaza hanno avuto quello che gli israeliani gli auguravano da tempo. Non è stata una operazione spontanea, non è stata una semplice risposta ai recenti lanci di missili sulle città del Negev. Nei sei mesi di tranquillità che hanno preceduto, mentre avvertiva che Hamas si stava riarmando, Israele stava pianificando con attenzione il suo attacco per poterne ricavare il massimo.
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