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Tratto da “Non nonviolenza femminile plurale”, n. 92 del 8 marzo 2007

[Dal sito della Libera Università delle donne riprendiamo il seguente intervento del primo marzo 2007]



Intervengo riprendendo alcuni concetti che sono ampiamente dibattuti fra i giuristi, cercando di allargare lo sguardo, secondo una prospettiva femminista.
Mi riferisco al concetto di democrazia costituzionale come democrazia limitata, conscia del limite, mai statica, che non nega il conflitto (Dogliani).
Un'auspicabile democrazia costituzionale, quindi, autorizza il conflitto, non soffoca e sterilizza i soggetti, è capace di dare forma a contenuti vari. Rappresenta un incentivo alla partecipazione, costituisce utile freno allo slittamento verso forme oligarchiche di democrazia (Azzariti).
Occorre, allora, praticare in radice la scienza del limite; non è più ammissibile, e da tempo, relazionarsi ai problemi dell'assetto democratico, parlando per e di tutti gli uomini ("i diritti dell'uomo" espressione comprensiva di tutte le donne), occorre scomporre l'umanità nei due soggetti sessuati e registrare come essi parlino e agiscano un'esperienza che è comune e, contemporaneamente, anche diversa.
Questi temi appartengono ad un dibattito femminista, rimasto per anni alquanto offuscato.
Abbiamo spesso dovuto constatare la grande distanza che separa le donne dai luoghi della decisione politica ed economica, la loro assenza dalle istituzioni definite rappresentative, con il risultato che la irrilevanza della loro presenza le esclude, di fatto, dalla elaborazione delle regole che costituiscono l'ordine giuridico condiviso, perno della democrazia.