• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Voglio tornare a parlarvi ancora un tratto, caro signor Kappus, se anche non posso dirvi quasi nulla che rechi qualche aiuto.

Voi avete avuto molte e grandi tristezze che se ne sono andate. E dite che anche quel loro andarsene fu per voi difficile e irritante.

Ma vi prego, riflettete se quelle grandi tristezze non siano piuttosto passate attraverso di voi.

Se molto in voi non si sia trasformato, se in qualche parte, in qualche punto del vostro essere non vi siate mutato, mentre eravate triste.

C’erano anche una capra, un asino, galline. Il letto era di paglia…Una sfida alla vita.

di Mario Pancera

Chi conosce la vita contadina, sa che nella stalla ci sono le bestie per lavorare i campi. Sono mucche, buoi, vitelli, cavalli, asini o muli e così via. Ognuno ha un suo posto, ed è legato alla greppia. Al mio paese (almeno ai miei tempi) le mucche avevano anche un nome. Io mi chiamo Antonio M., ho pure un fratello minore, è la verità. Mio padre era un bergamino, cioè un lavoratore a giornata: si alzava di notte per mungere le mucche nella stalla (del padrone), tornava a dormire un po’ e poi, nella bella stagione, andava nei campi: seminava, arava, raccoglieva il frumento o il granoturco, d’autunno si occupava delle viti. Voi lo chiamate bifolco. Spingendo con un lungo palo un biciclo con un bidone, io andavo a consegnare il latte in latteria.